Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-02-2011) 25-05-2011, n. 20861

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Giudice di Pace di Fasano in data 1.12.2008, con la quale B.D. veniva condannato alla pena di Euro 516 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, per il reato continuato di ingiuria commesso il (OMISSIS) in danno della cognata e vicina di casa S.R. rivolgendole le espressioni puttana e zoccola e versandole addosso urina.

Il ricorrente deduce:

1. violazione degli artt. 517 e 518 cod. proc. pen. e carenza di motivazione sulla contestazione della condotta di ingiuria verbale in continuazione con quella relativa al lancio di urina;

2. carenza di motivazione sulla ravvisabilità, nella condotta del lancio di urina, del diverso reato di cui all’art. 674 cod. pen.;

3. violazione dell’art. 533 cod. pen. sull’affermazione di responsabilità dell’imputato;

4. violazione dell’art. 599 cod. pen. e carenza di motivazione sul mancato riconoscimento delle esimenti della provocazione e della ritorsione.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla contestazione della condotta di ingiuria verbale in continuazione con quella di ingiuria reale, è infondato.

Contrariamente a quanto invero sostenuto dal ricorrente, per il quale nel corso del dibattimento sarebbe stato contestato all’imputato un fatto diverso che avrebbe imposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero, in presenza dell’originaria accusa dell’espressione degli epiteti ingiuriosi indicati in premessa, la contestazione dibattimentale riguardava la condotta del lancio di urina commessa nello stesso contesto spaziale e temporale; la sentenza impugnata motivava pertanto adeguatamente nel ritenere l’evidente sussistenza della continuazione fra i due fatti, e dunque la piena legittimità della contestazione;

2. Pure infondato è il secondo motivo di ricorso, relativo alla ravvisabilità, nella condotta del lancio di urina, del diverso reato di cui all’art. 674 cod. pen..

Diversamente anche in questo caso da quanto affermato nel ricorso, tale prospettazione difensiva veniva infatti esaminata dal Tribunale, che osservava sul punto come il reato di ingiuria possa essere realizzato con qualsiasi comportamento espressivo di disprezzo verso la persona offesa; motivazione pienamente conforme ai principi in materia (Sez. 5, n. 4845 del 30.11.1988, imp. Adamo, Rv. 183931), e del resto aderente alla riconosciuta configurabilità della forma di manifestazione del reato che abbiamo già definito come ingiuria reale (Sez. 1, n. 5074 del 21.9.1999, imp. Chioni, rv. 214423).

3. Infondato è ancora il terzo motivo di ricorso, relativo all’affermazione di responsabilità dell’imputato.

Il ricorrente denuncia violazione del principio della prova della responsabilità al di là del ragionevole dubbio nell’avere i giudici di merito pronunciato condanna sulla base delle sole e generiche dichiarazioni della parte offesa, nessun rilievo potendo essere attribuito alla deposizione del marito di quest’ultima, il quale riferiva quanto appreso dalla coniuge, e non essendovi peraltro prova della coscienza e volontà dell’imputato di dirigere espressioni offensive verso una persona presente.

La sentenza impugnata richiamava peraltro la motivazione della decisione di primo grado sulla concordanza delle dichiarazioni della S. e del marito, sulla diretta percezione da parte di quest’ultimo, dall’interno del proprio appartamento, delle espressioni ingiuriose profferite dall’imputato dalla vicina abitazione, e sull’inequivoca direzione verso la persona offesa delle espressioni stesse e del getto dell’urina, intenzionalmente diretto dal balcone dell’imputato verso la donna nel momento in cui la stessa si accingeva ad uscire dall’abitazione con il figlio. Il giudizio di merito è pertanto congruamente motivato sui punti oggetto del ricorso.

4. Infondato è infine il quarto motivo di ricorso, relativo al mancato riconoscimento delle esimenti della provocazione e della ritorsione.

Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non abbia valutato gli atti provocatori subiti dal B. prima dell’episodio contestato. A fronte della motivazione della decisione di primo grado, la quale, posto che le ingiurie verbali venivano espresse dall’imputato dopo che la S. aveva esposto sul proprio balcone la bandiera della pace e contenevano espressi riferimenti a tale circostanza, rilevava come quest’ultima non potesse essere qualificata come fatto ingiusto, i motivi di appello facevano tuttavia riferimento ad altri atti persecutori della persona offesa, non meglio specificati; allegazione la cui assoluta genericità giustifica la mancanza di rilievi della sentenza impugnata sul punto.

Essendone di conseguenza escluso il lamentato vizio motivazionale in ordine all’esimente della provocazione, analoga conclusione non può che essere formulata per l’ipotesi della ritorsione.

Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla è dovuto per spese alla parte civile, la quale non ha presentato conclusioni scritte.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *