Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-03-2011) 25-05-2011, n. 20986

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 30/7/10, emessa a seguito di parziale annullamento con rinvio della S.C. di Cassazione del 18/4/10, il Tribunale di Napoli, nel rigettare la richiesta di riesame proposta da P.L. avverso l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei suoi confronti il 18/11/09 dal Gip di quello stesso Tribunale per il reato di cui all’art. 390 c.p. (procurata inosservanza di pena: in (OMISSIS)) aggravato L. n. 203 del 1991, ex art. 7, confermava l’ordinanza impugnata.

Premesso che la precedente ordinanza era stata annullata solo sotto il profilo della insufficiente motivazione sull’aggravante mafiosa (con la conseguente formazione del giudicato cautelare sul reato contestato), il Tribunale osservava come il latitante R. S., ai vertici (con l’altro fratello latitante, P.) dell’omonimo clan nolano, era stato sorpreso con numerose armi, anche da guerra, in un rifugio munito di un cunicolo nell’abitazione messa a disposizione dal P. compresa nel perimetro del territorio su cui insisteva il predominio della cosca; che, a riprova dei mantenuti contatti con il clan (ben operativo, viste anche le molte attività estorsive riconducibili nel 2006 ai figli M. e A. di R.P.), una delle armi si apparteneva a tal F. A. (soggetto vicino alla associazione) che, interrogato, affermava di averla dimenticata circa un anno prima nell’abitazione del P.; che lo stesso F. risultava in contatto con altri soggetti vicini alla cosca, come N.G., detenuto per associazione mafiosa e rinviato a giudizio quale favoreggiatore della latitanza di R.S., e come N.C., individuato nel corso delle indagini come elemento di collegamento tra il detto R. e gli esponenti in libertà del clan e in contatto, tra gli altri, con il P.; che lo stesso meccanismo utilizzato dai familiari per fare visita ai due fratelli latitanti era assai complesso, tale da necessitare di una efficiente rete di supporto (disattivazione dei telefoni cellulari, nascondimento della propria assenza da casa ai chiamanti telefonici, reperimento ed impiego di autovetture diverse non riconducibili al nucleo familiare del latitante); la logica necessità, infine, di affidare la propria latitanza a soggetti intranei di massima fiducia e fedeltà. Di qui la conferma dell’emessa ordinanza.

Ricorreva per cassazione la difesa del P., deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta aggravante:

A) l’ordinanza era incorsa negli stessi errori di quella annullata, non essendo riuscita a dimostrare che la latitanza favorita dal P. avesse giovato a un sodalizio criminoso ancora operante, non essendo a ciò sufficiente il richiamo alle attività estorsive addebitate ai figli di R.P. nel 2006, non risultando la presenza di R.S. nel rifugio del P. prima della sua scoperta nel 2009; B) allo stesso modo i contatti con il N. (che la S.C. aveva invitato a chiarire) erano stati fatti risalire al 2004 (v. le intercettate conversazioni con il P. in tema di acquisto di "noci e nocciole"), quando però non era dato sapere se il R. già si trovasse presso il P.. Chiedeva pertanto un nuovo annullamento.

All’udienza camerale di discussione il PG chiedeva il rigetto del ricorso (nessuno compariva per il ricorrente).

E’ giurisprudenza pacifica di legittimità che in tema di misure cautelari personali (Cass., S.u., sent. n. 11 del 22/3/00, rv.

215828, Audino), allorchè sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza (ciò che al presente si registra, la dedotta violazione di legge identificandosi con il vizio di motivazione), alla S.C. spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravita del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento dei risultati probatori.

Nel caso in esame ciò è avvenuto sia per il reato di procurata inosservanza di pena (per il quale vi è già giudicato cautelare) sia per l’aggravante mafiosa (specifico oggetto del presente ricorso), anche di essa il giudice di merito avendo rappresentato la sussistenza in modo adeguato, logico e corretto.

Anche se gli ultimi reati segnalati della cosca mafiosa risalgono al 2006 (le estorsioni riconducibili ai figli del latitante) e al 2004 gli intercettati contatti del P. con N.C., soggetto a sua volta ritenuto in contatto con il R., la perdurante operatività del clan fino alla cattura del latitante armato nell’abitazione a ciò attrezzata del P. nell’ottobre del 2009 non necessita di manifestazioni intermedie: la latitanza stessa di R.S., la sua protrazione nel tempo, le modalità con cui era attuata, la rete di complicità di cui necessitava danno conto dell’incombente presenza del sodalizio sul territorio e della sua vitalità. Lo stesso armamentario, anche da guerra, trovato nel rifugio del latitante trascendeva le necessità del singolo, manifestando l’utilità per il gruppo al mantenimento e alla prosecuzione della latitanza di uno dei suoi capi e, al contempo, il perdurante status di vertice di costui. Di tutto ciò il P., che aveva messo a disposizione la propria abitazione attrezzata alla bisogna, era evidentemente consapevole e con piena condivisione dei fini.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo ( art. 616 c.p.p.).

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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