Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-03-2011) 25-05-2011, n. 20864 Falsità ideologica in atti pubblici commessa da privato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

hiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza del 23 luglio 2007 con la quale il Tribunale di Livorno – sezione distaccata di Cecina aveva dichiarato S. M. colpevole del reato di cui all’art. 483 c.p. per avere attestato falsamente all’atto della presentazione della domanda per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio del commercio ambulante su area pubblica – domanda presentata presso il Comune di Rosignano M.mo – di avere i requisiti richiesti dal D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 5 per l’accesso all’attività ed in particolare quello di non avere riportato condanna per il delitto di ricettazione, mentre si accertava che a carico dello stesso vi erano tre sentenze di condanna irrevocabili per il citato delitto; e, per l’effetto, lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, oltre consequenziali statuizioni.

Avverso la pronuncia anzidetta il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, parte ricorrente denuncia errata applicazione di legge in ordine alla ritenuta esistenza del reato di cui all’art. 483 c.p., ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b). Lamenta, al riguardo, che non sia stato tenuto conto del tempo trascorso dalle condanne riportate per ricettazione, risalenti al 1997, mentre la richiesta di autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale era stata proposta il 18.7.2005 e, dunque, ben oltre il quinquennio previsto dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, art. 5, comma 4, come termine di permanenza del divieto di esercizio dell’attività di commercio anche in caso di condanna per il delitto di ricettazione. Donde l’insussistenza del reato contestato, non avendo l’imputato interesse alcuno a dichiarare il falso, posto che, a seguito del decorso del tempo, il divieto previsto dalla legge era ormai venuto meno.

11 secondo motivo deduce mancanza e/o illogicità manifesta della sentenza in ordine alla misura della pena ed al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in misura prevalente alla contestata recidiva, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e).

2. – La prima censura è destituita di fondamento. Ed invero, al di là della denunciata infondatezza della lettura che il giudice a quo ha fatto del D.Lgs. n. 114 del 1998, menzionato art. 5, comma 2, sui requisiti di accesso all’attività commerciale, rileva la circostanza fattuale che, all’atto della presentazione della relativa istanza, l’imputato aveva dichiarato di non avere riportato condanna per il delitto di ricettazione, così attestando il falso, essendo certo che era stato condannato per tale titolo di reato, come da certificato del casellario giudiziario in atti.

La falsa attestazione, astrattamente idonea, peraltro, ad indurre in errore l’autorità amministrativa preposta al rilascio della richiesta licenza, è tale da integrare gli estremi del reato in contestazione, quale che fosse la controversa lettura della disposizione anzidetta in ordine all’applicabilità, o meno, della temporaneità del divieto di iscrizione per precedenti penali alla condanna per il reato di ricettazione.

La seconda censura si colloca, invece, in area di inammissibilità attenendo a questione squisitamente di merito, quale è quella relativa al regime sanzionatorio, in suscettiva di sindacato in questa sede di legittimità ove assistita, come nel caso di specie, da motivazione adeguata, che aveva confermato il giudizio di congruità della pena irrogata avuto riguardo all’entità del fatto ed alla personalità dell’imputato, desunta anche dalla qualità di recidivo reiterato infraquinquennale.

3. – Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *