Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-02-2011) 25-05-2011, n. 20860

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

l ricorso.
Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata A.I. veniva condannato alla pena di Euro 340 di multa per il reato di lesioni commesso in danno di B.A. in (OMISSIS) nell’ambito di una colluttazione sviluppatasi all’esterno di un locale dopo un diverbio nato all’interno di esso fra l’ A. ed il B..

Il ricorrente deduce violazione di legge in ordine all’esclusione della scriminante della legittima difesa.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Il ricorrente, premesso che l’invocata scriminante veniva esclusa con la sentenza impugnata in quanto l’atteggiamento dell’ A., fosse stato esso di proposta o di accettazione dell’uscita da locale, aveva concorso a creare il pericolo oggetto della ipotizzata reazione difensiva, ben prevedibile nella ragionevole prospettiva dello svilupparsi di una lite all’esterno, rileva che la necessaria sussistenza del presupposto negativo della non dipendenza del pericolo dalla volontà del soggetto agente veniva affermata da una risalente giurisprudenza ed è criticata dalla dottrina, in quanto elemento non previsto dall’art. 52 cod. pen., non incidente sulla necessità della reazione difensiva e sull’ingiustizia del fatto altrui, relativo ad una condotta precedente e distinta da quella contestata e neppure riconducibile alle ipotesi di actiones liberae in causa, oggetto di tassativa previsione ed insuscettibili di applicazione analogica.

In realtà, se è vero che fra gli elementi costitutivi della fattispecie scriminante di cui all’art. 52 cod. pen. non figura la condizione che il pericolo di offesa non sia stato volontariamente cagionato dal soggetto agente, è vero altresì che la configurabilità della causa di giustificazione richiede la costrizione del predetto ad agire per effetto della necessità di difendere il diritto da tale pericolo. Ebbene, non solo in una giurisprudenza consolidata e tutt’altro che risalente, ma anche nella più recente dottrina vi è il riconoscimento che l’accettazione della sfida altrui e, più in generale, l’agire nella ragionevole previsione di determinare l’altrui azione aggressiva, manifestano volontaria esposizione al pericolo; e che quest’ultimo atteggiamento, concettualmente ben distinto dalla volontaria causazione del pericolo, è incompatibile con lo stato costrittivo di cui sopra, e quindi ostativo alla ravvisabilità della scriminante in parola (Sez. 2, n. 13151 del 10.11.2000, imp. Gianfreda, Rv. 239205; Sez. 1, n. 9606 del 9.1.2004, imp. De Rosa, Rv.227222; Sez. 1, n. 2911 del 7.12.2007, imp. Marrocu, Rv. 239205).

Giuridicamente corretta e logicamente congrua è pertanto la motivazione della sentenza impugnata laddove esclude la sussistenza della scriminante in esame nella condotta dell’imputato, osservando come lo stesso aderisse, nell’uscire dal locale insieme al contendente, alla prospettiva dell’inevitabile scontro fisico che si andava profilando. In questo comportamento è invero presente la sostanziale accettazione della sfida proposta dall’avversario o, comunque, la consapevole esposizione alle conseguenze fisiche della lite; esso è pertanto dettato da una scelta volontaria del soggetto agente, e non dalla cogente necessita difensiva che si è visto essere presupposto indefettibile dalla scriminante invocata.

Il ricorso deve dunque essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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