T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, Sent., 25-05-2011, n. 150 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

blica udienza in data 11 maggio 2011 i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 25 ottobre 2007 il Comune di Luzzara indiceva una selezione interna, riservata al personale di cat. C, per la copertura di un posto di "ispettore di polizia municipale" cat. D1, da assegnare al Corpo Unico Associato di Polizia municipale. All’esito delle prove, consistenti in una prova pratica e in un colloquio, la sig.ra Alessandra Pezzali conseguiva il punteggio complessivo di 52/60 mentre la ricorrente otteneva il punteggio di 45/60. Indi, con determinazione n. 305 del 4 dicembre 2007 il Servizio "Affari generali servizi al cittadino" del Comune di Luzzara approvava il verbale e la graduatoria finale e disponeva l’inquadramento della Pezzali quale "ispettore di polizia municipale" cat. D1.

Avverso gli atti del concorso interno ha proposto impugnativa la ricorrente. Deduce l’illegittimità dell’ammissione della Pezzali alla procedura selettiva, per essere la stessa priva del titolo formativo richiesto dalla direttiva regionale n. 278 del 2005; lamenta la mancata esclusione della Pezzali nonostante la stessa avesse genericamente dichiarato, ma non anche comprovato, il possesso di conoscenze informatiche; denuncia l’assenza, in capo alla Pezzali, del requisito dell’anzianità minima di 36 mesi nella cat. C; censura il giudizio positivo formulato dalla Commissione esaminatrice in relazione alla prova pratica della Pezzali, malgrado le evidenti lacune e gli inequivocabili errori che l’elaborato avrebbe presentato; lamenta che il Presidente dalla Commissione esaminatrice non si sia astenuto, pur a fronte della situazione di grave "frizione" con la ricorrente e delle tensioni che avrebbero da tempo coinvolto anche la Pezzali nei rapporti di lavoro con la collega; si duole dell’indebito esercizio della funzione di approvazione dei verbali ad opera di un funzionario componente della Commissione esaminatrice; assume effettuata in modo del tutto generico la preventiva formulazione dei criteri di valutazione delle prove e poi carente di motivazione il giudizio della Commissione esaminatrice sulla prova pratica; imputa alla Commissione esaminatrice di avere prescelto argomenti favorevoli alla Pezzali, stante il settore di attività della stessa; addebita, infine, alla Commissione esaminatrice di avere omesso di effettuare le prove di informatica e di lingua straniera, in violazione dell’art. 37 del d.lgs. n. 165 del 2001. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.

Si è costituito in giudizio il Comune di Luzzara, resistendo al gravame.

L’istanza cautelare della ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 4 marzo 2008 (v. ord. n. 42/2008).

All’udienza in data 11 maggio 2011, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Il ricorso è infondato.

Una prima censura risulta incentrata dell’illegittimità del bando laddove, nel fissare i requisiti di partecipazione al concorso, stabiliva che ogni candidato dovesse "…essere in possesso dell’abilitazione alla professione di agente di polizia municipale, costituita dall’ "attestato di acquisita qualificazione professionale di agente di polizia municipale" previsto dalla Delibera della Giunta Regionale n. 278 del 14.02.2005… o essere in possesso di attestati di prima formazione per la professione di agente di polizia locale, rilasciati da scuole, o enti formativi abilitati, di altre Regioni…". Secondo la ricorrente, la direttiva in materia di "criteri e sistemi di selezione per l’accesso" e per la "formazione iniziale" degli operatori di polizia locale, approvata con delib. reg. n. 278/2005, non consente in realtà di prescindere dal titolo formativo conseguito in EmiliaRomagna, se non limitatamente al caso dell’operatore di polizia locale di provenienza extraregionale per trasferimento; illegittima, pertanto, sarebbe l’ammissione di candidati in possesso di attestati di prima formazione rilasciati da enti/scuole di altre regioni se, come per la Pezzali, pervenuti al Comune di Luzzara per concorso e non per trasferimento (la Pezzali aveva svolto le funzioni di "agente" di polizia locale in Lombardia e lì aveva ottenuto l’abilitazione professionale richiesta).

Il Collegio non ritiene la doglianza meritevole di favorevole considerazione. Nell’autorizzare, invero, le Amministrazioni locali all’esonero dalla formazione iniziale degli operatori che accedono ad una struttura di polizia locale per trasferimento da altra regione, la direttiva regionale emilianoromagnola – che è stata emanata in attuazione dell’art. 12, comma 2, della legge reg. n. 24 del 2003 ("La Giunta regionale esercita… le funzioni di coordinamento e indirizzo in materia di: a)…; b) criteri e sistemi di selezione per l’accesso e per la relativa formazione iniziale, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative; c)…; d)…") – considera equipollente il titolo formativo conseguito altrove e valuta perciò opportuno prescindere da attività di addestramento e qualificazione che nulla verosimilmente aggiungerebbero a chi vi si è già in precedenza sottoposto; ed allora, stante la ratio della disposizione, è corretto che, in via analogica, vi si includa il caso di unità di personale assunte per concorso ma fino ad allora in servizio presso la polizia locale di altre regioni (dove hanno conseguito la relativa abilitazione professionale), in nulla mutando i titoli posseduti da quei soggetti e alcuna reale differenza sussistendo, ai fini della qualificazione posseduta, rispetto a chi abbia invece goduto della mobilità per trasferimento.

Quanto, poi, alla circostanza che, tra i requisiti di partecipazione, il bando richiedeva la "conoscenza informatica" e che la Pezzali si era limitata a dichiararne genericamente il possesso senza fornire alcun attestato o titolo documentale che lo comprovasse, osserva il Collegio che la lex specialis del concorso non prescriveva a tal fine l’esibizione di un qualche atto a corredo della dichiarazione di possesso del requisito, tanto che lo schema di domanda allegato al bando prevedeva la mera dichiarazione di "… avere conoscenze informatiche…". A ciò si è dunque correttamente attenuta la controinteressata, in conformità della lex specialis del concorso.

Né convince l’assunto per cui il requisito dell’anzianità di 36 mesi nella cat. C dovesse essersi per intero maturato all’interno del Comune di Luzzara, così escludendo chi – come la Pezzali – poteva raggiungere tale soglia solo computando anche l’analogo servizio svolto presso altri comuni. Se è legittimo l’impiego di selezioni interne per la copertura di posti caratterizzati da funzioni che postulino un’approfondita conoscenza dell’organizzazione dell’ente, correttamente il bando in esame richiedeva ai candidati di dichiarare "…l’anzianità di servizio presso il Comune di Luzzara, nonché periodi di anzianità nella cat. C in altri Enti…", nel condivisibile presupposto che l’esperienza acquisita in qualsiasi struttura di polizia locale fornisca quel patrimonio di conoscenze utile al migliore espletamento delle mansioni della posizione professionale superiore; il che vale anche quando il servizio pregresso si riferisca ad Amministrazioni dalle quali non si sia pervenuti per trasferimento ma a seguito di concorso pubblico, purché inerenti il medesimo comparto.

Quanto, ancora, alla dedotta erroneità del giudizio formulato dalla Commissione esaminatrice in ordine alla prova pratica della Pezzali – asseritamente responsabile di avere omesso di affrontare la prima delle tre parti della prova e di avere posto in essere gravi inesattezze -, rileva il Collegio che, per costante giurisprudenza (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. IV, 2 marzo 2011 n. 1350), le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, benché qualificabili quali analisi di fatti e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale ovvero attitudinale dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà ictu oculi rilevabile; occorre, quindi, evitare che il sindacato giurisdizionale di legittimità trasmodi in un vero e proprio rifacimento del giudizio espresso dalla commissione – con indebita sostituzione dell’organo di giustizia all’Amministrazione -, cosa che avverrebbe ove le censure mirassero unicamente a proporre un diverso apprezzamento dell’elaborato o una diversa modalità di soluzione del tema oggetto di concorso. Nella circostanza, in realtà, pur adducendo (con l’ausilio del parere di un docente universitario) l’incompletezza dell’elaborato della Pezzali quanto alla descrizione delle azioni e delle procedure da eseguire da parte dell’agente di polizia locale nelle sue funzioni di polizia giudiziaria e pur denunciando alcune inesattezze nei riferimenti normativi, la ricorrente finisce per richiedere al giudice la cognizione di aspetti la cui valutazione rientra nella sfera di discrezionalità della Commissione esaminatrice, in assenza di elementi che depongano inequivocabilmente per l’inidoneità complessiva dell’elaborato, posto che la traccia non implicava una rigida separazione nell’esposizione dei vari argomenti e che il concreto apprezzamento dell’elaborato sottintendeva un giudizio globale sulle capacità operative desumibili da una prova che, non a caso, il bando aveva stabilito dovesse essere di natura "pratica" e non "scritta".

Privi di fondamento sono anche i motivi di ricorso con cui – da una parte – si fa valere l’omessa astensione del Presidente della Commissione esaminatrice nonostante l’addotta sussistenza delle "gravi ragioni di convenienza" di cui all’art. 51, comma 2, cod.proc.civ., e – dall’altra parte – si lamenta l’indebito esercizio della funzione di approvazione degli atti del concorso ad opera di chi era stato componente della Commissione. Quanto alla prima censura, è sufficiente far rinvio a quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, se è pur vero che, laddove non si sia in presenza di uno dei casi di astensione tassativamente indicati nell’art. 51 cod.proc.civ. (norma di carattere generale applicabile anche ai procedimenti concorsuali), il componente della Commissione esaminatrice può segnalare all’organo che lo ha nominato la sussistenza di "gravi ragioni di convenienza" tali da consigliarne la sostituzione, tuttavia il partecipante al procedimento concorsuale non può lamentarsi della mancata astensione in sede di impugnazione del provvedimento finale del concorso, posto che l’ordinamento ritiene rilevanti le predette "gravi ragioni" solo qualora si voglia astenere il titolare della funzione pubblica (v. Cons. Stato, Sez. VI, 17 luglio 2001 n. 3957). Quanto alla seconda censura, è noto come la giurisprudenza escluda l’incompatibilità fra la funzione di presidente della commissione giudicatrice e quella di dirigente che approva gli atti del procedimento ed aggiudica il contratto, giacché l’art. 107, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000 rimette ai dirigenti comunali la responsabilità delle procedure di appalto (oltre alla presidenza delle relative commissioni) e la stipulazione dei contratti ed assegna ai medesimi dirigenti il correlativo potere di approvazione, per quanto attiene alla verifica tecnica e di legittimità degli atti di gara, all’approvazione ricollegandosi quel perfezionamento dell’iter procedimentale cui soltanto può riconnettersi la responsabilità piena del funzionario (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 27 giugno 2006 n. 4123); in termini analoghi, quindi, occorre concludere per i concorsi negli enti locali, posto che l’art. 107, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000 attribuisce ai dirigenti anche la presidenza delle commissioni di concorso e la responsabilità delle relative procedure, onde devono escludersi profili di incompatibilità, tanto più nella fattispecie, in cui il dirigente ha solo fatto parte della Commissione esaminatrice senza presiederla.

Altre doglianze investono – da un lato – i criteri di valutazione delle prove d’esame, che la Commissione avrebbe fissato in modo generico, e – dall’altro lato – l’uso del voto numerico, in sé ritenuto insufficiente a motivare il giudizio reso in ordine alle singole prove. Sennonché, la sufficienza dei "criteri di valutazione" va di volta in volta misurata sulla base della tipologia di prove oggetto del concorso, con la conseguenza che, relativamente al caso di specie, i parametri indicati (apprezzamento della correttezza della procedura e della descrizione degli atti, capacità di sintesi e completezza adeguata alle problematiche affrontate, valutazione dell’atto: la completezza negli elementi e la correttezza nella forma), lungi dall’essere generici, appaiono idonei allo scopo, perché rivelatori dei profili di cui la Commissione avrebbe dovuto tenere conto in sede di esame degli elaborati, secondo la funzione che è propria di criteri preordinati a specificare, rispetto ad una esercitazione a contenuto teoricopratico, gli aspetti rilevanti ai fini della valutazione delle attitudini e capacità dei candidati. Quanto, invece, al voto numerico, va ricordato che, per la prevalente giurisprudenza (v., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 3 dicembre 2010 n. 8504), quando occorre provvedere in un concorso pubblico all’accertamento dell’idoneità dei candidati, la motivazione espressa con un punteggio numerico, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità dell’attività amministrativa, assicura la necessaria chiarezza circa le valutazioni compiute dalla commissione esaminatrice, giacché con il suo collocarsi all’interno di una scala parametrale comunemente riconosciuta rappresenta una formula sintetica, ma eloquente e adeguata, del giudizio in tale sede formulato, onde non occorre di norma integrare il voto numerico con un’apposita ulteriore motivazione, soprattutto se esso trova un’adeguata base di riscontro nei criteri di valutazione predeterminati dalla commissione, così da consentire al candidato di comprendere i giudizi riferiti alla sua prova e al giudice di ricostruire in sede giurisdizionale l’iter logico seguito.

Lamenta ancora la ricorrente lo sviamento di potere in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione, a fronte dell’effettuazione della prova pratica con riferimento a questioni inerenti il settore di attività della Pezzali, e quindi oggettivamente favorevoli alla stessa, così come congeniali alle sue esperienze professionali sarebbero state le altre tracce non sorteggiate. In realtà, come è noto, la censura di eccesso di potere per sviamento deve essere supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dar conto delle divergenze dell’atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non essendo a tal fine sufficienti semplici supposizioni o indizi che non si traducano nella dimostrazione dell’illegittima finalità perseguita in concreto dall’organo amministrativo (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 11 marzo 2010 n. 1418); nella fattispecie, in particolare, trattandosi di concorso interno, è evidente che qualsiasi prova può astrattamente avvantaggiare o svantaggiare singoli candidati in ragione delle esperienze professionali dagli stessi maturati, essendo d’altra parte necessario che ogni concorrente conosca i vari settori in cui si articola l’ente di appartenenza e che, quindi, non dovrebbero esserci differenze di preparazione per chi aspira ad accedere alla qualifica professionale superiore. Ogni altra allusione, invece, risulta priva di apprezzabili elementi di prova.

Quanto, infine, alla dedotta omessa effettuazione delle prove di informatica e lingua straniera, imposte dall’art. 37, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 ("A decorrere dal 1° gennaio 2000 i bandi di concorso per l’accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, prevedono l’accertamento della conoscenza dell’uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e di almeno una lingua straniera"), osserva il Collegio che la norma invocata assume inequivocabilmente a riferimento l’accesso dall’esterno di soggetti che non sono già dipendenti dell’ente che indìce il concorso, sì da doversene ritenere escluse le selezioni interne, nell’evidente considerazione che non v’è ragione di ripetere una verifica compiuta al momento dell’iniziale ingresso nella pubblica Amministrazione e che spetta semmai all’autonomia dei singoli organi ed enti valutare l’utilità di un ulteriore approfondimento in presenza di passaggi a posizioni professionali che lo richiedano.

In conclusione, il ricorso va respinto.

La natura delle questioni dedotte giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’EmiliaRomagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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