Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-05-2011) 26-05-2011, n. 21226 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza deliberata in data 23 marzo 2010, depositata in cancelleria il 7 giugno 2010, la Corte di Appello di Catania, in parziale riforma della sentenza 24 giugno 2008 del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale della medesima città.

– riduceva la pena inflitta ad A.A. e T. S., imputati dei reati di cui ai capi A) e B), esclusa l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 3 in relazione al capo A) e quelle già escluse di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 e all’art. 80, comma 2 stesso D.P.R., ritenuto il vincolo della continuazione e la diminuente del rito abbreviato, ad anni dieci di reclusione ciascuno e – riduceva la pena inflitta a C.C., imputato dei reati di cui ai capi A), B) G) ed M) (reati di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1,), assorbiti nell’imputazione sub capo B) i reati contestati ai capi G) ed M), ritenuta la diminuente del rito abbreviato e il vincolo della continuazione tra i reati contestati e con il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 di cui alla sentenza della Corte di Appello di Catania 8 marzo 2006, irrevocabile in data 23 aprile 2006, esclusa infine l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 3 in relazione al capo A), ad anni otto e mesi otto di reclusione.

1.1. – Secondo la ricostruzione dei fatti operata nella sentenza gravata, come emerso dalle intercettazioni effettuate presso la sala giochi sita in (OMISSIS) gestita da C.C. e dalle svolte operazioni di servizio delle forze dell’ordine concretatesi in un arresto con sequestro di droga (ma anche in servizi di osservazione, controllo e pedinamento ed effettuazione di videoriprese), si veniva ad accertare l’esistenza di una consorteria criminosa dedita al traffico di sostanze stupefacenti operante nel catanese.

In particolare si era proceduto a numerosi arresti, quali: quello di A.M.B. che, provenendo dalla Spagna, veniva trovato in possesso di tre ovuli di cocaina dal peso complessivo di 45 grammi che avrebbe dovuto consegnare a G.S., in stretti rapporti con il C.; l’arresto di S.G., in data 16 ottobre 2004 con sequestro di droga; l’arresto di B. D. in data 30 ottobre 2004; e quello dello stesso C. C., in data 4 dicembre 2004, che portava al sequestro non solo di droga (400 grammi di cocaina) ma anche di un libro-mastro che illustrava la situazione creditoria dell’organizzazione, oltre alla somma in contanti di 1.450,00 Euro.

Durante la perquisizione estesa all’abitazione del C. venivano rinvenuti inoltre un bilancino di precisione, una busta di cellophane contenente 130 grammi di sostanza da taglio e numerose buste di cellophane trasparente del tipo di quello comunemente usato per il confezionamento della droga.

Dagli stessi accertamenti emergeva inoltre che il C. era in contatto sia con T.S., personaggio di spicco del clan Santapaola, che con A.A., ancorchè in rapporto di subordinazione, e sia con M.A. e tale Ci. (nei cui confronti si è proceduto separatamente) i quali, con il C., condividevano le fasi sia dell’acquisto della droga che, previa lavorazione, della successiva immissione sul mercato nei quartieri di San Giovanni Galermo (CT) o Trappeto nord (PA) oltre che nella cittadina di Paterno ove operava altro coadiuvante, tale Co.

D..

Le effettuate intercettazioni, sia telefoniche che ambientali, consentivano altresì di mettere a fuoco detti traffici di sostanze stupefacenti gravitanti attorno al C. e i suoi rapporti con altre persone, le gerarchie interne, la ripartizione dei relativi compiti e gli interessi condivisi.

Rilevanti a tali fini erano state le numerose captazioni effettuate tra cui le conversazioni tra il C. e il G., tra il Ci., con il cellulare del C., e il M. e quelle di quest’ultimo con il C..

Determinanti ai fini della dimostrazione dell’affectio societatis erano altresì, secondo il giudice del merito, le captazioni, tra cui quelle tra il C. in carcere e la moglie Co.Ag. e quelle tra il M. e P.S. e tra il M. e il Ci., da cui emergeva la preoccupazione e la conseguente attivazione, al fine di recuperare i crediti di droga, del C. impossibilitato a farlo personalmente perchè detenuto.

Importanti, ai fini del coinvolgimento degli altri due imputati T. e A. erano le intercettazioni ambientali effettuate presso la sala giochi del C. da cui emergeva la loro posizione apicale e di controllo anche giornaliero e la richiesta di rendiconti da parte di entrambi i prevenuti nei confronti in particolare con il C. e il M. in relazione specifica al loro sodalizio criminale.

Venivano inoltre richiamate le dichiarazioni di numerose persone informate sui fatti di causa che comprovavano l’acquisto di droga dal C. tra cui S.F. e D.B.D..

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite i propri rispettivi difensori hanno personalmente interposto tempestivo ricorso per cassazione gli imputati.

In particolare:

2.1 – A.A., con gravame a firma avv. Enrico Trantino, censurava la motivazione della sentenza gravata in relazione al reato associativo evidenziando che mancavano gli elementi probatori che denotassero relazioni ulteriori rispetto al "rapporto chiuso" intervenuto tra l’ A. e il C.; nessuna conversazione o riferimento consentivano di stabilire l’esistenza di un medesimo obiettivo delittuoso programmato con il T. o il M. o altri.

2.2 – C.C., con gravame a firma avv. Mario Di Giorgio, lamentava la contraddittorietà della motivazione in relazione al diniego dell’art. 62 bis c.p.; è lo stesso giudicante per vero che ritiene la condotta illecita tenuta dal prevenuto come non grave.

Nè si è tenuto conto del fatto che il prefato, a seguito del riconoscimento del vincolo della continuazione, va pressochè ritenuto incensurato.

Nè infine si è tenuto conto della vita anteatta del ricorrente.

2.3 – T.S., nell’impugnazione a ministero dell’avv. Salvatore Pappalardo, eccepiva:

2.4 – Con il primo motivo di impugnazione contestava l’inosservanza o erronea applicazione di legge, nonchè mancanza di motivazione con riferimento alla mancata assoluzione del T. in relazione all’asserita partecipazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74.

E’ da ritenersi per vero inesistente il profilo soggettivo. La condotta del ricorrente è stata per contro episodica e non durevole oltre che non acclarante un ruolo preciso.

Nessuna condotta di cessione gli era stata attribuita, così come non è emerso alcun contatto con eventuali fornitori o direttiva impartita nella gestione e distribuzione degli introiti.

Del resto il T. non aveva nessun contatto con i membri della organizzazione se non con il M. e il C..

Occorre inoltre ricordare le dichiarazioni del C. all’udienza del 15 aprile ove professava l’estraneità del T. dall’attività di spaccio evidenziando l’esistenza semmai di un accordo con il M. per far concretamente recuperare al T. i propri crediti attraverso i proventi delle cessioni di droga.

2.5 – Con il secondo motivo di gravame rilevava l’inosservanza o erronea applicazione di legge nonchè mancanza di motivazione con riferimento alla mancata assoluzione del T. in relazione al delitto di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1, (capo B); anche in relazione a singoli reati fine non è stato raccolto alcun elemento di prova neppure a titolo di concorso ex art. 110 c.p. nè conversazioni intercettata, nè rapporti con fornitori o qualsivoglia cessione o rapporti con gli altri imputati.

2.6. – Infine, con il terzo motivo di impugnazione eccepiva l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e difetto di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Motivi della decisione

3. – I ricorsi sono manifestamente infondati e devono essere dichiarati inammissibili con ogni dovuta conseguenza di legge.

3.2 – In relazione, in particolare, al ricorso presentato nell’interesse dell’ A. va osservato che le doglianze difensive avanzate costituiscono nella sostanza questioni in punto di fatto, poichè non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata ovvero in travisamento della prova, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito.

Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente.

Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perchè in violazione della disciplina di cui all’art. 606 c.p.p. (Giurisprudenza consolidata: Cass., Sez. Un. 2 luglio 1997, n. 6402, rv. 207944; Sez. Un. 29 gennaio 1996, n. 930, rv. 203428; Sez. 1^, 6 maggio 1998, n. 5285, rv. 210543; Sez. 5^, 31 gennaio 2000, n. 1004, rv. 215745; Cass. Sez. 5^, ord. 14 aprile 2006, n. 13648, rv.

233381).

Il provvedimento gravato si impone peraltro con una motivazione congrua e compiuta avendo dato conto delle emergenze probatorie, segnatamente dalle conversazioni relative al periodo in contestazione da cui era emersa l’esistenza di un gruppo attivo nel campo del traffico di sostanze stupefacenti che, sfruttando la forza organizzativa nel campo degli acquisti e delle vendite di droga, con suddivisione al proprio interno di ruoli e compiti, si avvaleva altresì dei medesimi luoghi decisionali e di occultamento della sostanza stupefacente.

3.3. – Del resto, in punto di valutazione della esistenza del vincolo associativo in materia di traffico di sostanze stupefacenti, è appena il caso di richiamare la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, ai fini della configurabilità dell’associazione finalizzata al narcotraffico, non è richiesto un patto espresso fra gli associati, ben potendo desumersi la prova del vincolo dalle modalità esecutive dei reati fine e dalla loro ripetizione, dai rapporti tra gli autori, dalla ripartizione dei ruoli fra i vari soggetti in vista del raggiungimento di un comune obiettivo e dall’esistenza di una struttura organizzativa, sia pure non particolarmente complessa e sofisticata, indicativa della continuità temporale del vincolo criminale (ex pluribus, Cass., Sez. 6^, 17 giugno 2009, n. 40505, Il Grande e altro, rv. 245282).

3.4. – Per quanto riguardava in particolare il ricorrente il giudice della cognizione ha valorizzato gli indici rivelatori cui fa riferimento la giurisprudenza citata e, in particolare, i continui rapporti con gli altri sodali dell’associazione così come emergente, secondo le determinazioni puntuali del giudice del merito, dalle conversazioni telefoniche che evidenziano non solo una divisione di funzioni e compiti operativi nell’ambito della consorteria, ma anche come l’attività svolta in concreto dal prevenuto fosse ben più pregnante di quella del semplice acquirente – consumatore essendo protesa alla pianificazione dello spaccio.

Inoltre, i numerosi sequestri di droga e le dichiarazioni delle persone informate sui fatti circa il traffico di sostanze stupefacenti facenti capo al C., secondo le argomentazioni motivate spese dal giudice del merito, consentono di definire l’esistenza di un’organizzazione efficiente dedita al traffico di sostanze stupefacenti per cui è causa.

Il fatto evidenziato dalla Corte territoriale che il T. e l’ A. chiedessero una rendicontazione al C. di detto traffico equivale, per il ragionamento probatorio operato dal giudice, al riconoscimento della esistenza e del funzionamento del sottostante sodalizio, la cui operatività era necessariamente presupposta dal ricorrente.

4 – Anche il gravame proposto dal C. è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

4.1 – La Corte di merito, lungi dal negare apoditticamente la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle attenuanti generiche, ha argomentato il diniego di tali attenuanti e la congruità del trattamento sanzionatorio, da un lato, rilevando l’assenza in atti di un qualsivoglia elemento suscettibile di positiva valutazione a tali fini e, dall’altro lato, sottolineando la valenza ostativa della gravità dei reati e del non buon comportamento processuale, indici sintomatici di una intrinseca pericolosità sociale, formulata dopo una attenta analisi delle componenti oggettive e soggettive del fatto e delle sue specifiche modalità.

E poichè la statuizione in ordine all’applicazione o meno delle circostanze attenuanti generiche deve fondarsi sulla globale valutazione della gravità del fatto e della capacità a delinquere del colpevole ed è censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi in cui essa appaia frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico, deve convenirsi sulla congruità dell’argomentare della Corte territoriale, che è privo di vizi logico-giuridici, in linea con i principi enunciati in materia da questa Corte e aderente alle norme di legge.

5 – Parimenti deve destituita di fondamento è l’impugnazione proposta dal T..

5.1 – La motivazione della sentenza gravata deve ritenersi esaustiva e sufficiente avendo analiticamente esaminato le conversazioni captate da cui desumersi l’intraneità del prevenuto.

Il tenore delle conversazioni indicate dal giudice di merito evidenziano, secondo le argomentazioni diffuse del medesimo giudicante, il controllo e la gestio T. subordinata, connotando il ruolo gestito di un significato tale da poter essere giustificato solo con l’intraneità (a tutti gli effetti) nel sodalizio per cui è giudizio e ciò a prescindere dalla presunta limitatezza temporale della condotta tenuta, dalle sue particolari peculiarità e dalle dichiarazioni sul punto del coimputato C. che, sulla pretesa estraneità del T., come implicitamente rilevato dal giudice, non ha trovato alcun riscontro.

5.2 – Parimenti manifestamente infondato è il terzo motivo di impugnazione (mancata motivazione in ordine alle ipotesi delle singoli episodi di cessione di sostanze stupefacenti).

L’esame complessivo del compendio di prova, segnatamente delle conversazioni captate, ha condotto il giudice alla motivata conclusione della responsabilità del prevenuto anche in relazione ai singoli reati di spaccio.

Gli spunti critici della difesa sono sul punto generici e per questo inammissibili.

5.3 – Manifestamente infondato è infine l’ultimo motivo di censura del T..

5.3.1 – Valga qui quanto più sopra argomentato a proposito dell’analoga censura elevata per il C. sub paragrafo 4.1.

Qui occorre solo aggiungere che il giudice ha fatto riferimento anche ai precedenti penali del ricorrente.

6. – Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue di diritto la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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