Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-03-2011) 25-05-2011, n. 20867 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.N. era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Enna, del reato di cui agli artt. 81 cpv e 61 c.p., n. 10, art. 594 c.p., commi 1 e 4 e artt. 582 e 583 c.p. perchè, in presenza di più persone, offendeva l’onore ed il decoro del dipendente della Provincia regionale di Enna, B.M., nell’esercizio delle sue funzioni, dandogli dell’ubriacone e procurava allo stesso lesioni personali guarite oltre i quaranta giorni, colpendolo con un calcio nelle parti intime.

Con sentenza del 22 gennaio 2008, il Tribunale dichiarava C. colpevole dei reati di lesioni personali e, per l’effetto, lo condannava alla pena ritenuta di giustizia, con la concessione delle attenuanti generiche ed i benefici di legge; lo proscioglieva, invece, dal reato di ingiuria per reciprocità delle offese.

Condannava, inoltre, lo stessi imputato al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile, da liquidarsi in separata sede, con attribuzione di provvisionale immediatamente esecutiva.

Pronunciando sul gravame proposto in favore dell’imputato, la Corte di Appello di Caltanissetta, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della pronuncia impugnata, sostituiva la pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria di Euro 2.280,00 di multa, interamente condonata; riduceva la provvisionale concessa dal primo giudice che determinava nella misura di Euro 2.000,00, rinviando per la definitiva liquidazione del danno complessivo al giudice civile confermava nel resto, con ulteriori statuizioni di legge.

Avverso la pronuncia anzidetta il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, parte ricorrente deduce inosservanza dell’art. 111 Cost. per violazione dell’obbligo di attuazione della giurisdizione mediante il giusto processo, in relazione alla gestione dell’esame dibattimentale da parte del primo giudice.

Il secondo motivo deduce travisamento dei fatti ed inosservanza dell’art. 49 c.p., con riferimento alla ricostruzione dei fatti ed alla ritenuta impossibilità che un calcio sferrato da tergo potesse aver determinato le lesioni denunciate dalla persona offesa, che stava scendendo le scale ed era, quindi, in posizione tale che il calcio non potesse raggiungerne lo scroto.

Il terzo motivo deduce travisamento dei fatti ed inosservanza dell’art. 62 c.p., n. 2, per mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione, stante il comportamento violento ed aggressivo della persona offesa.

Il quarto motivo deduce violazione dell’obbligo di valutazione critica delle prove, ai sensi dell’art. 192 c.p.p. ed illogicità della motivazione in punto di penale responsabilità penale, con particolare riferimento all’erronea lettura delle dichiarazioni testimoniali. Il quinto motivo deduce violazione dell’obbligo di osservanza della legalità, con riferimento alla ribadita conferma della condanna al danno morale, nonostante le statuizioni delle Sezioni Unite civili della Suprema Corte, che avevano escluso autonomia di tale danno rispetto al danno biologico. Il capo relativo alla provvisionale avrebbe dovuto essere annullato e non semplicemente ridotto nella misura di Euro 2.000,00. 2. – La prima ragione di censura, afferente alla pretesa interferenza del Tribunale nell’esame del testimoni, segnatamente della teste C.G., asseritamente svolto al fine di orientarne l’esito in favore della prospettiva accusatoria, si colloca in ambito di inammissibilità. Si sostanzia, infatti, di rilievi non solo generici, ma anche meramente reiterativi di profili di doglianza già prospettati nell’atto di gravame, in ordine ai quali la risposta motivazionale del giudice di appello appare inappuntabile, Peraltro, la Corte ha giustamente fatto carico all’appellante di non avere neppure assolto all’onere di allegazione, mediante specificazione dei brani dell’esame testimoniale che tradirebbero lo sbilanciamento del giudicante nel senso denunciato. E tale onere è rimasto inadempiuto anche in questa sede di legittimità.

La seconda censura, relativa a preteso travisamento dei fatti ed alla violazione dell’art. 49 c.p., riguarda questione di merito, insindacabile in questa sede di legittimità in presenza di motivazione congrua ed appagante. Ad ogni modo, è destituita di fondamento, in quanto la Corte di merito, nel confermare la ricostruzione della vicenda fattuale, come offerta dal primo giudice, ha indicato le ragioni per le quali era del tutto plausibile che il calcio sferrato, da tergo, dall’imputato avesse potuto raggiungere la parte offesa nella zona scrotale, tenuto anche conto della pozione della persona offesa, che, scendendo le scale, si trovava in posizione sottostante rispetto all’odierno ricorrente.

La terza censura, relativamente alla mancata concessione dell’attenuante della provocazione, va disattesa, avendo la Corte di merito giustamente motivato il diniego in ragione della generica formulazione della relativa richiesta.

Non ha fondamento la quarta censura che critica il compendio motivazionale nella parte relativa alla valutazione delle prove, posto che nessuna incongruenza od errore valutativo inficia il tessuto argomentativo della pronuncia impugnata nella ribadita rappresentazione di una situazione di fatto che denunciava univoci elementi probatori a sostegno della responsabilità dell’impugnato, Priva di fondamento, infine, è la quinta doglianza relativa alla liquidazione del danno morale, di cui si contesta l’autonomia concettuale nella categoria del danno non patrimoniale, con riferimento alla lettura che di tale danno hanno dato le Sezioni Unite Civili di questa Corte Suprema (cfr. Sez. Un. Civ. 11.11.2008, n. 26972, rv. 605491).

Il rilievo è inconferente, posto che l’affermazione di principio del Supremo Collegio Civile, nel negare che il danno morale per fatti costituenti reato costituisca autonoma species di danno risarcibile, ha inteso solo segnalare che la sofferenza morale derivante da fatto- reato è solo una delle componenti del danno non patrimoniale, rilevante ai fini del risarcimento, unitamente ad altre connesse alla lesione di interessi costituzionalmente protetti.

Nessuna ricaduta può, dunque, avere la sentenza in parola – se non nel senso di allargare, in sede civilistica, la piattaforma del danno astrattamente risarcibile nell’ipotesi di danno conseguente alla commissione di un reato – sul piano del riconoscimento e della liquidazione del danno morale, correttamente individuato e liquidato nel presente giudizio.

Va, da ultimo, disattesa, siccome improponibile in questa sede, la questione relativa alla liquidazione di provvisionale immediatamente esecutiva e del relativo importo, trattandosi di statuizioni che costituiscono espressione di insindacabile potere discrezionale del giudice di merito, peraltro congruamente motivato.

3. – Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo, anche in ordine alla condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di parte civile, determinate come da dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in complessivi Euro 1.300.000 per onorario, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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