Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-05-2011) 26-05-2011, n. 21293 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Roma, quale giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da P.M. di riunione in continuazione di 11 sentenze di condanna per reati contro il patrimonio e violazione di legge sugli stupefacenti osservando che i reati erano stati commessi in un lungo arco temporale dall’89 al 97, che dalla lettura delle sentenze non emergeva alcuna ideazione del medesimo disegno criminoso ed anzi molti dei fatti erano frutto di scelte estemporanee; lo stato di tossicodipendenza non esimeva la necessità di configurare l’identità del disegno criminoso che nel caso di specie non era individuabile.

Avverso la decisione presentava ricorso l’indagato con due atti con i quali deduceva difetto di motivazione nella parte in cui non si era tenuto conto che il lungo arco temporale era anche quello nel quale si era manifestata la tossicodipendenza e che i reati contro il patrimonio avevano come unico scopo quello di cercare denaro per acquistare lo stupefacente; aggiungeva che aveva interesse al riconoscimento del vincolo della continuazione anche per poter imputare il presofferto a condanne intervenute per episodi sovrapponibili.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile in quanto richiede di effettuare una diversa valutazione dei fatti di causa con un’operazione non consentita nel giudizio di legittimità.

Il giudice dell’esecuzione con argomentazioni logiche e congrue ha esaminato il contenuto delle sentenze di condanna relative a fatti perpetrati in un arco di tempo decennale ed ha escluso che potesse individuarsi un’identità di disegno criminoso; non sussisteva tale requisito solo perchè il soggetto era anche tossicodipendente, visto che molte azioni avevano il carattere della mera occasionalità.

Quanto all’interesse di vedersi computare il presofferto, questo potrà ottenere soddisfazione in sede di elaborazione del cumulo delle pene, ma nulla ha a che fare con la continuazione.

Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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