Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-03-2011) 25-05-2011, n. 20960

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 22/2/10 la Corte di Appello di Brescia, giudicando su rinvio della S.C. di Cassazione (sentenza 6/3/08 di annullamento a seguito di ricorso per saltum del PG), in riforma della sentenza 29/6/06 del Tribunale di Brescia (che aveva prosciolto per remissione di querela) condannava A.M. e An.Ma. alla pena (condizionalmente sospesa per A.M.) di mesi sei di reclusione per il reato, in concorso, di lesione personale (in danno di I.D.: frattura alle ossa nasali e contusione all’orbita sinistra), aggravato dai futili motivi (in (OMISSIS): malmenavano la parte offesa che li aveva richiamati per avere nuovamente parcheggiato la loro auto davanti al suo passo carraio dopo che, dopo una sua prima rimostranza, gli avevano consentito di entrare spostando la vettura dal medesimo punto).

Il primo giudice aveva prosciolto perchè la malattia non aveva avuto durata superiore a venti giorni (come dichiarato dalla p.o.) e nelle more era intervenuta remissione di querela.

Su ricorso del PG a quo la S.C. aveva tuttavia rilevato che il reato era aggravato dai futili motivi e pertanto procedibile d’ufficio nonostante la durata della malattia non superiore ai venti giorni di legge.

La Corte di Appello prendeva atto di ciò e, valutato il merito, perveniva a condanna.

Ricorrevano per cassazione i due A., deducendo vizio di motivazione sotto un triplice profilo:

1) il giudicante, pur dando atto che secondo la stessa parte offesa e il teste L. (il titolare del bar dove si trovavano i due A., padre e figlio, quando l’ I. li aveva richiamati) la causa scatenante dall’aggressione era stato l’atteggiamento offensivo e poco riguardoso dell’ I. nei confronti del più anziano degli A., aveva contraddittoriamente concluso che essa andava individuata nel solo rimprovero per il parcheggio;

2) il giudicante aveva fondato la dichiarazione di penale responsabilità dell’ A. padre sulla sola base delle dichiarazioni della parte offesa che aveva indicato in entrambi gli antagonisti i suoi aggressori, laddove il L., sia pure successivamente intervenuto, lo aveva visto percosso solamente dal più giovane;

3) il giudicante non aveva spiegato la ragione della omessa concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena ad An.Ma. (il figlio), limitandosi ad affermare di concederla al padre A.M. perchè incensurato.

Chiedeva l’annullamento con rinvio della sentenza.

Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG concludeva per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la difesa per il suo accoglimento.

Il ricorso, infondato, va respinto.

Nessun vizio di motivazione nell’argomentare del giudice di merito:

l’aggressione (posta simultaneamente in essere da entrambi gli imputati, giusta quanto riferito dalla parte offesa) ha il suo complessivo antefatto nel diverbio per l’indebito e reiterato impedimento al passo carraio dell’ I. ed in ciò consiste la futilità del motivo che ha mosso i due A..

Comunque del tutto sproporzionata la reazione alla (sia pure volgare) frase dell’ I. in risposta alla loro osservazione (da lui ripresi per aver rimesso la macchina nello stesso punto dopo avergli consentito l’ingresso) che, tanto, non doveva più uscire ("non ve ne deve fregare un cazzo, qua non dovete parcheggiare e basta").

La futilità dei motivi è in tale sproporzione (con l’aggressione protratta fino all’umiliazione dell’aggredito, costretto più volte a chiedere scusa). Il giudice di merito ha ben spiegato che il racconto della parte offesa (che non aveva ragione di calunniare) sull’aggressione congiunta degli avversari non era contraddetta dalla testimonianza del barista L., che aveva assistito solo alla parte finale della scena (col più giovane degli aggressori colpire l’ I. sanguinante a terra).

Motivata (ed incensurabile in questa sede) la concessione di un beneficio di legge (la sospensione condizionale della pena) ad un imputato (il padre, perchè incensurato) e non all’altro (il figlio:

implicitamente, per la ragione opposta).

Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del processo ( art. 616 c.p.p.).
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del processo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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