Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-09-2011, n. 19867 Opposizione all’esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso in opposizione all’esecuzione dell’ottobre 2005, C. C., premesso di avere depositato istanza di conversione del pignoramento nella procedura esecutiva instaurata a suo carico dalla Banca di Roma versando una somma (155.000,00 Euro) superiore al quinto dell’importo totale, chiese all’adito tribunale di Roma la declaratoria di nullità della procedura:

per nullità degli atti di provenienza del bene pignorato in capo ad esso opponente e al suo avente causa V.G., conseguente alla violazione della norma di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 40 (mancanza degli estremi della concessione in sanatoria);

per inesatta individuazione del soggetto debitore da parte del creditore procedente;

per inesatta indicazione dell’esatto ammontare dell’esposizione debitoria.

Il giudice monocratico del tribunale capitolino respinse la domanda.

La sentenza è stata impugnata da C.C. con ricorso per cassazione sorretto da 2 motivi.

Resiste con controricorso, corredato da memoria illustrativa, la s. p.a. Trevi Service 2, successore ex lege dell’originaria parte opposta.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 27, comma 3 in combinato disposto con la L. n. 47 del 1985, art. 40. Il motivo – che si conclude con il seguente quesito di diritto: dica la corte di cassazione se la nullità prevista e sancita dalla L. n. 47 del 1985, artt. 11 e 40 sia rilevabile incidentalmente dal giudice adito per far accertare la legittimazione passiva del soggetto sottoposto ad esecuzione immobiliare. Dica altresì la corte se a prescindere dalla validità dell’iscrizione ipotecaria tutelata dal richiamato L. n. 47 del 1985, art. 17, comma 3 il creditore possa agire nei confronti di chi risulta essere proprietario del bene in virtù di atti di compravendita nulli o non debba, invece, procedere nei confronti dell’originario mutuatario – è privo di pregio. Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che l’accertamento della nullità dedotta dall’opponente fosse diretto a dispiegare effetti non nei confronti di una delle parti interessate alla vicenda traslativa del bene ed alle relative questioni urbanistiche, bensì nei confronti di un soggetto terzo – onde, come correttamente rilevato dal controricorrente, la questione su cui era chiamato a pronunciarsi il giudice dell’esecuzione non era quella della fondatezza o meno della domanda diretta a far valere la nullità in parola, quanto quella se l’accertamento (sia pur compiuto incidenter tantum) di tale vizio potesse essere opponibile al terzo procedente in executiviis.

La sentenza impugnata ha, nella specie, fatto corretta applicazione del disposto dell’art. 2652 c.c., n. 6 dettato in tema di trascrizione della domanda diretta a far valere la nullità di un atto, trascrizione che, se eseguita dopo il termine di cinque anni dalla data dell’atto impugnato conditio sine qua non per l’opponibilità tout court della relativa sentenza), non pregiudica i diritti acquistati a qualunque titolo dai terzi in buona fede in base ad atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda.

Ha fatto corretta applicazione, altresì, del disposto di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 17 a mente del quale la eventuale pronuncia di nullità non avrebbe comunque potuto pregiudicare il creditore ipotecario che, nell’esercizio del suo diritto di garanzia, aveva proceduto del tutto legittimamente al pignoramento nei confronti del terzo proprietario dell’immobile.

Tale, duplice ratio decidendo, del tutto immune da vizi logico- giuridici, che questo collegio interamente condivide, si sottrae in toto alle censure mossele con il motivo in esame.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 e 1419 c.c. e dei principi che disciplinano la opponibilità della nullità dell’atto, motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria su di un punto decisivo della controversia.

Il quesito di diritto che ne conclude l’esposizione è il seguente:

dica la corte se la nullità dell’atto di compravendita di un bene immobile accertata incidenter tantum dal giudice comporti la nullità dell’atto di accollo di mutuo insistente su detto immobile e se tale ultima nullità sia opponibile al creditore ipotecario. Dica inoltre la corte se l’accertata nullità comporti la susseguente nullità dell’azione esecutiva intrapresa nei confronti dell’accollante.

Il motivo è anch’esso infondato.

Correttamente e condivisibilmente il tribunale di Roma ha affermato che ogni questione circa la nullità o meno dell’accollo di mutuo, in guisa di atto funzionalmente collegato alla convenzione negoziale principale di alienazione dell’immobile, fosse superata e assorbita da quella relativa alla (in) opponibilità della nullità al creditore ipotecario.

Anche in questo caso la motivazione si mostra del tutto scevra dai vizi denunciati, e va integralmente confermata.

Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese segue – giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.
P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 10200,00, di cui Euro 200,00 per spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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