T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 25-05-2011, n. 429 Decreto di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La controversia in esame si riferisce a una procedura avente a oggetto la realizzazione nel comune di Santi Cosma e Damiano di uno svincolo stradale in località San Lorenzo, implicante l’espropriazione del suolo, di proprietà del ricorrente, contrassegnato in catasto al foglio n. 52, particelle nn. 329, 331, 333, 576, 577, 578, 1075 (ex 579 e 580), 581, 582.

In particolare il ricorrente impugna il decreto con cui, in data 20 ottobre 2010, il comune ha pronunciato l’esproprio del suolo e i relativi atti presupposti.

In estrema sintesi il ricorrente denuncia che: a) il decreto di espropriazione è stato emanato in difetto del suo fondamentale presupposto, cioè un valido ed efficace vincolo di preordinazione all’esproprio; come oltre si vedrà, il ricorrente, premesso che l’opera da realizzare non è conforme allo strumento urbanistico generale, denuncia che il procedimento di variante semplificata ex articolo 10, comma 1, e 19 D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, che era stato iniziato dall’amministrazione, non è mai stato concluso, con la conseguenza che l’opera non può considerarsi conforme allo strumento urbanistico e l’esproprio non si fonda su un valido ed efficace vincolo; b) l’opera è stata illegittimamente inserita nella programmazione dei lavori pubblici comunali, non essendo conforme alla normativa urbanisticoedilizia, con conseguente violazione dell’articolo128, comma 8, del d.lg. 12 aprile 2006, n. 163; c) illegittimamente il comune ha fatto ricorso all’istituto della determinazione urgente dell’indennità provvisoria di esproprio ex articolo 22 del D.P.R. n. 327 citato; d) il comune non ha in alcun modo considerato le osservazioni da lui presentate in corsi di procedimento.

2. Il comune di Santi Cosma e Damiano si è costituito in giudizio e resiste al ricorso.

3. Con ordinanza n. 64 del 27 gennaio 2011 la sezione ha accolto l’istanza di tutela cautelare e fissato l’udienza di discussione del ricorso ex articolo 120 cod. proc. amm.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dal comune resistente.

Per comprendere la sostanza del problema è però opportuna una sintetica premessa sui fatti.

2. Anzitutto il progetto preliminare dei lavori in questione è stato approvato nel 2002 (delibera C.C. n. 9 del 21 marzo 2002); tuttavia, poiché il progetto non è conforme al vigente strumento urbanistico comunale (pur essendolo alle previsioni di uno strumento soltanto adottato in data 31 ottobre 2008), il comune – che già con la delibera (che non risulta abbia avuto alcun seguito) n. 46 del 20 dicembre 2006 aveva imposto il vincolo di preordinazione all’esproprio, senza tuttavia approvare il progetto definitivo pur menzionato nelle premesse – con la delibera C.C. n. 10 del 9 aprile 2009, nel presupposto della necessità di "un’apposita variante urbanistica, in applicazione dell’articolo 10, comma 2, e 19, comma 3, D.P.R. n. 327/2001, in quanto le aree su cui ricadono le opere non sono destinate a pubblico interesse" (così, letteralmente, il preambolo): a) adottava la variante ex articolo 19 D.P.R. n. 327; b) apponeva il vincolo di preordinazione all’esproprio; c) approvava il progetto definitivo delle opere; d) dichiarava la pubblica utilità e l’urgenza e indifferibilità delle medesime.

Alla delibera, pubblicata nel B.U.R. L. del 21 settembre 2010, facevano seguito: a) la delibera C.C. n. 38 del 8 ottobre 2009 con cui il comune prendeva atto e respingeva le osservazioni sul progetto presentate dal ricorrente (cui il 23 aprile 2009 era stata trasmessa la comunicazione dell’avvio del procedimento preordinato all’esproprio dei suoli di sua proprietà); b) la delibera G.M. n. 32 del 26 febbraio 2010 con cui il comune approvava il progetto esecutivo delle opere.

2.1. Ciò premesso, il comune eccepisce che il ricorrente era stato messo a conoscenza della quasi totalità degli atti impugnati almeno due anni prima rispetto alla data di notificazione del ricorso (3 gennaio 2001), che quindi risulta tempestivo solo rispetto al decreto di esproprio (che il ricorrente dichiara in ricorso di aver ricevuto a mezzo posta il 2 novembre 2010).

2.2. L’eccezione è infondata.

In generale la decorrenza del termine d’impugnazione dei provvedimenti amministrativi non può che farsi risalire al momento in cui si verifica la lesione della situazione soggettiva dell’interessato.

Nella fattispecie questo momento va identificato con l’adozione e comunicazione del decreto di espropriazione dei suoli di proprietà del ricorrente; solo in tale momento, infatti, il ricorrente ha avuto piena conoscenza della lesione (o meglio dell’ablazione) del suo diritto di proprietà.

Il punto merita qualche approfondimento in relazione all’impugnazione della delibera C.C. n. 10 del 9 aprile 2009, con cui il comune ha adottato la variante semplificata al proprio P.R.G. e approvato il progetto definitivo dell’opera dichiarandone la pubblica utilità. Si tratta infatti di un provvedimento che il ricorrente ha conosciuto in epoca ampiamente anteriore alla proposizione del ricorso, per cui, tenuto anche conto del tradizionale orientamento giurisprudenziale che ritiene la dichiarazione di pubblica utilità un atto lesivo degli interessi del proprietario del suolo cui essa si riferisce, bisogna effettivamente chiedersi se il ricorrente avesse un onere di tempestiva impugnazione e se quindi egli sia o meno incorso in una decadenza.

La risposta al quesito è negativa per due ragioni.

La prima è che, a ben vedere, benché il ricorrente indichi questa delibera tra gli atti impugnati, egli in realtà non formula alcuna censura nei suoi confronti, poiché la tesi del ricorrente non è che questa delibera sia illegittima ma che essa non è mai divenuta efficace, non essendosi mai perfezionato il procedimento di variante semplificata, il quale presuppone l’invio della delibera alla regione e l’approvazione della variante da parte di quest’ultima ovvero, nel caso d’inerzia della regione protratta per 90 giorni, una successiva delibera di consiglio comunale che, preso atto di questa inerzia, dichiari esecutiva la variante.

La seconda ragione, strettamente connessa alla prima, è che un atto inefficace non può essere considerato lesivo e la dichiarazione di pubblica utilità "qualora non sia stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio… diventa efficace al momento di tale apposizione a norma degli articoli 9 e 10" (così l’articolo 12 del D.P.R. n. 327).

In definitiva il ricorrente, non avendo mai avuto conoscenza dell’esistenza ed efficacia di un vincolo di preordinazione all’esproprio dei suoli di sua proprietà prima della comunicazione del decreto del 20 ottobre 2010, non era onerato a impugnare atti presupposti non attualmente lesivi di suoi interessi.

3. Si può quindi passare all’esame del primo motivo che è fondato in quanto il Collegio condivide l’assunto del ricorrente secondo cui l’opera da realizzare non è conforme al piano regolatore comunale non essendosi mai perfezionato il procedimento di variante semplificata, con la conseguenza che mai è stato apposto un valido ed efficace vincolo di preordinazione all’esproprio e mai è divenuta efficace la dichiarazione di pubblica utilità.

Sul punto vanno però fatte alcune precisazioni.

Anzitutto, che il procedimento di variante semplificata ex articoli 10, comma 1, e 19 D.P.R. n. 327 del 2001 non si sia mai perfezionato è un fatto persino non contestato dal comune.

Infatti la tesi sostenuta dal comune nei propri scritti difensivi è che la variante allo strumento urbanistico generale sia stata perfezionata attraverso la conferenza di servizi utilizzando il modulo procedimentale previsto dall’articolo 10, comma 1, del citato D.P.R. n. 327; in particolare la conferenza di servizi si è svolta in data 25 febbraio 2010 ai sensi dell’articolo 14ter, comma 9, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Quest’argomentazione non può essere condivisa per varie ragioni.

Anzitutto non può essere seriamente contestato che la volontà espressa dal comune intimato nei vari atti della procedura in contestazione al fine di superare il problema della non conformità dell’opera allo strumento urbanistico sia stata quella di fare ricorso alla variante semplificata; il contenuto della delibera C.C. n. 10 del 9 aprile 2009 è sul punto inequivocabile.

Ma, anche se si volesse ammettere che vi sia stato un "ripensamento" e che si sia deciso di far ricorso a un "modulo" diverso (anche se questo ripensamento non si è mai formalizzato in un provvedimento), la conclusione non muterebbe.

Anzitutto il Collegio ribadisce l’opinione già espressa in un recente passato dalla sezione (si veda la sentenza n. 268 del 15 marzo 2010) secondo cui l’articolo 10 del D.P.R. n. 327, nel prevedere al comma 1 la possibilità che il vincolo sia apposto attraverso una conferenza di servizi, non ha inteso generalizzare la possibilità di introdurre varianti urbanistiche a mezzo della conferenza limitandola ai soli casi in cui ciò sia ammesso dalla legislazione vigente (es. D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, articolo 4); si tratta di opinione, non incontroversa (si veda ad es. in senso opposto T.A.R. Piemonte, I, 9 settembre 2008, n. 1875), ma che va ribadita, oltre che per gli argomenti recati nella decisione citata, anche in considerazione del rilievo che, ove l’articolo 10 avesse voluto introdurre una innovazione di tale portata, avrebbe verosimilmente introdotto disposizioni sulla partecipazione degli interessati e sulla pubblicità legale delle decisioni prese in merito alla variante che invece difettano.

D’altra parte, se anche si volesse seguire l’opposta opinione secondo cui attraverso la conferenza di servizi sarebbe possibile approvare varianti, nella fattispecie dovrebbe comunque negarsi che la variante sia stata approvata, dato che, affinchè tale effetto possa verificarsi, l’articolo 10 richiede che "espressamente se ne dia atto"; e nel verbale della conferenza di varianti al P.R.G. non si parla assolutamente, limitandosi il verbale a menzionare il parere favorevole sul progetto dell’assessorato regionale all’urbanistica rilasciato in data 14 gennaio 2010.

In definitiva nella fattispecie la variante non si è perfezionata né è stato apposto validamente ed efficacemente il vincolo di preordinazione all’esproprio in quanto: a) il procedimento di variante semplificata non è stato portato a compimento; b) la determinazione conclusiva della conferenza di servizi indetta per l’esame del progetto definitivo non può sostituire la variante né implicare un effetto di approvazione definitiva della variante per le ragioni sopra indicate.

Il primo motivo è quindi fondato.

4. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’illegittimità del progetto preliminare a causa della sua genericità e inattendibilità e l’illegittimità dell’inserimento del progetto in contestazione nei programmi ed elenchi dei lavori pubblici da realizzare a partire dal 2006 per violazione dell’articolo 128, comma 8, d.lg. 12 aprile 2006, n. 163.

Il motivo è in parte fondato.

Per quanto concerne la dedotta illegittimità del progetto preliminare la censura risulta inammissibile per la sua genericità e per essere formulata quasi in termini ipotetici.

Quanto al profilo inerente alla programmazione dei lavori pubblici, la disposizione che vieta l’inserimento nell’elenco annuale di progetti che si pongano in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti o adottati risulta violata dalla delibera C.C. n. 4 del 30 aprile 2008; con tale delibera, infatti, l’opera in contestazione è stata inserita nell’elenco annuale delle opere relativo al 2008 benchè l’opera non fosse conforme allo strumento urbanistico generale (la variante che ha previsto l’opera è stata infatti adottata solo nel successivo mese di ottobre).

5. Con il terzo motivo il ricorrente sia pur poco chiaramente deduce che il progetto definitivo sarebbe nullo in quanto approvato nonostante la nullità del vincolo di preordinazione all’esproprio o comunque l’inefficacia di esso. Da ciò fa conseguire l’inapplicabilità dell’istituto della determinazione d’urgenza dell’indennità previsto dall’articolo 22 del D.P.R. n. 327.

Questa censura non è fondata.

La circostanza che il vincolo di preordinazione all’esproprio non sia mai divenuto efficace non era infatti preclusiva della possibilità di approvazione del progetto definitivo ma piuttosto della possibilità di pronunciare l’esproprio (che presuppone il vincolo) e di conseguenza della possibilità di iniziare i lavori (che presuppone che l’amministrazione si procuri il suolo occorrente o attraverso l’esproprio o in via di urgenza ex articolo 22bis).

Pure infondato è l’ultimo motivo con cui si lamenta l’eccesso di potere per non avere il comune di Santi Cosma e Damiano tenuto in conto le osservazioni presentate.

Il motivo è infondato perché in realtà il comune sulle osservazioni del ricorrente si è pronunciato in sede di controdeduzioni, sostanzialmente respingendole quasi in toto sulla base degli argomenti prospettati dal progettista in una nota allegata alla delibera n. C.C. n. 37 del 8 ottobre 2009.

6. Conclusivamente il ricorso deve essere in parte accolto con annullamento del decreto di espropriazione n. 1 del 20 ottobre 2010 prot. n. 12527 e della determina dirigenziale n. 182 del 21 ottobre 2010, prot. n. 12523 nonché, in parte qua, della delibera C.C. n. 4 del 30 aprile 2008.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie in parte, come precisato in motivazione.

Condanna il comune di Santi e Cosma e Damiano al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro tremila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *