T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 25-05-2011, n. 4692 U. S. L. inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – I ricorrenti impugnano- iure proprio o iure successionis, così come indicato in epigrafe – la delibera del Direttore generale della Azienda USL Roma A n. 1982 del 5 luglio 1995, che ha annullato le pregresse delibere della USL RM/4 n. 727 del 15 luglio 1986 e n. 768 del 31 luglio 1986 e della USL RM/2 n 985 del 9 giugno 1988, con le quali i ricorrenti, o i loro danti causa (cui parte degli attuali ricorrenti sono succeduti), erano stati inquadrati al settimo livello retributivo; e li ha altresì inquadrati al sesto livello, disponendo il recupero dei maggiori emolumenti percepiti.

Sono altresì impugnate la nota del Ministero del Tesoro n. 5286/1339 del 21 aprile 1995 e la nota dell’Assessorato alla sanità della Regione Lazio n. 716 del 12 maggio 1995, sulle quali fonda l’atto impugnato in via principale.

I ricorrenti chiedono altresì che sia dichiarato il loro diritto al mantenimento dell’inquadramento nel settimo livello distributivo e, comunque, alla conservazione del trattamento economico ricevuto per l’annullato inquadramento nel settimo livello.

I motivi di ricorso sono così rubricati.

1) Violazione dell’articolo 116 del D.P.R. n. 270/1987, dell’articolo 28 della legge n. 128/1990 e dei principi generali vigenti in materia di annullamento d’ufficio di atti amministrativi. Eccesso di potere per illogicità, errata valutazione dei presupposti, contraddittorietà, ingiustizia manifesta. Difetto di motivazione;

2) Violazione dei principi generali vigenti in materia di annullamento d’ufficio di atti amministrativi. Eccesso di potere per illogicità, errata valutazione dei presupposti, contraddittorietà, ingiustizia manifesta. Difetto di motivazione;

3) Violazione dei principi generali vigenti in materia di annullamento d’ufficio di atti amministrativi in relazione all’articolo 2126 del codice civile e all’articolo 36 della Costituzione. Eccesso di potere per illogicità, errata valutazione dei presupposti, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, difetto di motivazione;

4) Violazione della legge n. 70/1975, della legge n. 833/1978, del D.P.R. n. 761/1979, della legge n. 93/1983, del D.P.R. n. 348/1983, della legge n. 241/1990 e dei principi generali vigenti in relazione agli articoli 3, 35, 36 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per illogicità, errata valutazione dei presupposti, ingiustizia manifesta, difetto di motivazione.

Col ricorso sono stati depositati documenti.

In data 10/08/95 si è costituita l’Azienda Unità sanitaria locale Roma A (ex RM/1 e RM/2), che ha successivamente depositato una memoria e documenti.

In data 12/08/95 si è costituito il Ministero del Tesoro.

Con atto ritualmente notificato, e depositato in data 11/09/95, sono stati proposti, avverso i medesimi atti oggetto del ricorso introduttivo, i seguenti motivi aggiunti:

1) Violazione dell’articolo 116 del D.P.R. n. 270/1987 e dell’articolo 28 della legge n. 128/1990. Eccesso di potere per omessa valutazione dei presupposti, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, difetto di motivazione;

2) Violazione delle norme e principi generali vigenti in materia. Eccesso di potere per omessa valutazione dei presupposti, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, difetto di motivazione.

In data 06/03/97 si è costituita la Regione Lazio.

In data 12/03/10 si sono costituiti D.C., L.L., L.M., L.R. (in veste di eredi dell’originario ricorrente L.S.).

In data 18/03/10 si sono costituiti C.M.T., C.C., C.M., C.P., C.C., (in veste di eredi dell’originario ricorrente C.R.).

In data 15/04/10 sono costituiti G.L., G.P., B.M. (in veste di eredi dell’originario ricorrente G.A.).

L’Azienda Unità sanitaria locale Roma A ha depositato una memoria in data 11/06/10.

I ricorrenti hanno depositato una memoria in data 18/06/10.

Il Ministero del Tesoro ha depositato documenti in data 14/12/10.

2. – Con ordinanza n. 2007 del 24/08/95 l’istanza cautelare inserita in ricorso è stata accolta limitatamente al recupero delle somme percepite in più dai ricorrenti.

Su appello dei ricorrenti il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 1754/1995, in riforma dell’ordinanza impugnata, ha accolto senza alcuna limitazione la suddetta istanza cautelare.

La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 16 febbraio 2010.
Motivi della decisione

Il gravame è in parte infondato e in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

1.0 – Il ricorso e i successivi motivi aggiunti impugnano- iure proprio o iure successionis, così come indicato in epigrafe – la delibera del Direttore generale della Azienda USL Roma A n. 1982 del 5 luglio 1995, che ha annullato le pregresse delibere della USL RM/4 n. 727 del 15 luglio 1986 e n. 768 del 31 luglio 1986 e della USL RM/2 n 985 del 9 giugno 1988, con le quali i ricorrenti, o i loro danti causa (cui parte degli attuali ricorrenti sono succeduti), erano stati inquadrati al settimo livello retributivo; e li ha altresì inquadrati al sesto livello, disponendo il recupero dei maggiori emolumenti percepiti.

Sono altresì impugnate la nota del Ministero del Tesoro n. 5286/1339 del 21 aprile 1995 e la nota dell’Assessorato alla sanità della Regione Lazio n. 716 del 12 maggio 1995, sulle quali fonda l’atto impugnato in via principale.

I ricorrenti chiedono altresì che sia dichiarato il loro diritto al mantenimento dell’inquadramento nel settimo livello distributivo e, comunque, alla conservazione del trattamento economico ricevuto per l’annullato inquadramento nel settimo livello.

1.1 – Sia il ricorso introduttivo che i motivi aggiunti lamentano in primo luogo che l’adozione del provvedimento di autotutela era preclusa dal mancato pronunciamento della Commissione di cui all’articolo 116 ("Particolari casi di inquadramento") del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270 ("Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 19851987, relativa al comparto del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale").

La censura è infondata.

Come correttamente rilevato dalla memoria depositata in data 11 giugno 2010 dalla Azienda Unità sanitaria locale Roma A gli inquadramenti annullati dall’impugnato provvedimento sono rispettivamente datati 15 luglio 1986, 31 luglio 1986, 9 giugno 1988, e dunque non sono ricompresi nella disposizione invocata (integrata dal successivo articolo 28 della legge 31 maggio 1990, n. 128), poiché essa si riferisce "agli inquadramenti e alle promozioni conferiti in data successiva a quella di emanazione del decreto del Presidente dellaRepubblica 20 dicembre 1979, n. 761, ed anteriori al 1 gennaio 1986".

1.2 – Un’ulteriore censura del ricorso introduttivo lamenta che i rilievi della nota del Ministero del Tesoro n. 5286/1339 del 21 aprile 1995 e della nota dell’Assessorato alla sanità della Regione Lazio n. 716 del 12 maggio 1995 (sulle quali fonda l’atto impugnato in via principale e che sono pure oggetto di impugnazione) non imponevano automaticamente l’annullamento dei precedenti provvedimenti, adottati molto anni prima (da nove a sette anni).

Il rilievo è infondato.

Il permanere degli illegittimi atti di inquadramento, col connesso trattamento economico più elevato per i beneficiari, comportava un danno erariale, come risulta dai giudizi dalle pronunce della Corte dei conti, in atti, e dunque doverosamente l’Amministrazione si è attivata per eliminare quel danno all’Erario.

Inoltre – anche a prescindere dal qualificare o meno come risalente il periodo da nove a sette anni indicato dai ricorrenti – i solleciti dell’Amministrazione ad esercitare l’autotutela sono stati emessi molto prima. Infatti, come risulta dalla impugnata delibera n. 1982/1995, risultano inviti "a adottare i conseguenti provvedimenti di autotutela" già con note dell’Assessore regionale alla sanità prot. n. 1144 del 3 febbraio 1993 e prot. n. 2216 del 15 marzo 1993.

1.3 – Aggiunge il ricorso che i ricorrenti svolgevano le funzioni proprie del settima livello loro attribuito e quindi l’esborso di carattere continuativo da parte dell’Amministrazione non era senza titolo ma costituiva normale corrispettivo del lavoro prestato.

Anche questa censura va respinta.

A prescindere da altre considerazioni in diritto quanto, asserito dai ricorrenti risulta infondato in fatto in base alle sentenze della Corte dei conti riferite nella memoria depositata dalla Azienda Usl RM/ 4 in data 11 giugno 2010.

In particolare, la sentenza della Sezione III giurisdizionale centrale d’appello dalla Corte afferma, con asserzione che questo Collegio condivide per quanto attiene alla propria giurisdizione, che i ricorrenti, pur sempre in possesso di un bagaglio di conoscenze delle attività proprie della struttura in cui erano inseriti, bagaglio di cui si è avvalsa l’Amministrazione, hanno fornito un apporto di valore professionale inferiore a quello per il quale erano retribuiti in base all’illegittimo inquadramento, essendo certamente privi del requisito professionale richiesto dall’articolo 64 (Tabelle di equiparazione) del citato D.P.R. n. 761/1979.

1.4.0 – Il ricorso lamenta altresì che la delibera impugnata ha completamento omesso la necessaria valutazione ed esternazione della particolare posizione dei ricorrenti e, quindi, delle ragioni di pubblico interesse attuale all’annullamento delle suddette delibere. E lamenta anche – ribadito nei motivi aggiunti – che il disposto recupero delle differenze retributive erogate, riferito a mansioni superiori effettivamente svolte, è illegittimo perché in violazione degli artt. 2126 e 2103 del Codice civile e l’art. 36 della Costituzione.

Queste censure sono:

– infondate con riferimento al periodo anteriore all’impugnata delibera n. 1982/1995;

– improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse quanto al periodo successivo all’atto impugnato (fatti salvi, quanto al periodo precedente alla suddetta delibera n. 1982/1995, i dovuti calcoli e recuperi delle differenze retributive illegittimamente erogate).

1.4.1 – Relativamente al periodo anteriore all’atto impugnato è sufficiente fare rinvio a principi ormai pacifici in materia, e conseguentemente affermare che:

– non vi è obbligo di specifica motivazione per il recupero di emolumenti non dovuti, e vi è rilevanza della buona fede dei percettori soltanto ai fini della modalità di esecuzione del recupero delle somme indebitamente percepite (v. da ultimo T.a.r. EmiliaRomagna, Parma, 9 febbraio 2010, n. 51);

– incontestatamente, non vi sono nella fattispecie i presupposti per il trattamento maggiorato per mansioni superiori (esistenza di un posto in organico vacante; conferimento formale dell’incarico su posto vacante mediante un atto deliberativo dell’organo competente; protrarsi delle suddette mansioni per un periodo eccedente i sessanta giorni nell’anno solare (art. 29 del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761): v. T.a.r. Sardegna 22 ottobre 2010, n. 2313);

– in ogni caso, non è applicabile alla fattispecie l’articolo 2041 del codice civile in tema di ingiustificato arricchimento (v. C.d.S., Sez. VI, 27 luglio 2010, n. 4880).

1.4.2 – Relativamente al periodo successivo all’atto impugnato si osserva invece che l’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato n. 1754/1995, la quale nel presente ricorso ha accolto l’appello cautelare e per l’effetto, in riforma dell’ordinanza cautelare n. 2007/1995 emessa in primo grado da questo T.a.r., ha accolto senza alcuna limitazione l’istanza di sospensiva proposta nei confronti delibera n. 1982/1995 in epigrafe.

Conseguentemente i ricorrenti da quella data – sia pure per effetto di un provvedimento giurisdizionale interinale – hanno rivestito ed espletato le mansioni della settima qualifica.

Essi inoltre alla data odierna sono (come concordemente affermato nelle memorie di entrambe le parti) tutti collocati a riposo o deceduti.

Ne consegue che i ricorrenti quanto al periodo ora in esame – dalla impugnata delibera n. 1982/1995 alla cessazione dal servizio (per pensionamento o decesso) – hanno espletato legittimamente (perché in forza di provvedimento del giudice) le mansioni della settima qualifica e percepito, altrettanto legittimamente, il relativo trattamento economico; sicché non hanno più interesse a una pronuncia del giudice sulla presente censura.

Ciò beninteso fatti salvi, quanto al periodo precedente alla suddetta delibera n. 1982/1995, i dovuti calcoli e recuperi delle differenze retributive illegittimamente erogate ai ricorrenti anteriormente a quella impugnata delibera. Essa infatti – considerata l’infondatezza delle censure sopra considerate, nonché l’infondatezza della successiva ed ultima censura, che verrà tra breve considerata nel capo 1.5 che segue – risulta legittimamente adottata.

1.5 – Da ultimo il ricorso sostiene che le delibere di inquadramento annullate dalla impugnata delibera n. 1982/1995 erano invece legittime perché, al di là delle astratte previsioni della tabella allegata al D.P.R. n. 761/1979, era necessario considerare la particolare situazione determinatasi riguardo al trattamento economico dei ricorrenti.

La censura è infondata poiché quella particolare situazione era conseguenza delle illegittime delibere di inquadramento, non già loro presupposto legittimante.

2. – Il gravame, in conclusione:

– va respinto quanto alle censure sull’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione;

– va respinto quanto alla asserita legittimità degli inquadramenti annullati;

– va respinto quanto alle censure che invocano, relativamente al periodo anteriore all’atto impugnato, gli articoli 2126 e 2103 del codice civile e l’articolo 36 della Costituzione;

– va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse quanto al periodo successivo alla impugnata delibera n. 1982/1995; fatti salvi, quanto al periodo precedente alla suddetta delibera n. 1982/1995, i dovuti calcoli e recuperi delle differenze retributive illegittimamente erogate ai ricorrenti anteriormente all’atto impugnato.

Quanto alle spese di giudizio la vicenda concreta giusti motivi perché, ai sensi dell’articolo 92 del codice di procedura civile, esse siano compensate.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale, definitivamente pronunciando sul gravame in epigrafe, in parte lo respinge e in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, così come precisato nel capo 2 della presente sentenza.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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