Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-05-2011) 26-05-2011, n. 21289 Affidamento in prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 28 ottobre 2010, depositata in cancelleria il 2 novembre 2010, il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro revocava (rectius ne dichiarava l’esito negativo) con effetto ex tunc il beneficio dell’affidamento in prova al servizio sociale, cui R.A. era stato ammesso con ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro 25 giugno 2009, dichiarando, nel contempo, non estinta l’intera pena pari ad anni tre e mesi otto di reclusione. Il giudice chiariva che i Carabinieri avevano riferito sia della riscontrata non presenza del soggetto nell’abitazione nell’orario prescritto, sia della sua frequentazione di pregiudicati oltre che del ritrovamento di un coltello nell’autovettura in sua disponibilità. 2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione il R. chiedendone l’annullamento per i seguenti profili:

a) l’ordinanza è affetta da nullità assoluta, posto che il decreto di fissazione dell’udienza aveva avuto, quale oggetto, la declaratoria di estinzione della pena L. 26 luglio 1975, n. 354, ex art. 47, comma 12 (OP) e dunque la convocazione era relativa alla estinzione del periodo di pena per esito positivo, mentre in realtà si era poi proceduto alla revoca della misura ai sensi dell’art. 47, comma 11, OP;

b) il provvedimento gravato difetta di motivazione posto che fa riferimento alle sole due violazioni alle prescrizioni imposte senza motivare in alcun modo in relazione alla loro gravita oggettiva e soggettiva, nè individua il periodo utilmente decorso in affidamento.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: l’ordinanza impugnata va annullata con le determinazioni di cui in dispositivo.

3.1 – In relazione al primo motivo di doglianza (eccezione di natura formale) occorre per vero rilevare che il decreto di fissazione dell’udienza, secondo la costante giurisprudenza di legittimità cui questo Collegio intende dare continuità, ancorchè debba contenere solo l’oggetto della trattazione e non anche le ragioni per le quali il procedimento è stato avviato (cfr. Cass., Sez. 1, 14 luglio 2010, n. 33892, Mensotero, rv. 248177, che ha stabilito che deve ritenersi legittimo il decreto di fissazione dell’udienza camerale che contenga solo l’indicazione dell’oggetto di esso e non anche le ragioni per le quali il procedimento stesso è stato avviato, incombendo all’interessato o al suo difensore l’onere di consultare in cancelleria gli atti relativi ed eventualmente estrarne copia) deve tuttavia essere relativo all’effettivo oggetto di delibazione (sicchè l’oggetto può riguardare anche argomenti all’ultimo momento inseriti purchè riferibili alla stessa materia) posto che, in caso contrario, verrebbe a verificarsi una vulnerazione dei diritti di difesa.

3.1.1. – Ciò posto, nella fattispecie questa vulnerazione dei diritti defensionali non si è concretizzata poichè il destinatario dell’avviso è stato informato che l’oggetto della procedura era la valutazione dell’esito dell’affidamento.

3.2 – Per quanto invece concerne il secondo motivo di impugnazione (difetto motivazionale del provvedimento gravato) va rammentata la giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimità che ha ritenuto doversi rimettere il giudizio sulla revoca dell’affidamento in prova, ordinario o terapeutico o sull’esito negativo dell’esperimento alla discrezionalità del Tribunale di Sorveglianza, il quale è tenuto a giustificare l’uso del potere affidatogli spiegando le ragioni per le quali taluni comportamenti del condannato (violazioni di legge e/o delle prescrizioni dettate a disciplina della misura stessa) siano stati da lui valutati come indici di un allontanamento dalle finalità proprie dell’istituto in questione (Cass., Sez. 1, 10 dicembre 2002, Gabriele). Con specifico riferimento alla revoca della misura concessa, la giurisprudenza di questa Corte, in linea con i principi di proporzionalità ed adeguatezza della pena indicati dalla Corte costituzionale nella sentenza del 29 ottobre 1987, n. 343, ha affermato che "il giudice può disporre la revoca della misura con effetto ex tunc quando il comportamento del condannato sia stato così negativo da rivelare l’inesistenza ab initio di un’adesione al processo rieducativi" (Cass., Sez. 1, 13 giugno 2001, Modaffari).

3.2.1 – Nel caso in esame, il giudice è venuto meno a quest’onere motivazionale non avendo dato conto delle ragioni di incidenza di dette violazioni sul periodo di misura alternativa alla detenzione, vale a dire che siano stati tali da vanificare l’intero e lungo periodo trascorso in affidamento (quasi quattro anni) nulla avendo argomentato sul significato delle trasgressioni medesime in relazione al periodo di affidamento trascorso (sì da vanificare in tutto o in parte il programma trattamentale e gli eventuali risultati conseguiti dal condannato) ovvero sulla loro intrinseca gravita e soprattutto sulla personalità del condannato con riferimento agli esiti delle osservazioni personologiche (che non risultano essere state neppure richieste) e sicuramente redatte dagli organi competenti nell’espletamento della misura in un così ampio periodo di svolgimento.

4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 620 c.p.p. come da dispositivo.
P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’effetto ex tunc e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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