T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 25-05-2011, n. 428 Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il ricorso all’esame il signor D. espone di essere proprietario in Cassino, via San Pasquale, di un terreno contrassegnato in catasto al foglio n. 84, particelle 387, 388 e 815; tale suolo, ricadente secondo il P.R.G. del comune in zona B1, era destinato a parcheggio e strada pubblica.

Nel presupposto che si trattasse di vincolo di preordinazione all’esproprio e che tale vincolo fosse decaduto per inutile decorso del quinquennio della sua efficacia, il ricorrente chiedeva al comune di provvedere a imprimere al suolo una nuova destinazione urbanistica.

Con delibera C.C. Cassino n. 63/15 del 4 febbraio 2002, il comune di Cassino provvedeva e qualificava il suolo come zona "semintensiva" B1, precisando che: a) "le aree circostanti il terreno… ricadono nell’ambito B1"; b) "in relazione all’evoluzione urbanisticoedilizia della zona di cui trattasi, questa amministrazione non ritiene più necessario il mantenimento sull’area residua del terreno in questione né dell’originaria destinazione a parcheggio pubblico né la destinazione a edificio pubblico".

2. Con la delibera impugnata la giunta regionale del Lazio ha tuttavia negato l’approvazione della variante, recependo un parere del comitato regionale per il territorio del 7 maggio 2009.

Di qui il ricorso all’esame con cui il ricorrente impugna la delibera regionale e i relativi atti presupposti (cioè il parere del comitato regionale per il territorio e la relazione istruttoria in tal parere richiamata).

3. La regione Lazio resiste al ricorso.

4. Con ordinanza n. 247 del 27 maggio 2010, confermata dall’ordinanza n. 4604 del 9 ottobre 2010 della quarta sezione del Consiglio di Stato, era accolta l’istanza di tutela cautelare proposta dal ricorrente e ordinato un riesame (che non è stato tuttavia mai compiuto secondo quanto affermato dal ricorrente nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica).
Motivi della decisione

1. Ai fini della migliore comprensione delle ragioni della decisione è opportuno sintetizzare il contenuto del parere del comitato regionale per il territorio sulla cui base la giunta regionale si è determinata (nel senso di non approvare la proposta di variante).

Il parere muove dai seguenti presupposti: a) nel vigente P.R.G. l’area del ricorrente rientra in un’area più estesa destinata (dapprima) a "centro sanitario, parcheggio pubblico e strada pubblica" e quindi (in forza di variante approvata con delibera C.C. n. 5/2 del 24 gennaio 1987) a "edificio pubblico – scuola professionale femminile di stato"; in tal contesto l’area del ricorrente, nonostante l’avvenuta realizzazione della scuola, non è mai stata espropriata; b) la variante generale al P.R.G., adottata con delibera C.C. n. 54/12 del 23 dicembre 2004, prevede per l’area di intervento la destinazione di "Completamento soggetto a piano attuativo (Sferracavalli)" e, quindi, "trasforma la destinazione attuale di zona B a espansione di tipo C di cui al D.M. 1444/68"; c) l’area del ricorrente è soggetta, secondo il P.T.P. relativo all’ambito territoriale n. 14, a vincolo paesaggistico ex articolo 142, comma 1, lett. c) 22 gennaio 2004, n. 42 per la presenza del fiume "Gari e Rapido" ed è parimenti soggetta a vincolo secondo le prescrizioni del P.T.P. in itinere: d) il comprensorio di cui fa parte il suolo in contestazione avente destinazione B1 è stato solo in parte edificato, in quanto, a eccezione di alcuni edifici esistenti su via S. Pasquale, "presenta evidenti caratteristiche delle zone agricole".

Sulla base di questi presupposti la regione ha negato l’approvazione della variante ritenendo che: a) l’area del ricorrente, "indicata a servizi dal P.R.G. vigente ovvero a zona F di cui al citato D.M. 144/1968", ricadesse interamente nella fascia di rispetto dei corsi e delle acque pubbliche e che per essa non potesse trovare applicazione il comma 8 lettera a) dell’articolo 7 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24; b) per essa, pertanto, potesse solo riconfermarsi la destinazione a serviziparcheggio pubblico come previsto dallo strumento urbanistico vigente.

Aggiunge il parere che, "in seguito", una volta approvata la variante generale al P.R.G. in itinere, la proprietà avrebbe potuto "in sede di redazione del piano attuativo Sferracavalli far valere i propri diritti urbanistici… all’interno dello stesso piano attuativo".

2. A queste argomentazioni il ricorrente oppone, anzitutto, che la delibera regionale si basa su un errore di fatto, cioè che la sua area ricadesse in zona F e che pertanto alla stessa si applicasse il vincolo derivante dalla fascia di rispetto del fiume "Liri e Rapido".

In realtà, osserva il ricorrente, il suo suolo si trova nell’ambito della zona B1 ed era semplicemente soggetto a un vincolo di preordinazione all’esproprio ormai decaduto; insomma si tratta di un terreno privo di regolamentazione urbanistica all’interno della zona B1 (di cui anzi costituirebbe l’unica parte non edificata); di conseguenza sul terreno non grava alcun vincolo paesaggistico dato che la fascia di rispetto dai fiumi e acque pubbliche non trova applicazione nelle aree delimitate negli strumenti urbanistici come zone A e B.

In sostanza la tesi del ricorrente è che al suo terreno si applichi il comma 7 dell’articolo 7 della l.r. n. 24 del 1998 citata, secondo cui la fascia di rispetto dai fiumi e acque pubbliche "non si applica alle aree urbanizzate esistenti come individuate dai P.T.P. o dal P.T.P.R." e non il comma 8 secondo cui "per le zone C, D ed F, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, come delimitate dagli strumenti urbanistici approvati alla data di adozione dei P.T.P. o, per i territori vincolati ma sprovvisti di P.T.P., alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché per le aree individuate dai P.T.P. o dal PTRR, ogni modifica allo stato dei luoghi nelle fasce di rispetto è subordinata…. al mantenimento di una fascia di inedificabilità di metri 50 a partire dall’argine".

3. Il ricorrente denuncia altresì l’omissione delle garanzie procedimentali e il travisamento dei fatti sostenendo che non corrisponde alla realtà quanto sostenuto nel parere in ordine al possesso da parte dell’area in considerazione delle caratteristiche di una zona agricola; al contrario il ricorrente sostiene che l’area è pressoché completamente urbanizzata e che il suo suolo è oltretutto separato dal corso d’acqua da una strada pubblica e da altre edificazioni private.

Infine egli lamenta il ritardo con cui la regione ha provveduto e contesta quanto affermato nel parere in ordine alla possibilità da parte sua "di far valere i propri diritti urbanistici relativi alla cubatura all’interno dello stesso piano attuativo Sferracavalli".

4. Così riassunti i termini della questione occorre brevemente soffermarsi sull’eccezione di tardività del ricorso sollevata dalla regione.

Essa è infondata dato che costituisce giurisprudenza amministrativa consolidata il principio secondo cui "la regola in base alla quale il termine per l’impugnazione del Piano Regolatore Generale o delle sue varianti decorre dalla data di pubblicazione dello strumento urbanistico, non essendo richiesta la sua notificazione agli interessati rivolgendosi di regola ad una pluralità di destinatari a vario titolo interessati, ammette una deroga nelle sole ipotesi in cui il Piano, e specificamente una sua variante, non riguardi una sistemazione globale della zona ma incida in concreto su un immobile determinato" (Consiglio Stato, sez. III, 22 novembre 2010, n. 3340.).

5. Nel merito il ricorso è fondato.

In particolare fondato e assorbente è il primo motivo di gravame.

Il Collegio, infatti, condivide l’assunto del ricorrente secondo cui il pronunciamento della regione si fonda sull’erroneo presupposto che il suolo di sua proprietà ricadesse in zona F e fosse pertanto soggetto a vincolo di inedificabilità assoluta a causa della sua insistenza in fascia di rispetto di un’acqua pubblica.

Va premesso che l’articolo 142, comma 2, d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42 stabilisce che il vincolo in questione non trovi applicazione nelle aree che, alla data del 6 settembre 1985 (entrata in vigore della legge 8 agosto 1985, n. 431, di conversione del decretolegge 27 giugno 1985, n. 312), erano classificate dai piani regolatori vigenti zone territoriali omogenee A e B.

A tale principio si ricollega la disciplina dell’articolo 7, comma 7, della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24 (nel testo modificato dalla legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18) che, nel disciplinare la "Protezione dei corsi delle acque pubbliche", analogamente esclude il vincolo in questione "per le aree urbanizzate esistenti come individuate dai P.T.P. o dal P.T.P.R." (il testo previgente faceva invece riferimento alle zone territoriali omogenee con formulazione analoga a quella del citato articolo 142 del d.lg. n. 42).

A sua volta il certificato di destinazione urbanistica del terreno del ricorrente (allegato n. 4 al ricorso) attesta che tale suolo rientra in zona B1 con destinazione parte a parcheggio e parte a centro sanitario e parte a strada di piano aggiungendo che "dagli elaborati grafici del piano paesistico l’area medesima non ricade in zona di vincolo paesistico".

Di conseguenza effettivamente come sostenuto dal ricorrente al suo terreno non si applica il comma 8 ma il comma 7 dell’articolo 7 della legge regionale n. 24 del 1998, con conseguente inesistenza del vincolo paesaggistico.

Sul punto deve rilevarsi che le argomentazioni della regione in ordine alla qualificazione del terreno del ricorrente non sono persuasive, risultando anche in parte contraddittorie, dato che, per suffragare l’assunto secondo cui il terreno del ricorrente non sarebbe qualificabile come zona B1, da un lato ripetutamente si afferma che esso è "zona bianca" e, come tale, priva di destinazione urbanistica, e, dall’altro, che esso ricade in zona F ex D.M. 2 aprile 1968, n. 1444.

In realtà, come correttamente sostenuto dal ricorrente e come risulta dalla documentazione allegata al ricorso (si veda il certificato di destinazione urbanistica e la relazione alla delibera comunale con cui è stata adottata la variante), il terreno in questione ricade nella zona omogenea B1, pur essendo gravato da vincolo (poi decaduto) di preordinazione all’esproprio per la realizzazione di una strada e di un parcheggio.

La circostanza che, decaduto il vincolo, il suolo che ne forma oggetto resta privo di specifica destinazione urbanistica non significa che esso cessi di appartenere alla zona territoriale omogenea in cui si trova, fermo restando la necessità che il comune si ridetermini in ordine alla attualità o meno dell’interesse pubblico a reiterare il vincolo in modo da realizzare quanto originariamente previsto dal piano.

In questa prospettiva l’affermazione della regione secondo cui il suolo in questione è una zona bianca priva di destinazione urbanistica è irrilevante dato che questa è la ragione della necessità che a esso sia impressa, data la decadenza del vincolo, una nuova destinazione urbanistica, mentre l’affermazione secondo cui esso ricade in zona F servizi secondo il D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 è il frutto della confusione tra il vincolo di preordinazione all’esproprio decaduto e il concetto di zona territoriale omogenea F ("parti del territorio destinate a attrezzature e impianti di interesse generale") di cui all’articolo 2 del D.M.; il vincolo di preordinazione all’esproprio scaturisce infatti dalla destinazione di un suolo a scopo incompatibile con la sua utilizzazione da parte del privato (con conseguente necessità di sua successiva ablazione); esso può aver ad oggetto suoli ricadenti in qualsiasi zona omogenea e, per il fatto di incidere a titolo particolare su un determinato bene, è soggetto a efficacia temporanea e a indennizzo in caso di reiterazione; concetto diverso è la delimitazione di un’area omogenea del territorio comunale come zona F ex articolo 2 che, proprio per il fatto di operare a livello di zonizzazione e quindi di riferirsi in modo indifferenziato a un’intera categoria di suoli, costituisce un vincolo di natura conformativa. L’articolo 7, commi 7 della legge regionale n. 24 del 1998 citata si riferisce alla zonizzazione; in particolare il comma 8, ritenuto applicabile alla fattispecie dalla regione, si riferisce alle zone territoriali omogenee C, D e F, come delimitate dagli strumenti urbanisti, e quindi non può trovare applicazione alla fattispecie in cui viene in rilievo un suolo gravato da vincolo di preordinazione al’esproprio decaduto nell’ambito della zona B1 (come, lo si ripete, risulta dal certificato di destinazione urbanistica allegato al ricorso).

6. Il provvedimento impugnato va quindi annullato con assorbimento di ogni altra censura.

La domanda di risarcimento dei danni va respinta in quanto è del tutto generica.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquida in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie in parte; per l’effetto, annulla l’atto impugnato; respinge la domanda di risarcimento dei danni.

Condanna la regione Lazio al pagamento a favore del ricorrente delle spese di giudizio che liquida in complessivi euro tremila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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