Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-09-2011, n. 19965 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto emesso il 26 novembre 2007, la Corte d’appello di Catanzaro rigettava la domanda di V.P. volta ad ottenere la condanna del Ministero della Giustizia all’equa riparazione, ex art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per la violazione del termine ragionevole del processo penale per il delitto di ricettazione, di cui egli aveva avuto notizia il 3 maggio 1995 e che si era concluso con sentenza di proscioglimento 29 novembre 2006 del Tribunale di Palmi, per prescrizione.

Motivava che il ritardo irragionevole di anni otto non aveva cagionato alcun danno ingiusto, atteso il comportamento del V. che, dopo aver ricevuto notizia dell’indagine a suo carico, non aveva assunto alcuna iniziativa per sollecitare la definizione del processo, dalla cui lunghezza eccessiva, produttiva della prescrizione del reato, aveva anzi tratto beneficio.

Avverso il provvedimento notificato il 18 gennaio 2008 proponeva ricorso per cassazione il V. con atto notificato il 28 febbraio 2008, deducendo la violazione dell’art. 6, paragrafo 1 della Convenzione europea, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, secondo la quale l’esito del processo poteva influire solo in punto quantum debeatur.

Il Ministero della Giustizia non svolgeva attività difensiva.

Disposta ed eseguita la rinnovazione della notifica del ricorso presso l’Avvocatura generale dello Stato, all’udienza del 4 Luglio 2011 il P.G. precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, il diritto all’equa riparazione prescinde dall’esito del giudizio irragionevolmente protrattosi nel tempo e non può quindi essere negato, in linea di principio, quando la durata eccessiva abbia determinato, in sede penale, l’estinzione del reato per prescrizione: salva la prova di condotte processuali dilatorie, significative di un abuso del diritto di difesa (Cass., sez. 1, 18 novembre 2010, n. 23339; Cass., sez. 1, 2 agosto 2006, n. 17.552), o l’esistenza di altre circostanze atipiche, quali la prevedibilità ab initio della prescrizione (Cass., sez. 1, 8 novembre 2010, n. 22682; Cass., sez. 1, 13 settembre 2006, n. 19666).

In assenza di tali elementi di fatto, non vi sono quindi ragioni per negare l’equo indennizzo al V., il cui processo è durato 11 anni in unico grado: e quindi, ben più del termine triennale, ragionevole per un processo di media complessità.

Il decreto va dunque cassato.

In carenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto si può decidere la causa nel merito; e, tenuto fermo l’ordinario parametro liquidativo di Euro 750,00 per il primo triennio di ritardo e di Euro 1.000,00 per gli anni successivi, si liquida la somma complessiva di Euro 7.250,00, con gli interessi legali dalla domanda.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.
P.Q.M.

Accoglie ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 7.250,00, con gli interessi legali dalla domanda;

– condanna il Ministero della Giustizia alla rifusione delle spese del primo grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 1400,00, di cui Euro 600,00 per diritti ed Euro 700,00 per onorari, e delle spese della fase di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1000,00 di cui Euro 900,00 per onorari; oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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