Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-05-2011) 26-05-2011, n. 21285

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data il giugno 2010, depositata in cancelleria l’11 giugno 2010, il Tribunale di Busto Arsizio applicava l’indulto ex D.P.R. n. 241 del 2006 in favore di M.N. in relazione ai reati di cui ai capi A) e B) della sentenza irrevocabile n. 478/08 del Tribunale della medesima città, emessa in data 11 gennaio 2008, e al reato di cui alla sentenza irrevocabile in data 25 settembre 2008 determinando in mesi otto di reclusione ed Euro 200,00 di multa la sanzione relativa al reato di cui al capo C) della sentenza n. 16/08 emessa dal Tribunale, sempre di Busto Arsizio, in data 11 gennaio 2008.

Il giudice, in via di premessa, chiariva che con la sentenza n. 16/08, relativa a tre episodi di furto, il Tribunale aveva condannato il prevenuto alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 300,00 di multa mentre, con la sentenza n. 478/08, era stata irrogata la pena, in continuazione con la precedente decisione, di mesi quattro ed Euro 75,00 di multa sempre per un episodio di furto. Veniva altresì argomentato che solo per il reato sub capo C) della sentenza n. 16/08 non poteva applicarsi la legge demenziale (per la data di commissione del delitto con riferimento all’entrata in vigore della legge medesima) stabilendo che per lo stesso, giuste le circostanze e la diminuente accordate dal giudice di merito, la pena residua andava determinata in mesi otto di reclusione ed Euro 200,00 di multa.

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione il M. chiedendone l’annullamento per violazione di legge. Il giudice dell’esecuzione, secondo il recente insegnamento delle Sezioni Unite, avrebbe dovuto per vero, non provvedere a un proprio calcolo della pena in relazione al capo C) della sentenza n. 16/08 (cui non poteva applicarsi il provvedimento demenziale) bensì tener conto del conteggio già effettuato dal Tribunale di Busto Arsizio che, considerato il reato di cui sub B) come quello più grave, aveva applicato per la continuazione della pena, per ciascuno degli altri reati (A e C) la pena di mesi tre di reclusione ed Euro 75^00 di multa, cui occorreva ulteriormente praticare la diminuzione del rito abbreviato prescelto.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Busto Arsizio.

3.1. – In presenza di reati commessi, alcuni prima dell’entra in vigore dell’indulto, (i reati di cui ai capi A) e B) della sentenza n. 16/08 e il reato di cui alla sentenza n. 478/08) ed altri successivamente (delitto di cui al capo C) della sentenza n. 16/08), ritenuti dal giudice della cognizione in continuazione, si impone – secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità – lo scioglimento ideale della continuazione medesima al fine di verificare se l’entità della concreta pena inflitta per i fatti successivi, rientrando nei parametri di cui alla L. n. 241 del 2006, art. 3, ne imponga la revoca (ove l’indulto sia stato già concesso) ovvero ne impedisca la concessione (ove non ancora applicato).

Sul punto si veda, ex pluribus, Cass. Pen. SS.UU. n. 21501 in data 23 aprile 2009, Astone, rv. 243380, la cui massima recita: "in tema di indulto, in caso di reati uniti nel vincolo della continuazione, alcuni dei quali siano stati commessi entro il termine fissato per la fruizione del beneficio ed altri successivamente, la pena rilevante ai fini della revoca dell’indulto va individuata, con riguardo ai reati satelliti, nell’aumento di pena in concreto inflitto a titolo di continuazione per ciascuno di essi".

Sulla base di questo principio la scissione comporta che i singoli reati riacquistino la loro autonomia sotto il profilo del titolo e dell’epoca degli stessi, ma non comporta che la pena inflitta per ciascun fatto, dopo essere stata isolata nella sua specifica entità, sia da ritenersi superata o sostituita da quella applicabile se la condotta criminosa fosse stata sanzionata come separatamente realizzata; in altri termini, rendere la pena autonoma significa considerare l’aumento in sè e per sè e riconnettere al medesimo i debiti effetti ai fini dell’applicazione (o revoca) dell’indulto, sicchè, in caso di reati uniti dal vincolo della continuazione, la pena oggetto di condono va individuata con riguardo a quella già fissata dal giudice come reato satellite.

Ritenuto che dall’esame della sentenza è possibile ricavare l’entità esatta della pena che il giudice avrebbe dovuto nella fattispecie calcolare (mesi tre di reclusione ed Euro 75,00 di multa, cui bisogna sottrarre la diminuzione per il rito eletto) questa Corte di legittimità può provvedervi direttamente, annullando senza rinvio, con le determinazioni di cui in dispositivo.

4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 620 c.p.p. come da dispositivo.
P.Q.M.

annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alla pena da eseguire che determina in due mesi di reclusione e 50,00 Euro di multa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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