Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-05-2011) 26-05-2011, n. 21299 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

n è comparso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale del riesame di Venezia rigettava il ricorso proposto da K.F. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in relazione ai delitti di omicidio di un connazionale e di lesioni gravi ai danni di un altro. Osservava che nessun fondamento aveva la deduzione di nullità per violazione del diritto di difesa per non aver potuto consultare gli atti, visto che di una richiesta in tal senso e di un diniego non vi era traccia nel verbale a differenza di altre istanze regolarmente verbalizzate. I gravi indizi a carico dell’indagato erano costituiti dalle dichiarazioni di testi oculari e della vittima delle lesioni dalle quali era emerso che il fatto si collocava in una guerra tra bande di extracomunitari, giunta alla resa dei conti, tanto che i contendenti erano giunti all’appuntamento gli uni armati di bastoni di legno ricavati dalle gambe di una sedia e gli altri con uno spray urticante, bottiglie di vetro e un coltello da cucina con lama lunga cm. 30. L’indagato stesso aveva reso dichiarazioni nel senso che lui era in possesso del coltello in quanto l’unico che non aveva bevuto; era altamente plausibile che la ferita all’arteria femorale fosse stata inflitta col coltello e non con un coccio di bottiglia dato che era penetrata molto in profondità; inoltre quando la vittima era stata colpita con il vetro era già al suolo agonizzante per il taglio dell’arteria femorale e incapace di difendersi per l’uso dello spray urticante.

Non sussisteva alcuna legittima difesa per la evidente sproporzione tra le armi usate, bastoni di legno e un coltello. K. aveva sempre avuto il possesso del coltello e lo aveva riconsegnato al legittimo proprietario una volta tornato a casa.

Quanto alle esigenze cautelari doveva evidenziarsi che l’indagato era gravato da numerosi precedenti penali e giudiziali quando era ancora minorenne e nessuna misura meno afflittiva era idonea a prevenire la sua pericolosità; non sussisteva alcuna incompatibilità col carcere viste le relazioni presenti in atti e relative ai controlli psichiatrici a cui era stato sottoposto. Avverso la decisione presentava ricorso l’indagato e deduceva violazione di legge e del diritto di difesa in quanto in udienza di convalida il difensore aveva preso in mano i fascicoli appartenenti al P.M e al GIP, lasciati sul tavolo, e tale comportamento era stato stigmatizzato dal giudice mentre invece era suo diritto accedere, a quei fascicoli e tale evento dal difensore rappresentato nei motivi di ricorso faceva fede di quanto accaduto in quanto in tale situazione svolgeva anche una funzione di pubblico ufficiale.

Deduceva poi mancanza e contraddittorietà della motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi, visto che emergeva con evidenza che si era trattata di legittima difesa anche solo nella forma putativa avendo la vittima con se un robusto bastone. Non si era dato credito ai testi e coindagati che avevano riferito che l’aggressione era avvenuta con l’uso di cocci di bottiglia e che il ricorso al coltello era avvenuto solo per difendersi. Non vi era traccia negli atti della relazione medica dalla quale dedurre che vi erano stati più colpi ai danni della vittima. Le esigenze cautelari erano insussistenti visto che, dopo i fatti, l’indagato era tornato presso la comunità dove risiedeva, che i suoi precedenti avevano ad oggetto fatti di lieve entità e che risultava affetto da gravi problemi psichici.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile.

Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso nel quale si fraintende il diritto del difensore di esaminare gli atti sui cui si fonda la misura cautelare, regolarmente depositati in cancelleria, col diritto di frugare nei fascicoli del P.M e del GIP, lasciati momentaneamente incustoditi, azione contraria alle più elementari regole di correttezza; di contro nessuna istanza formale di visionare gli atti risulta presentata e nessun diniego risulta essere stato emesso.

Gli altri motivi di ricorso attengono ad una diversa interpretazione delle dichiarazioni rese e degli accertamenti svolti e pertanto non possono essere fatte valere in sede di legittimità. L’ordinanza contiene una ricostruzione logica, congrua e aderente alle risultanze fino a questo momento acquisite e pertanto non emerge alcun vizio motivazionale censurabile in tale sede. Conforme ai principi di diritto appare anche la valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari tenuto conto della personalità dell’indagato, gravato da precedenti, e della pericolosità desumibile dalla sua condotta.

Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *