Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-02-2011) 25-05-2011, n. 20974 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., con ordinanza del 3 giugno 2010, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. pen., emesso, su richiesta del Procuratore della Repubblica, dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale in data 13 maggio 2010, avente per oggetto il distributore di benzina con annesso bar e pertinente area di servizio in Contrada da Giudeo di Ardore (provincia di Reggio Calabria), nonchè l’intero patrimonio dell’impresa "Freedom Cafè s.a.s. di Antonio Pelle e Sebastiano Carbone & C", respingendo la richiesta di riesame avanzata dalla Regalgas s.r.l., in persona del suo legale rappresentante, G. M., diretta ad ottenere, come impresa estranea ai fatti contestati ed esclusiva proprietaria della predetta stazione di servizio, il dissequestro dei propri impianti, già gratuitamente ceduti in gestione alla Freedom s.a.s. in cambio dell’impegno di quest’ultima di acquistare prodotti forniti, in via esclusiva, dalla stessa Regalgas per il GPL e dalla società Esso per il gasolio e le benzine.

La misura cautelare reale si inserisce nel procedimento penale a carico dei presunti componenti dell’associazione di tipo mafioso, denominata cosca Pelle, tra cui P.G. (classe (OMISSIS)) col ruolo di dirigente e i suoi fratelli, P.S. e P. D., principali collaboratori nella gestione delle attività economiche di interesse del gruppo, e i più giovani omonimi figli dei predetti, P.A. (classe (OMISSIS)) e P.A. (classe (OMISSIS)), tutti sottoposti ad indagini per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. (capo A) e per il reato di trasferimento fraudolento di valori previsto dal D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-quinquies, conv., con mod., dalla L. 7 agosto 1992, n. 356 (capo D).

L’assunto accusatorio è ancorato alla riconosciuta esistenza e attività della cosca mafiosa "Pelle", dominante sui territori dei comuni di San Luca e Bovalino nella fascia ionica calabrese, e alleata di altre importanti consorterie ‘ndranghetistiche tra cui quella dei Ficara-Latella di Reggio Calabria e dei Morabito, secondo quanto sarebbe emerso dalle videoriprese eseguite all’esterno dell’abitazione di P.G., in Bovalino, e dalle intercettazioni di conversazioni tra presenti all’interno della medesima abitazione nei mesi da febbraio ad aprile del 2010.

Secondo l’ordinanza de qua, le indagini avevano consentito di individuare, in particolare, la tipologia e la consistenza delle attività economiche esercitate dai fratelli P.G., P. D. e P.S., schermati dai più giovani discendenti, P.A. (classe (OMISSIS)) e P.A. (classe (OMISSIS)), quest’ultimi formali intestatari delle imprese della cosca, essendo incensurati.

Si trattava, in particolare, della predetta stazione di rifornimento di carburanti in Ardore, formalmente gestita dalla "Freedom Cafè s.a.s. di Antonio Pelle e Sebastiano Carbone", ma di fatto diretta da P.D.; e della "Azzurra Costruzioni Geom. Pelle Antonio", impresa individuale per la lavorazione di inerti e calcestruzzi e la fabbricazione e ristrutturazione di edifici residenziali, di fatto gestita da P.S., secondo i risultati di intercettazioni telefoniche disposte anche in un diverso procedimento e acquisite agli atti.

Il carattere fittizio della "Freedom Cafè s.a.s.", costituita, secondo la contestazione cautelare, per eludere, nella gestione della stazione di servizio, le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali, emergeva dal fatto che P.A. (classe (OMISSIS)), figurante quale socio accomandatario e intestatario delle utenze di fornitura elettrica e telefoniche installate presso il medesimo distributore, all’epoca della costituzione dell’impresa, il 17 luglio 2009, non poteva avere la capacità finanziaria di versare la sua quota sociale, cosicchè i capitali di investimento erano stati chiaramente erogati, sotto il nome "pulito" del più giovane congiunto, dai fratelli P..

Il Tribunale ha, perciò, ravvisato nella "Freedom Cafè s.a.s." il corpo del reato di associazione di tipo mafioso, poichè la ‘ndrina Pelle si sarebbe avvalsa anche della predetta società per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o, comunque, il controllo delle attività economiche sul territorio, donde la ritenuta sussistenza dei presupposti della confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 416-bis c.p., comma 7; e ha aggiunto che i beni aziendali e patrimoniali della "Freedom Cafè", essendo serviti a commettere l’ulteriore reato di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12-quinquies, erano suscettibili di confisca anche ai sensi dell’art. 12-sexies della stessa legge, e, perciò, passibili di sequestro preventivo al fine di impedire che la loro libera disponibilità da parte degli indagati potesse aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito penale ovvero agevolare la reiterazione della condotta delittuosa.

Il Tribunale, in particolare, ha attribuito agli impianti per la distribuzione dei carburanti e al terreno su cui essi insistono, pur riconoscendone la formale proprietà della Regalgas s.r.l., il carattere di beni strumentali all’esercizio delle attività della Freedom Cafè s.a.s., e, come tali, presenti a pieno titolo nel patrimonio aziendale dell’impresa riconducibile ai P., donde la confermata misura reale anche su di essi, dovendo, secondo la testuale motivazione dell’ordinanza, "le ragioni civilistiche del formale proprietario soccombere rispetto alle esigenze generalpreventive" valutate dal giudice penale, "connesse all’interesse pubblicistico di impedire che la libera disponibilità dei beni in capo agli indagati possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito penale oppure agevolare la reiterazione della condotta delittuosa".

In merito alla pur dedotta, a cura della Regalgas, già avvenuta risoluzione automatica del "contratto di fornitura e convenzionamento" da essa stipulato con la Freedom Cafè nel settembre 2009, il Tribunale ha rinviato la ricorrente al giudice procedente per la dimostrazione dell’effettiva cessazione di ogni rapporto commerciale tra essa Regalgas e i P. di San Luca, e ha annotato che la gratuità della cessione del distributore alla Freedom Cafè s.a.s., indicata nel predetto contratto, era smentita dal contenuto delle intercettazioni in cui i P. affermavano di avere investito molti soldi nella realizzazione degli impianti di Ardore, precisando che dai documenti prodotti dalla stessa ricorrente emergeva che una parte dei lavori eseguiti per allestire la stazione di servizio era stata affidata dalla Regalgas proprio alla società edile "Azzurra Costruzioni" dei fratelli P., e che il gestore del distributore di Ardore, riportato nell’elenco degli impianti facenti capo alla medesima Regalgas, era espressamente indicato nella persona di P.D., esponente di spicco dell’omonima cosca.

Secondo il Tribunale sussisterebbero, dunque, tutti i presupposti e, segnatamente, il fumus commissi delicti e il periculum in mora (quest’ultimo, peraltro, richiesto solo con riguardo alle cose non confiscabili) per confermare il disposto sequestro preventivo anche degli impianti e del terreno della stazione di servizio di proprietà della Regalgas.

2. Avverso la predetta ordinanza, notificata il 17 settembre 2010, G.M. ha proposto tempestivo ricorso, in proprio e quale legale rappresentante della Regalgas s.r.l., tramite il difensore e procuratore speciale, avvocato Ones Benintende, deducendo violazione di legge per inosservanza dell’art. 240 cod. pen. e dell’art. 321 c.p.p., art. 324 c.p.p., comma 8 e art. 125 c.p.p., comma 3. 2.1 Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. e art. 240 cod. pen., per difetto dei presupposti e delle condizioni di legge del disposto sequestro, protestando la totale estraneità della Regalgas s.r.l. ai reati provvisoriamente contestati ai presunti componenti della cosca Pelle, e la reale esclusiva proprietà, in capo alla stessa Regalgas, come da contratto stipulato il 1 febbraio 2007, dell’area e degli impianti della stazione di servizio in Ardore, i quali non costituirebbero cose pertinenti al reato di associazione per delinquere di tipo mafioso nè oggetto di trasferimento fraudolento di valori, sia perchè soltanto l’attività della Freedom Cafè s.a.s., impresa facente capo agli indagati e già oggetto di sequestro, sarebbe funzionale, secondo la stessa impostazione accusatoria, all’illecita attività economica della cosca Pelle; sia perchè avendo la Regalgas, a seguito delle misure cautelari anche personali adottate nei confronti degli amministratori della Freedom Cafè, risolto automaticamente il contratto con quest’ultima stipulato il 22 settembre 2009 in applicazione di specifica clausola contrattuale, l’attività di rifornimento di carburante e l’esercizio dell’annesso locale, adibito a bar, non potrebbero più essere gestiti dalla detta Freedom, tant’è vero che la Regalgas, oggi, fornisce direttamente ai custodi e amministratori giudiziari dei beni e attività sequestrati i carburanti di cui fanno richiesta.

In ogni caso, ove fosse stata contestata la proprietà dell’area e degli impianti in capo alla Regalgas, il giudice del riesame avrebbe dovuto rinviare la decisione della controversia al giudice civile, a norma dell’art. 324 c.p.p., comma 8, e il non averlo fatto integra un ulteriore motivo di violazione di legge denunciato dal ricorrente.

2.2. Con il secondo motivo il G. denuncia violazione di legge per motivazione inesistente o meramente apparente dell’impugnata ordinanza, che avrebbe omesso alcuna risposta ai puntuali e documentati motivi proposti a sostegno del ricorso per riesame e, in particolare, non avrebbe esaminato:

– il motivo attinente alla proprietà esclusiva, di diritto e di fatto e giammai fittizia, del terreno sito in Ardore, Contrada da Giudeo, in capo alla Regalgas s.r.l., come da prodotto atto notarile di acquisto in data 1 febbraio 2007;

– il motivo relativo alla proprietà esclusiva, di fatto e di diritto, del distributore Esso insistente sul medesimo terreno, pure documentalmente dimostrata dalla Regalgas, società petrolifera che commercializza gas, gpl e carburanti per autotrazione, con sede in Sicilia, nel cui gruppo sono comprese le società Jonica gas s.r.l., Salentina gas s.r.l., Calor gas service s.r.l. e Savecar s.r.l., tutte con sedi legali in Sicilia e con stazioni di servizio nell’Italia meridionale;

– il motivo afferente alla trasparenza del contratto stipulato dalla Regalgas con la Freedom Cafè, analogo a tutti i numerosi contratti conclusi dalla stessa società con le altre imprese che gestiscono i suoi numerosi impianti (30 distribuiti su tutto il territorio nazionale), nel pieno rispetto del decreto legislativo 11 febbraio 1998 n. 32 che prevede la cessione gratuita di tutte le attrezzature fisse e mobili, con la contestuale stipula di un contratto di somministrazione dei carburanti per una durata non inferiore a sei anni;

– il motivo attinente ai rapporti tra la Regalgas e la Freedom Cafè, che sarebbero stati puramente formali e non dissimili da quelli instaurati con tutte le altre imprese gestrici, senza alcuna telefonata sospetta o altro tipo di contatto illecito captato tra il G. e gli indagati, nell’ambito delle pur lunghe e articolate intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno caratterizzato l’indagine a carico della cosca Pelle;

– il motivo relativo alla piena legittimità della procedura seguita dalla Regalgas prima della stipulazione del contratto con la Freedom Cafè, contraddistinta dall’acquisizione della licenza di esercizio per la gestione dell’impianto di distribuzione di Ardore, rilasciata alla Freedom dall’Ufficio delle Dogane di Reggio Calabria, della documentazione antimafia dei soci e dei certificati del casellario giudiziale e carichi pendenti degli stessi.

Il Tribunale avrebbe, inoltre, ignorato la copiosa documentazione prodotta dalla ricorrente a dimostrazione degli impegni economici assunti in piena autonomia per rendere agibile l’impianto in Ardore, avendo la Regalgas contratto un oneroso contratto di locazione finanziaria per l’importo complessivo di oltre trecentoventi milioni di vecchie lire, funzionale all’acquisto dei macchinari e alla costruzione dell’impianto, per cui tuttora paga rate mensili di ammortamento all’istituto di credito erogatore Monte dei Paschi di Siena.

La tesi del Tribunale troverebbe, infine, clamorosa smentita nella circostanza che gli stessi amministratori e custodi giudiziari dei beni sequestrati hanno chiesto ed ottenuto proprio dalla Regalgas la fornitura di carburante, come da documentazione allegata, ciò che dimostrerebbe l’estraneità della ricorrente ad ogni ipotesi di illecita condotta e anche l’impossibilità che la disponibilità del terreno e dell’impianto, da parte della Regalgas, possa costituire pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato, ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti, come apoditticamente affermato dal giudice del riesame.

In sintesi, la motivazione del Tribunale del riesame sarebbe, da un lato, inesistente per l’omessa risposta agli specifici rilievi sopra indicati, e, dall’altro lato, puramente apparente laddove afferma che i beni della Regalgas sono strumentali all’esercizio dell’attività della Freedom, già esclusa dalla gestione dell’impianto sia in forza del provvedimento di sequestro che la riguarda, sia in virtù della risoluzione automatica del contratto di gestione comunicatale dall’ignara e incolpevole Regalgas.

Nel corso dell’udienza il difensore del ricorrente ha depositato nuovi motivi nei quali ribadisce la violazione dell’art. 321 c.p.p. e art. 324 c.p.p., comma 8, e dell’art. 240 cod. pen., e il difetto assoluto di motivazione dell’ordinanza impugnata, sottolineando che i nominati custodi e amministratori giudiziari della Freedom Cafè s.a.s., previa autorizzazione del Giudice per le indagini preliminari, continuano a mantenere regolari rapporti con la Regalgas, legittima proprietaria dell’impianto, che fornisce loro i carburanti, pagando direttamente alla stessa Regalgas il prezzo di essi, che, dal settembre 2010 (data di riapertura dell’impianto) ad oggi, ha raggiunto l’ingente somma complessiva di Euro 2.097.564,70, di cui Euro 1.914.739,10 già pagati tramite bonifici bancari e/o assegni circolari, come da documenti allegati ai nuovi motivi.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è fondato.

Va premesso che oggetto del sequestro preventivo può essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato – purchè esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (Sez. 5, n. 11287 del 22/01/2010, dep. 24/03/2010, Corlone, Rv. 246358, e Sez. 4, n. 32964 del 01/07/2009, dep. 12/08/2009, Duranti, Rv. 244797).

L’ordinanza impugnata motiva solo apparentemente la conferma del vincolo cautelare sul terreno e gli impianti di proprietà della Regalgas s.r.l., estranea alle ipotizzate fattispecie criminose, destinati all’esercizio dell’attività commerciale della Freedom Cafè s.a.s., poichè, da un lato, sottolinea la strumentalità di essi alla protrazione dell’attività economica attribuita agli indagati per associazione di tipo mafioso cui farebbe capo la sola Freedom s.a.s., ciò che è in radice escluso dal disposto sequestro di quest’ultima società i cui amministratori giudiziari, giusta autorizzazione del Giudice per le indagini preliminari, continuano ad acquistare i carburanti dalla stessa Regalgas, la quale ha comunque già unilateralmente risolto il contratto stipulato il 22 settembre 2009 con la Freedom in applicazione dell’art. 11 di esso; e, dall’altro lato, adombra collusioni tra la Regalgas e i fratelli P., presunti imprenditori occulti tramite la Freedom, senza che di esse sussistano indizi alcuni, tant’è vero che la Regalgas, in persona del suo amministratore unico, non è stata sottoposta ad indagini per alcuna ipotesi di reato nel procedimento di interesse o in altro allo stesso connesso o collegato, ma, al contrario, continua ad essere l’autorizzata e remunerata fornitrice dei carburanti ai custodi e amministratori giudiziari della Freedom in sequestro.

L’ordinanza impugnata omette, inoltre, totalmente la motivazione su censure di rilevanza decisiva a sostegno della totale indipendenza tra la proprietà della Regalgas sugli impianti e l’area destinati alla stazione di servizio e l’attività della Freedom Cafè quale società di mera gestione della medesima stazione, ignorando la copiosa documentazione al riguardo prodotta, come da deduzioni e allegazioni già tempestivamente svolte nella richiesta di riesame al Tribunale distrettuale e puntualmente richiamate nel precedente paragrafo 2.2 di questo provvedimento.

4. Sussiste, dunque, il denunciato vizio di violazione di legge per inosservanza, innanzitutto, dell’art. 125 c.p.p., comma 3, che impone, a pena di nullità, la motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, in conformità della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio, ammesso solo per violazione di legge, comprende sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (c.f.r., ex multis, Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, dep. 11/11/2009, Bosi, Rv.

245093).

5. Segue l’annullamento dell’ordinanza impugnata senza rinvio, essendo superfluo un nuovo esame da parte del giudice di merito in considerazione dei documentati rilievi della ricorrente sopra analiticamente esposti, che, evidenziando la totale estraneità della Regalgas alla presunta attività illecita dei preposti alla Freedom Cafè s.a.s., escludono la ricorrenza dei presupposti del disposto sequestro preventivo come in premessa enunciati.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonchè il provvedimento di sequestro del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria del 13 maggio 2010 nei confronti della Regalgas s.r.l. e manda la cancelleria per l’immediata comunicazione, ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen., al Procuratore generale presso questa Corte perchè dia i provvedimenti occorrenti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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