Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-02-2011) 25-05-2011, n. 20856 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 23.11.09 la corte di appello di Roma ha confermato la sentenza 21.2.07 del tribunale di Viterbo con la quale I. M. era stato condannato alla pena di tre mesi di reclusione perchè ritenuto colpevole dei reati, uniti dal vincolo della continuazione, di minaccia aggravata dall’uso di coltello e dell’illecito porto dell’arma.

Lo I. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. vizio di motivazione in ordine al reato di minaccia, da ritenersi insussistente: dall’esame delle dichiarazioni testimoniali della persona offesa si ricava che questi non era stato intimidito dalla condotta del ricorrente, tanto che non presentò querela, dimostrando di non aver subito alcuna menomazione morale e psichica.

2. violazione di legge per mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione e per mancata applicazione dell’indulto.

Dalla data della consumazione della contravvenzione (29.6.04) è maturato il termine di prescrizione. Inoltre il giudice di appello ha errato perchè,oltre a non concedere la sospensione condizionale della pena, non ha dichiarato l’estinzione della pena ex L. n. 241 del 2006.

Il ricorso va parzialmente accolto.

Quanto alla censura sulla sussistenza del reato di minaccia grave, va rilevato che le argomentazioni dello I. si pongono in ingiustificato contrasto con consolidato e condivisibile orientamento interpretativo, secondo cui la norma che incrimina la condotta intimidatoria delinea un reato di pericolo,per la cui integrazione non è richiesto che il bene tutelato sia realmente leso, essendo sufficiente che il male prospettato possa incutere timore nel destinatario, menomandone la sfera di libertà psichica.

La contravvenzione è effettivamente estinta per prescrizione, essendo maturato il termine previsto dalla legge.

La pena va quindi ridotta, escluso l’aumento per la continuazione, in ordine al reato contravvenzionale, di quindici giorni di reclusione.

Quanto al mancato accoglimento della richiesta di applicazione della sospensione condizionale della pena, la motivazione della decisione del tribunale emerge in maniera netta dalle considerazioni sui precedenti penali e sulla personalità criminale del prevenuto, assolutamente incompatibili con la necessaria prognosi positiva sui suoi comportamenti futuri.

Quanto al motivo attinente alla mancata declaratoria di estinzione della pena per l’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006, è da escludere la fondatezza della censura di violazione di legge. Nel caso di omessa applicazione dell’indulto,da parte del giudice di cognizione, non vi è alcuna violazione di legge, qualora, come nel caso in esame, il beneficio non sia stato negato, ma sia stato implicitamente rinviato il relativo provvedimento alla sede esecutiva (sez. 6^, n. 2332 del 13.1.2004, in Cass. pen. 1995, 2927).

Sede naturale dell’applicazione dell’indulto è quella esecutiva, laddove è possibile il complessivo esame delle condanne e un’ unitaria applicazione del beneficio, da parte del giudice competente, senza incorrere negli errori realizzabili con la provvisoria decisione adottata in sede di cognizione.

La sentenza impugnata va quindi annullata limitatamente al reato contravvenzionale ed elimina l’aumento della pena, fissato a titolo di continuazione, nella misura di quindici giorni di reclusione.

Rigetta il ricorso nel resto.
P.Q.M.

Annulla l’impugnata sentenza senza rinvio, limitatamente al reato contravvenzionale ed elimina l’aumento relativo di pena di quindici giorni. Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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