Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 04-05-2011) 26-05-2011, n. 21029 Mezzi di prova

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na del Dott. Geraci Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 23.09.2010 confermava la sentenza resa dal Tribunale di Milano il 30.10.2008 con la quale U.O. era stato ritenuto responsabile dei reati ex art. 189 C.d.S., commi 6 e 7, per non aver ottemperato all’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alle persone ferite, dopo aver provocato un incidente stradale dal quale derivavano lesioni a R.M. e Ri.La..

La Corte territoriale, con riguardo al fatto che l’odierno imputato si trovasse effettivamente alla guida dell’autovettura che venne in collisione con quella ove viaggiavano le parti lese, rilevava che il prevenuto, prima della proposizione dell’atto di appello, non aveva contestato di essere stato nell’occasione alla guida del mezzo.

Il Collegio considerava, inoltre, che pure a fronte della mancanza di un diretto riconoscimento del prevenuto ad opera delle parti offese, l’individuazione del responsabile nella persona dell’imputato era desumibile dalla univoca coincidenza di due elementi: il fatto che il prevenuto fosse il proprietario del veicolo coinvolto nel sinistro;

la diretta conoscenza della dinamica del sinistro, da parte dell’ U., così come dal medesimo riferita all’agente r. in occasione della convocazione del prevenuto presso il comando.

La Corte di Appello evidenziava poi che correttamente il primo giudice non aveva concesso l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, a fronte del risarcimento del danno patito da R. e Ri., atteso che nella fattispecie erano stati contestati reati di pericolo, che non vedono i predetti danneggiati quali parti lese, diversamente da quanto avviene nel caso in cui venga addebitato il delitto di lesioni colpose.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione U.O., deducendo i seguenti motivi di censura.

Con il primo motivo, l’esponente deduce l’inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 62 e 195 c.p.p.; al riguardo la parte osserva che la Corte di Appello, con riferimento alla individuazione del conducente del veicolo coinvolto nel sinistro, pur avendo evidenziato la mancanza di un riconoscimento da parte di R. e Ri., ha utilizzato le dichiarazioni de relato rese in dibattimento dall’agente r., in violazione dell’art. 195 c.p.p.. Sul punto la parte osserva pure che U. avrebbe dovuto essere sentito con le garanzie di cui agli artt. 62 e 63, come possibile indagato.

Con il secondo motivo il ricorrente sottolinea che la Corte territoriale, nella sentenza impugnata, ha considerato che l’imputato non aveva mai contestato, neppure in sede di opposizione al decreto penale di condanna, prima dell’atto di appello, di essere stato alla guida della autovettura. La parte ritiene che detta evenienza, conformemente alle regole del processo penale, non abbia alcuna valenza indiziaria a carico dell’imputato.

Con il terzo motivo, la parte lamenta la mancata assunzione di prova decisiva, con riferimento alla mancata ammissione da parte del Tribunale dei due testi indicati dalla difesa.

Con il quarto motivo l’esponente deduce l’erronea applicazione della legge penale, in relazione alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6; osserva il deducente che erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto che le persone coinvolte nell’incidente non assumano la qualità di parti offese; e rileva che nel decreto di giudizio immediato L. e Ri. sono indicati come parti offese. Il ricorrente osserva che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’attenuante ora richiamata deve essere riconosciuta anche nel caso in cui il risarcimento del danno sia stato effettuato per conto dell’imputato-assicurato dalla Compagnia di assicurazione che copre la responsabilità civile contro terzi.

Con l’ultimo motivo la parte considera che la Corte territoriale ha rifiutato all’imputato il beneficio delle non menzione della sentenza di condanna, con argomenti apodittici. L’esponente ha depositato note difensive.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è fondato, nei sensi di seguito specificati.

3.1 Procedendo ad esaminare congiuntamente il primo ed il secondo motivo di ricorso, deve rilevarsi che la Corte di Appello, nella sentenza impugnata, è incorsa nella dedotta violazione delle legge processuale.

Posto che dalla scelta processuale del prevenuto di non contestare espressamente la riferibilità della condotta in sede di opposizione a decreto penale di condanna non è dato trarre alcun valido argomento in ordine alla responsabilità dell’opponente – l’opposizione ex art. 461 c.p.p. si qualifica quale mezzo ordinario di impugnazione, sia pure non in senso tecnico (cfr. Cass. Sez. 4, sentenza n. 14514 del 24.02.2010, dep. 15.04.2010, Rv. 247025) che sortisce il solo effetto di rimuovere il decreto penale di condanna ed introdurre una nuova fase del giudizio, ove il giudice effettua il controllo della intera regiudicanda – si osserva che i giudici di merito hanno utilizzato, al fine del decidere, le dichiarazioni de relato rese in dibattimento dall’agente r., in violazione dell’art. 62 c.p.p.. La Corte territoriale ha, infatti, valorizzato, quale elemento indiziario a carico del prevenuto, la diretta conoscenza della dinamica del sinistro, da parte dell’ U., così come dal medesimo riferita all’agente r., in occasione della convocazione del prevenuto presso il comando, intervenuta all’indomani del sinistro. Orbene, non appare revocabile in dubbio che, nel caso di specie, le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da U.O. hanno contenuto indiziante, di talchè le stesse non risultano utilizzabili, ai sensi dell’art. 63 c.p.p., comma 2; e che la deposizione resa dall’agente r., sul contenuto delle predette dichiarazioni, contraddice il disposto di cui all’art. 62 c.p.p.. Questa Suprema Corte ha, invero, chiarito che il tenore letterale e la "ratio" della citata norma di cui al capoverso dell’art. 63 c.p.p., stante il necessario coordinamento con la disposizione di cui all’art. 62 c.p.p., evidenziano che la preclusione all’utilizzazione dibattimentale, diretta o indiretta, delle dichiarazioni indizianti rese senza assistenza difensiva alla polizia giudiziaria, ha carattere "assoluto e generale" (cfr. Cass. Sez. 6, sentenza n. 10621, del 24.09.1998, dep. 9.10.2998, Rv.

211744).

3.2 Per effetto della evidenziata inutilizzabilità, si ha che l’affermazione di penale responsabilità pronunciata dalla Corte territoriale deve essere annullata, posto che la stessa viene a fondarsi anche su di un elemento probatorio risultato inutilizzabile.

4. Si impone l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano, per nuovo esame della regiudicanda, alla luce dei principi di diritto sopra enunciati. Gli ulteriori motivi di doglianza risultano assorbiti.
P.Q.M.

Annulla l’impugnata sentenza e rinvia ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano per nuovo esame.

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