Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-03-2011) 25-05-2011, n. 20872 Risarcimento in forma specifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.M.D., con sentenza in data 1-10-2009 del Giudice di Pace di Morbegno, confermata il 16-3-2010 dal Tribunale di Sondrio, sez. dist. di Morbegno, è stato ritenuto responsabile del reato di lesioni personali semplici, commesso in (OMISSIS), nei confronti del tecnico comunale A.G., e condannato alla pena di legge e al risarcimento del danno in favore della parte civile nella misura di Euro 500.

L’imputato, consigliere comunale di minoranza, affermando di essere stato sindaco per quindici anni e di essere conosciuto da tutti, aveva richiesto al tecnico il rilascio delle copie di una pratica edilizia senza rispettare le norme prescritte dal regolamento. A fronte del diniego di A., lo aveva strattonato per un braccio provocandogli "ecchimosi faccia anteriore braccio sinistro", guaribile in sette giorni.

Il tribunale, premesso che nessuno aveva assistito al fatto, riteneva che la ricostruzione della vicenda offerta dalla persona offesa, fosse sufficiente a fornire prova del fatto, in quanto dettagliata, precisa, non contraddittoria e riscontrata dalle seguenti circostanze.

Da un lato il referto sanitario attestante la lesione, dall’altro l’immediata segnalazione del fatto, da parte di A., al sindaco B.M., il quale lo aveva confermato, aggiungendo di aver chiamato i Carabinieri, e di aver trovato il tecnico, rimasto in seguito assente dall’ufficio per tre mesi per crisi depressiva, in stato di agitazione, constatandone l’ecchimosi al braccio. Inoltre l’assenza di motivi di rancore della p.o. nei confronti del prevenuto. Veniva quindi disattesa la richiesta di rinnovazione del dibattimento relativa a nuovo esame del querelante e all’esame del teste P., in quanto il primo aveva già compiutamente riferito i fatti e il secondo, indotto dalla Difesa, non aveva assistito all’accaduto.

Ha proposto ricorso il prevenuto per il tramite del difensore avv. Carlo Noseda, articolando due doglianze.

1) Difetto di motivazione in ordine all’attendibilità della persona offesa, costituita parte civile, non essendo stata presa in considerazione l’esistenza di un precedente per falsa testimonianza a suo carico, risultante dalla produzione in primo grado del certificato penale, in tal modo trascurando la consolidata giurisprudenza, anche costituzionale, secondo cui le dichiarazioni del teste/p.o. possono costituire unica fonte di prova del fatto, se sottoposte a rigoroso vaglio di credibilità oggettiva e soggettiva, ma devono essere accompagnate da riscontri in caso di situazioni che inducano a dubitare della loro attendibilità. Situazioni nella specie rappresentate, oltre che dal precedente per falsa testimonianza, dalla pretestuosità della giustificazione addotta per il mancato rilascio delle copie ( D.M. – già sindaco e da anni consigliere comunale – non avrebbe precisato la propria qualità di consigliere); dalla reticenza e contraddittorietà di A., laddove aveva riferito di non ricordare se avesse telefonato al sindaco per ottenerne il placet al rilascio della copie, nè se questi glielo avesse negato usando un’espressione volgare, circostanze ricordate dall’imputato nel suo esame; dal risalto dato all’evento, e quindi dalla sua strumentalizzazione, dal sindaco B., mediante la convocazione di una conferenza stampa.

2) Mancata assunzione di prova decisiva, rappresentata in primo luogo da nuovo esame di A., sul punto delle circostanze del precedente per falsa testimonianza, e sul punto del contenuto delle sue dichiarazioni ai cronisti, temi preclusi dal giudice di primo grado, in violazione dell’art. 194 c.p.p., comma 2, con ordinanze oggetto anch’esse di impugnazione. In secondo luogo dall’esame del teste P., consigliere comunale, già ammesso e poi revocato dal primo giudice, sul punto della sua convocazione da parte dell’imputato per constatare il rifiuto del rilascio delle copie.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

1) La prima doglianza, dietro l’apparente denuncia di vizio della motivazione, si traduce nella sollecitazione di un riesame del merito attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti.

Per contro, essendo riservato a questa corte il controllo della coerenza strutturale della sentenza, ne discende, secondo consolidata giurisprudenza, che "Non è compito del giudice di legittimità compiere una rivalutazione del compendio probatorio, sulla base delle prospettazioni dei ricorrenti, … esulando dai suoi poteri una "rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Sez. Un. n. 41476 del 25/10/2005, Misiano; Sez. Un. 2000/216260 Jakani; Sez. Un. n. 6402 del 2.7.1997, Dessimone, rv. 207944; Sez. Un. n. 930 del 29.1.1996, Clarke, rv. 203428).

Invero il ricorrente censura, a ben guardare, la valutazione delle dichiarazioni della p.o., pur effettuata, in primo e secondo grado, in maniera analitica e non illogica, alla stregua altresì dei plurimi e convergenti riscontri, anche di natura obiettiva e documentale, rappresentati, oltre che dall’assenza di motivi di rancore della p.o. nei confronti del prevenuto, da un lato, dal referto sanitario attestante la lesione (la cui natura è pienamente compatibile con lo strattonamento del braccio lamentato dalla p.o.), dall’altro dall’immediata segnalazione del fatto al sindaco, il quale non solo non mancò di sollecitare l’immediato intervento, di fatto avvenuto, dei Carabinieri, ma ebbe anche modo di constatare direttamente lo stato di agitazione di A. (avvalorato dal dato, obiettivo e non contestato, della successiva assenza dall’ufficio per tre mesi per crisi depressiva) e l’ecchimosi al braccio di questi. Risultano quindi del tutto vani, alla luce del solido impianto motivazionale delle sentenze di merito, il generico richiamo del ricorrente al remoto precedente della p.o. per falsa testimonianza (fatto avvenuto nel 1994), così come l’affermazione della reticenza e contraddittorietà delle dichiarazioni di A. sulla base di elementi del tutto marginali o di comportamenti di altri (la convocazione di una conferenza stampa da parte del sindaco), successivi alla parte centrale della vicenda. La doglianza è quindi inammissibile.

2) Il secondo motivo è poi privo di fondamento se si considera che il nuovo esame della p.o. dovrebbe vertere su temi già sopra ritenuti secondari, e comunque inidonei a scalfire il costrutto accusatorio, mentre l’esame del teste della Difesa, P., dovrebbe scandagliare un aspetto – il rifiuto del rilascio delle copie – sostanzialmente incontestato, giustificato o non che fosse, antecedente e causa scatenante del reato, al quale il teste non fu presente.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *