Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 25-05-2011, n. 20954

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 10 giugno 2009 il Tribunale di Lecce, Sezione distaccata di Galatina, in composizione monocratica, ha dichiarato T.A. responsabile della contravvenzione di cui all’art. 81 c.p. e art. 659 c.p., comma 1, perchè, nella qualità di titolare del disco pub Bloom di (OMISSIS), in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, aveva disturbato – mediante rumori molesti, prodotti in tempo notturno dal volume alto della musica e dagli schiamazzi provocati dagli avventori del locale – il riposo di L.M. G. e del suo nucleo familiare, e, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, l’ha condannato alla pena di Euro trecento di ammenda e al risarcimento dei danni in favore della parte offesa costituita parte civile, quantificati secondo equità in Euro cinquemila.

2. L’imputato ha proposto appello avverso detta sentenza, chiedendo l’assoluzione e la revoca della condanna al risarcimento dei danni, sotto i seguenti profili:

a) la sua responsabilità era stata affermata sulla base delle testimonianze della parte offesa e dei carabinieri R.C., G.F. e C.P.;

– ignorandosi le risultanze dell’indagine fonometrica compiuta, nel corso delle indagini preliminari, su richiesta dei carabinieri della Stazione di Soleto, da due tecnici dell’ARPA Puglia presso l’abitazione della parte offesa, posta di fronte alla discoteca Bloom;

– trascurandosi la deposizione di uno dei due tecnici dell’ARPA, che aveva condotto la verifica a sorpresa tra le ore 21 del 18 novembre 2006 (sabato) e le ore 1,00 del giorno successivo a finestre aperte e a finestre chiuse;

– omettendosi di rilevare l’effettivo contenuto delle dichiarazioni dei carabinieri G. e C. in merito al rumore della musica proveniente dall’interno del locale, percepito solo dall’esterno dell’auto;

b) all’affermazione di responsabilità, compiuta prescindendo dall’analisi delle effettive risultanze dell’istruttoria dibattimentale, il Tribunale era pervenuto valorizzando le dichiarazioni della parte offesa, costituitasi parte civile e quindi interessata all’esito del procedimento penale, recependo acriticamente quanto dichiarato dal carabiniere R., intervenuto presso la discoteca dopo la data dell’accertamento del reato, e non considerando che la discoteca Bloom non era l’unico locale esistente vicino alla casa della parte offesa, peraltro sita nella parte centrale del paese a poca distanza anche dalla villa comunale.

3. Con ordinanza in data 11 giugno 2009 la Corte d’appello di Lecce, rilevata l’inappellabilità della sentenza di condanna per la quale era stata applicata la sola pena dell’ammenda e ritenuta l’astratta valenza dell’impugnazione quale ricorso per cassazione, ha disposto la trasmissione degli atti a questa Corte.

4. Con memoria depositata in data 8 gennaio 2011, T.A., richiamandosi all’appello già proposto, ha dedotto, per le argomentazioni con lo stesso già svolte, la non corretta valutazìone delle risultanze processuali, l’errata applicazione e inosservanza di legge, la mancanza della motivazione su punto decisivo della causa e la sua manifesta illogicità, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).
Motivi della decisione

1. Il gravame proposto non merita accoglimento.

2. E’ consolidato orientamento di questa Corte che per la configurabilità della contravvenzione prevista dall’art. 659 c.p., comma 1, contestata all’imputato, è necessario che le emissioni sonore rumorose siano potenzialmente idonee a disturbare il riposo o le occupazioni di un numero indeterminato di persone, anche se non tutte siano state poi in concreto disturbate e una sola di esse si sia in concreto lamentata (tra le altre, Sez. 3, n. 27366 del 23/05/2001, dep. 06/07/2001, Feletto, Rv. 219987; Sez. 1, n. 40393 del 08/10/2004, dep. 14/10/2004, P.G. in proc. Squizzato, Rv. 230643;

Sez. 3, n. 3678 del 01/12/2005, dep. 31/01/2006, Giusti, Rv. 233290;

Sez. 1 n. 246 del 13/12/2007, dep. 07/01/2008, Guzzi e altro, Rv.

238814, e, da ultimo, Sez. 1, n. 43469 del 06/10/2010, dep. 09/12/2010, T.L., non massimata).

Ai fini della configurabilità dell’indicato reato l’attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica fonometrica, ma ben può fondare il giudice il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura acquisiti agli atti, quali le dichiarazioni di coloro che siano in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti che per le modalità di uso e di propagazione la fonte sonora emetta rumori fastidiosi di intensità tale da superare i limiti di normale tollerabilità, riferita alla media sensibilità delle persone che vivono nell’ambiente, in contrasto con la tutela della tranquillità pubblica costituzionalmente protetta (Sez. 1, n. 3261 del 23/02/1994, dep. 18/03/1994, Floris, Rv. 199107; Sez. 1, n. 5215 del 07/04/1995, dep. 09/05/1995, Silvestro, Rv. 201195; Sez. 1, n. 7042 del 27/05/1996, dep. 11/07/1996, Fontana, Rv. 205324 Sez. 1, n. 24503 del 09/06/2010, dep. 30/06/2010, C.A., non massimata).

3. Di tali principi, condivisi dal Collegio, ha fatto corretta applicazione il primo giudice, che, motivatamente richiamate le risultanze probatorie rappresentate dalle dichiarazioni della parte lesa e degli operanti, che hanno effettuato gli accertamenti, e valutata complessivamente la condotta dell’imputato, titolare del disco pub Bloom, ha evidenziato in punto di fatto, adeguatamente e senza illogicità, che i rumori molesti, determinati di notte dal volume alto della musica proveniente dal detto esercizio commerciale e dagli schiamazzi dei suoi avventori, avevano la caratteristica della diffusività e della obiettiva idoneità a recare disturbo a un numero indeterminato di persone, stante le diverse lamentele della persona offesa e di altri vicini di casa, esternate ai Carabinieri della locale Stazione, e le riferite percezioni dei rumori e suoni notturni.

4. Il T., che ha lamentato l’omessa analisi delle effettive risultanze dell’istruttoria dibattimentale, ha svolto censure, che si risolvono in critiche in linea di fatto e di puro merito, coerenti con la loro origine contenutistica di motivi di appello, non traducibili in motivi di ricorso con il mero riferimento in memoria ai vizi deducibili in questa sede ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

Tali doglianze, attenendo alla ricostruzione della vicenda, alla valutazione della specifica consistenza dei fatti e alla selezione delle prove che il giudice di merito ha ritenuto rilevanti per enucleare gli elementi significativi per la decisione, e suggerendo una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite, partono dall’equivoco di fondo di ritenere che, con il giudizio di cassazione, si possa accedere al secondo grado di merito, escluso nel caso di specie dalla previsione normativa dell’art. 569 c.p.p., comma 3, e che la verifica di questa Corte sulla correttezza della motivazione si identifichi con un’alternativa lettura di dati fattuali e di atti probatori, alla luce di diversi parametri valutativi, ritenuti dotati di migliore capacità esplicativa a favore della tesi difensiva.

4.1. Nè l’appellante-ricorrente, che ha dedotto l’incompatibilità della decisione con altri atti del processo e ha addotto che detti atti sono contrastanti con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti e della responsabilità, ha assolto l’onere di sostenere la validità del suo assunto mediante l’allegazione all’atto di impugnazione dei documenti, la cui compiuta valutazione assume essere stata omessa o travisata, o mediante l’integrale trascrizione nell’atto del loro contenuto, dal momento che – in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, già elaborato dalle Sezioni civili (da ultimo, Sez. 3, n. 18375 del 07/07/2010, dep. 06/08/2010) e recepito e applicato anche in sede penale con giurisprudenza costante (tra le altre Sez. 1, sent. 6112 del 22/01/2009, dep. 12/02/2009, Rv. 243225) – deve ritenersi preclusa a questa Corte la ricerca autonoma e diretta degli atti del processo.

Nè riguardo a tali atti è stato indicato con la necessaria specificità la ragione, neppure desumibile dai brevi stralci riportati nell’atto di impugnazione, per la quale gli stessi possano avere l’effetto di inficiare o compromettere in modo decisivo la tenuta logica e l’interna coerenza della motivazione, essendo evidente che il controllo del giudice di legittimità sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente concernenti "atti del processo", per sua natura, è destinato a tradursi – anche a fronte di una pluralità di deduzioni connesse a diversi "atti del processo" – in una valutazione, di carattere necessariamente unitario e globale, sulla reale "esistenza" della motivazione e sulla permanenza della "resistenza" logica del ragionamento del giudice.

4.2. Tuttavia, anche le questioni, che si assumono essere fondate su detti atti e non essere state espressamente confutate, non sono conducenti a contrastare il discorso giustificativo della decisione.

Il riferimento ai limiti di rumorosità delle emissioni sonore fissate per legge riguarda, infatti, esclusivamente le situazioni di emissione prodotta da attività professionale, commerciale o imprenditoriale rumorosa, pacificamente diversa da quella della situazione in esame, non essendo la gestione di un locale bar- discoteca di per sè rumoroso, ove gestito con il doveroso rispetto (tra le altre, Sez. 1, n. 11310 del 26/02/2008, dep. 13/03/2008, Fresina, Rv. 239165; Sez. 1, n. 48122 del 03/12/2008, dep. 24/12/2008, Baruffaldi, Rv. 242808), e non rileva ai fini della contravvenzione contestata, posto che il riferimento imposto dall’art. 659 c.p., comma 1, non è al superamento di un limite di legge, ma a criteri di normale sensibilità e tollerabilità in un determinato contesto socio-ambientale.

L’accertamento acustico, operato dai tecnici dell’ARPA, in quanto accertamento di carattere amministrativo, trasfuso in atto pubblico, non ha, inoltre, valore peritale ed è come tale liberamente valutabile dal giudice, che può basarsi su altri elementi probatori acquisiti agli atti per ritenere i rumori non connaturati al normale esercizio dell’attività lavorativa e al normale uso dei suoi mezzi tipici, e causa di disturbo della quiete, a prescindere dalla conoscenza dei decibel raggiunti.

Inconducente sulla resistenza logica della motivazione è anche la pretesa mancanza di prova che il rumore fosse attribuibile proprio al locale dell’imputato quando tutti gli accertamenti si sono focalizzati su tale problematica, che il giudice del merito ha ritenuto del tutto pacifica.

5. Il gravame è dunque infondato in ogni sua deduzione.

Alla sua completa reiezione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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