Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 04-05-2011) 26-05-2011, n. 21038 Arresto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Avellino, con provvedimento del 14/10/2010, non convalidava l’arresto di B.M.R. eseguito dai Carabinieri di Montoro Inferiore in data 12.10.2010.

La B. è indagata in ordine al reato p. e p. dal D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73, 26 e 28 per avere coltivato e detenuto numero tre piante di marijuana (dell’altezza media di circa m. 1,90), oggetto di sequestro.

Avverso tale provvedimento proponeva ricorso in Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino e concludeva chiedendo di volerlo annullare con ogni conseguenza di legge.
Motivi della decisione

Il Procuratore della Repubblica ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione di legge e vizio di motivazione specialmente sotto il profilo della gravità del fatto escluso dal provvedimento impugnato sulla base di una motivazione che il ricorrente assume essere errata. Più in particolare il G.I.P. procedente, dopo avere ritenuto inquadrabile il caso in esame nell’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, con previsione di arresto facoltativo, ha ritenuto insussistente la pericolosità dell’arrestata, incensurata, e la gravità del fatto, consistente nella coltivazione di tre piante soltanto e nella detenzione di una quantità irrisoria di sostanza essiccata. Nel ricorso si sostiene che in sostanza il giudice della convalida avrebbe sostituito una propria valutazione a quella effettuata dalla polizia giudiziaria all’atto dell’arresto, mentre egli avrebbe dovuto solo controllare la ragionevolezza dell’operato degli organi di polizia giudiziaria, ragionevolezza sussistente nel caso in esame, data l’altezza delle piante, elemento incidente sulla quantità di sostanza ricavabile e più rilevante del dato puramente numerico (solo tre piante). Il ricorso è fondato.

Deve essere innanzitutto premesso che per la convalida dell’arresto non è necessaria la contemporanea sussistenza di entrambi i requisiti- gravità del fatto e pericolosità del soggetto – richiesti dall’art. 381 c.p.p., comma 4, essendo sufficiente l’esistenza di uno solo dei due (cfr., sul punto, Cass., Sez. 6, Sent. n. 25694 del 17.04.2003, Rv. 225494, secondo cui "ai fini della legittimità dell’arresto facoltativo in flagranza non è necessaria la presenza congiunta della gravità del fatto e della pericolosità dell’agente, essendo sufficiente, a norma dell’art. 381 c.p.p., comma 4, che ricorra almeno uno di detti parametri, fermo restando che alla polizia giudiziaria non incombe un dovere di esplicita motivazione, purchè, attraverso il verbale di arresto, vengano forniti al giudice gli elementi sufficienti per un controllo sulla ragionevolezza della misura adottata, il cui esercizio deve essere congruamente motivato, una volta verificata la sussistenza dei presupposti temporali indicati nell’art. 386, comma 3 e art. 390, comma 1, e della flagranza"). In tale materia si è espressa altresì la sentenza di questa Corte, Sez. 6, Sent. n. 31281 del 6.05.2009, Rv. 244680, secondo cui " in tema di arresto facoltativo in flagranza di reato la polizia giudiziaria è tenuta ad indicare le ragioni che l’hanno indotta ad esercitare il proprio potere di privare della libertà in relazione alla gravità del fatto o alla pericolosità dell’arrestato, ma tale indicazione non deve necessariamente concretarsi nella redazione di una apposita motivazione del provvedimento, essendo sufficiente che tali ragioni emergano dal contesto descrittivo del verbale di arresto o dagli atti complementari in modo da consentire al giudice della convalida di prenderne conoscenza e di sindacarle".

Tanto premesso si osserva che sono fondate le doglianze relative alla motivazione insufficiente sulla gravità del fatto, che appare basata su una formula quasi di stile, mentre manca un esame complessivo degli elementi indicati nel verbale di arresto; in conclusione il giudice ha effettuato una inammissibile sovrapposizione della propria valutazione a quella della polizia giudiziaria, la cui ragionevolezza deve costituire unico elemento sul quale effettuare il controllo in sede di convalida (cfr., sul punto, Cass., Sez. 4, Sent. del 29.09.2000, imputato Mateas Jon, Rv.218474 e Cass., Sez. 5, Sent. n.21577 del 27.03.2009, Rv.243885). In conclusione, in tema di convalida di un provvedimento coercitivo, il giudice è tenuto unicamente a valutare la sussistenza degli elementi che ne legittimavano l’adozione con una verifica "ex ante", con esclusione delle indagini o delle informazioni acquisite successivamente, le quali sono utilizzabili solo per l’ulteriore pronuncia sullo "status libertatis". Ne deriva che il vaglio cui è chiamato il giudice in questa fase attiene soltanto alla verifica del ragionevole uso di poteri discrezionali della polizia giudiziaria e quando ravvisi la mancanza di ragionevolezza nell’uso degli stessi, deve fornire sul punto adeguata argomentazione giustificativa. L’impugnato provvedimento deve essere pertanto annullato senza rinvio, non essendo più perseguibile il fine della limitazione della libertà personale.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’impugnato provvedimento perchè l’arresto è stato effettuato legittimamente.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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