T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 25-05-2011, n. 4641 Revisione dei prezzi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. A seguito di licitazione privata e relativa aggiudicazione di appalto, vennero affidati, dall’IACP della Provincia di Napoli, con contratto di rep. n. 8963 del 28 febbraio 1985, all’impresa C., i lavori di costruzione di 42 alloggi economici e popolari, finanziati ai sensi dell’art. 55 della legge n. 865/1971, nel Comune di Ischia, per un importo complessivo, al netto di ribasso di asta, di lire 2.177.122.450. Il programma e i relativi tempi di esecuzione delle opere vennero concordemente assunti (art. 10 del contratto) dalle parti quali riferimenti ai fini della revisione prezzi ai sensi dell’art. 1 della legge n. 741/1981.

Successivamente, essendo insorto un contenzioso tra le parti a causa del tipo di fondazioni, diverse da quelle previste nel progetto di massima, che l’impresa riteneva di dover realizzare, si addivenne alfine ad un accordo transattivo, con la stipula, in data 10 dicembre 1987, di un "Atto di Novazione" (così espressamente titolato dalle parti contraenti) tra l’IACP di Napoli e l’impresa S.C. spa (così nel frattempo trasformata e denominata) per la realizzazione dei lavori in questione secondo varianti e integrazioni al progetto originario e con rideterminazione del corrispettivo in forfettarie lire 2.736.479.592.

2. Pur essendo previsto nel nuovo contratto (art. 4) che "essendo detto prezzo aggiornato ed omnicomprensivo non è ammessa la facoltà di procedere alla revisione prezzi, indipendentemente dalla durata dei lavori", l’impresa, sostenendo la nullità della clausola suddetta ai sensi dell’art. 2 della legge n. 37/1973, chiese la corresponsione della revisione prezzi. L’IACP respinse tuttavia l’istanza, con deliberazione del 3.7.1992, sicchè al riguardo l’impresa stessa propose ricorso, in data 11.9.1992, al Ministero dei Lavori Pubblici e alla Commissione ministeriale per la revisione prezzi contrattuali, ai sensi del D.L.C.P.S. n. 1501/1947. La Commissione, nella seduta del 10.12.1996, espresse l’avviso (poi recepito dal Ministero LL.PP. nel decreto decisorio assunto il 10.9.1997) che il ricorso fosse in parte da accogliere, precisando che era pertinente il richiamo dell’impresa al dettato dell’art. 2 della legge n. 37/1973 e che tuttavia, per effetto dell’annullamento del contratto originario e della stipulazione del nuovo rapporto contrattuale in data 10.12.1987, la decorrenza del computo revisionale (non essendo stato previsto nel contratto l’istituto del prezzo chiuso, ex art. 33 della legge n. 41/1986, alternativo alla r. p. e richiedendo tale istituto "una metodologia applicativa di cui non vi è in atti alcun riscontro") dovesse essere riconosciuta, diversamente da quanto prospettato dall’impresa, non dalla data della originaria aggiudicazione (11.9.1984) ma da quella della stipula dell’atto di novazione (10.12.1987) e con applicazione delle "regole dettate dall’art. 33 della legge n. 41/86 anzicitata, che esclude dal conteggio i lavori già eseguiti nel primo anno nonché l’intera anticipazione ricevuta, fissa l’alea nella misura del 10% e prevede una rilevazione semestrale delle variazioni dei prezzi contrattuali".

3. Avverso il decreto del Ministero e gli atti a monte della Commissione ministeriale e dell’IACP ha proposto ricorso a questo Tar, in data 12.11.1997, il fallimento n. 56694 della S.C. spa, assumendone l’illegittimità, con due motivi d’impugnativa, da un lato, per l’erroneità della qualificazione del contratto del 1987 come atto di novazione (trattandosi di semplice patto aggiuntivo del contratto originario, privo di autonomia, con la conseguenza che la revisione prezzi andava riconosciuta e calcolata secondo la normativa vigente al momento del contratto stesso n. 8963/1985 e con decorrenza dalla data dell’offerta del 1984), dall’altro, per riconosciuta decorrenza della revisione prezzi dalla data di stipula dell’atto integrativo (del 10.12.1987) anziché dal 10 marzo 1987 (data dell’offerta).

Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio e hanno controdedotto ex adverso.

L’IACP, in particolare, ha anche proposto "controricorso e ricorso incidentale" notificato il 9.1.1998 e depositato il 16.1.1998.

4. Premesso quanto sopra, ritiene il Collegio che l’esame in via prioritaria del ricorso principale conduca a disattendere lo stesso, sulla base delle seguenti considerazioni.

L’oggetto della pretesa, sostanzialmente azionata dalla ricorrente nel primo motivo di gravame, è quello del riconoscimento della revisione prezzi secondo le norme vigenti al momento dell’originario contratto del 1985 e con decorrenza dalla data dell’aggiudicazione (11.9.1984).

Peraltro l’opinamento della Commissione ministeriale circa la natura di atto novativo del nuovo contratto non appare affatto erroneo. Invero, nel caso in esame, con la convenzione del 10 dicembre 1987 le parti hanno espresso una nuova manifestazione di volontà il cui effetto è stato quello di produrre un contratto aggiuntivo autonomo di contenuto novativo rispetto all’appalto originario, del quale cambiano infatti in misura rilevante sia la tipologia dei lavori, il cui compimento costituiva l’oggetto dell’obbligazione dell’appaltatore, sia il prezzo, che ne costituiva la prestazione corrispettiva. Nella specie sussistono quindi le condizioni, integrative della novazione, dell’aliquid novi e dell’animus novandi. Non rileva, in contrario, che l’atto abbia anche un intento e una funzione transattivi, dato che la stessa novazione ben può essere perfezionata in funzione transattiva, come risulta tra l’altro dallo stesso art. 1976 c.c. che disciplina espressamente la c.d. transazione novativa. La novazione, per espresso disposto dell’art. 1231 c.c., non è prodotta da modifiche secondarie, marginali o accessorie, delle modalità dell’obbligazione. Ne consegue che le modifiche degli elementi essenziali del rapporto obbligatorio determinano invece, esse sì, la novazione del rapporto stesso. Nella specie, dal confronto dei due contratti, quello del 1985 e quello del 1987, emerge che sono state introdotte al progetto originario varianti tecniche estese e diffuse, non limitate alle fondazioni, ma riguardanti altri molteplici aspetti costruttivi dei lavori da eseguire, come si evince dal foglio aggiuntivo al capitolato speciale di appalto e dai relativi allegati A e B, tanto che su tali varianti, con ulteriori precisazioni, si è reiteratamente espressa la Commissione Tecnica Provinciale, prima dell’approvazione da parte dell’Ente in data 1.6.1997. Per avere evidenza dell’entità qualitativa e quantitativa delle varianti apportate all’oggetto del contratto basta del resto esaminare il quadro comparativo contenuto nella relazione istruttoria IACP del 31.3.1987 ove ben risulta che le varianti stesse hanno riguardato non solo le fondazioni ma le stesse strutture in elevazioni, le finiture, gli impianti, la rete fognaria, l’illuminazione esterna, le sistemazioni esterne e del terreno circostante. Inoltre, è stato variato il corrispettivo, per entità (in aumento di oltre 500 milioni di lire) e criterio di determinazione (a forfait chiuso e non più in parte a misura e in parte a forfait). Il che, unitamente alla previsione di un nuovo termine di conclusione dei lavori (peraltro prima nemmeno iniziati: cfr. certificato ultimazione lavori 19.1.1990 e certificato di collaudo, in atti), e all’esclusione degli incrementi revisionali, evidenzia che vi era, al momento dell’atto del 1987, una chiara volontà di modificazione e novazione del contratto, con riferimento ad elementi essenziali(oggetto, prestazioni, corrispettivo). L’animus novandi si evince anche dalla stessa intestazione del contratto (indicato dalle parti, sia nell’intestazione che nell’art. 7, come di "novazione"). Né sembra che possa portare a diversa conclusione la circostanza che l’atto richiami anche quanto previsto dal precedente contratto del 28.2.1985, in quanto tale riferimento è espressamente limitato alle parti non innovate. Sostanzialmente, sembra dunque al Collegio che non il secondo accordo sia meramente integrativo del primo quanto piuttosto che quest’ultimo sia confluito, in una nuova autonoma convenzione, ad integrazione dell’accordo del 1987. Il fatto, poi, se sia possibile o meno, sulla base dell’originaria gara, immutare novativamente il contratto che ne è conseguito, è questione che esula dal thema decidendum e che di per sé certamente non preclude la valutazione dei tratti caratteristici di novazione (sopra specificati) propri della pattuizione del 1987.

5. Infine, nemmeno rileva, in senso ostativo alle conclusioni dell’Amministrazione circa la natura di novazione del contratto 10.12.1987, il riferimento operato dal ricorrente all’art. 14 del DPR n. 1063/62 (circa la non valutabilità, ai fini del sesto quinto dei lavori appaltati, degli aumenti per opere di fondazioni) dal momento che non sono solo tali aumenti che nella specie hanno determinato l’immutazione, in misura comunque anche quantitativamente rilevante, di termini essenziali del contratto.

Il riferimento nella specie operato quindi dalla P.A., ai fini della determinazioni delle modalità applicative dei compensi revisionali, alla normativa vigente (art. 33 L. n. 41/1986) al momento della stipula del contratto del 1987, appare al Collegio ineccepibile, tenuto conto del costante orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr. CdS, V, 15.12.2005, n. 7130), secondo cui nell’ipotesi in cui, dopo la stipulazione dell’originario contratto nel vigore della normativa che consentiva la revisione (o un determinato tipo di revisione), vengano stipulati ulteriori atti aggiuntivi nel vigore della nuova normativa che vieta la revisione (o la disciplini diversamente), tali atti, se configurabili come contratti autonomi rispetto all’originario, soggiacciono al divieto di revisione (o alla nuova revisione); mentre quelli non autonomi seguono il regime del contratto originario. Peraltro, gli atti aggiuntivi sottoscritti dalle parti per l’esecuzione di lavori diversi da quelli indicati nella convenzione originaria ed in variante ad essi, se obbligano il privato appaltatore a seguito di una sua nuova manifestazione di volontà, costituiscono contratti nuovi ed autonomi (cfr. decisione suddetta).

Il motivo di ricorso esaminato va quindi respinto.

6. E’ da ritenersi poi privo di fondamento anche l’ulteriore motivo di censura, con il quale la ricorrente deduce l’illegittimità del parere della Commissione revisione prezzi e del conseguente decreto ministeriale che, in applicazione dell’art. 33 della suddetta legge del 1986, hanno riconosciuto la revisione prezzi dal 10.12.1987 (data di stipulazione dell’atto di novazione), anziché dal 10 marzo 1987 (data della relativa offerta), come la ricorrente assume che sarebbe stato invece doveroso fare avendo il CdS affermato, con parere n. 382/91, che per il caso di trattativa privata e comunque quando tra il momento della presentazione dell’offerta e la stipulazione del contratto decorre un tempo superiore ai sei mesi, il dies a quo per il calcolo della r. p. è rappresentato appunto dalla data dell’offerta.

7. Il ragionamento suddetto non convince il Collegio, avendo condivisibilmente evidenziato il CdS, successivamente al sopra citato parere, con decisione n. 5122/2002, quanto segue:

l’art. 33, comma 3, sopra citato, "nel testo vigente fino alla sua abrogazione operata dall’art. 3 D.L. 11 luglio 1992 n. 333 convertito in L. 8 agosto 1992 n. 359, stabilisce che "Per i lavori di cui al precedente comma 2" – vale a dire "i lavori relativi ad opere pubbliche da appaltarsi, da concedersi o da affidarsi dalle Amministrazioni e dalle Aziende dello Stato, anche con ordinamento autonomo, dagli enti locali o da altri enti pubblici" – "aventi durata superiore all’anno, la facoltà di procedere alla revisione dei prezzi", esclusa dal suddetto comma 2, "è ammessa, a decorrere dal secondo anno successivo alla aggiudicazione e con esclusione dei lavori già eseguiti nel primo anno e dell’intera anticipazione ricevuta, quando l’Amministrazione riconosca che l’importo complessivo della prestazione è aumentato o diminuito in misura superiore al 10 per cento per effetto di variazioni dei prezzi correnti intervenute successivamente alla aggiudicazione stessa. Le variazioni dei prezzi da prendere a base per la suddetta revisione per ogni semestre dell’anno sono quelle, rilevate, rispettivamente, con decorrenza 1° gennaio e 1° luglio di ciascun anno".

"Per ben due volte la disposizione fa espressa menzione dell’aggiudicazione, quale evento dal cui verificarsi far decorrere i periodi di tempo rilevanti in sede applicativa".

"Una prima volta, l’aggiudicazione è il momento dal quale va computato il primo anno di durata del rapporto contrattuale al fine di escluderlo dalla revisione dei prezzi".

"La seconda volta, l’aggiudicazione è il fatto che segna il termine iniziale del periodo al quale far riferimento per l’individuazione delle variazioni dei prezzi da prendere a base per la suddetta revisione".

"In nessun luogo della norma è presa in considerazione l’offerta o il tempo o la fase procedimentale in cui questa può assumere evidenza. E poiché nell’ambito delle procedure pubbliche di scelta del contraente l’aggiudicazione e l’offerta sono atti tra di loro ben diversi, quanto meno perché il primo presuppone necessariamente l’altro e proviene dall’Amministrazione, mentre il secondo è proprio del concorrente che non è ancora divenuto contraente, la norma non può essere interpretata se non alla stregua del suo dato letterale".

"La circostanza che l’offerta sia del tutto ignorata dalla disposizione in esame evidenzia, inoltre, il carattere completamente arbitrario di ogni congettura o ipotesi interpretativa tesa a limitare il campo di applicazione della norma, che assuma l’offerta e non l’aggiudicazione come termine di riferimento".

"Ne consegue che, ai fini della revisione in argomento, nessuna rilevanza è legittimo riconoscere al fatto, addotto dall’appellante, che tra la data di presentazione dell’offerta e quella dell’aggiudicazione sia decorso un determinato lasso di tempo" (in termini vedi richiamata decisione).

8. Tanto premesso, rileva in aggiunta questo Collegio che il riferimento normativo all’aggiudicazione, contenuto nell’art. 33 di cui trattasi, è da intendersi operato per la valenza costitutiva del vincolo tra le parti da annettersi all’aggiudicazione stessa (cfr. parere richiamato CdS n. 382/91), sicchè in assenza di aggiudicazione non può farsi riferimento che al momento e all’atto che segnano l’insorgere del rapporto tra le parti (e tale atto non può essere che il contratto). Oltretutto, il CdS, nel ripetuto parere del 1991, richiama, ai fini della determinazione del dies a quo, in caso di offerta senza aggiudicazione, il momento (cui invece la ricorrente nel motivo di ricorso all’esame non fa alcun riferimento) in cui sull’offerta stessa viene assunta, ai fini della sua certezza ed accettazione, una pronuncia di un organo dell’Amministrazione. Quanto al ragionamento relativo al rilievo del decorso di oltre sei mesi dall’offerta, esso (a parte quanto già in contrario sopra rilevato) è nel caso in esame inconferente anche perché la valorizzazione dell’offerta stessa (dopo i sei mesi senza riscontro ed ai fini della revisione prezzi) è affermata nel ripetuto parere del 1991 in presenza del detto tale scarto temporale intercorrente tra offerta ed aggiudicazione e non tra offerta e contratto.

Alla stregua delle esposte considerazioni, il proposto ricorso è quindi infondato e da respingere.

9. Ne consegue l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, del ricorso incidentale proposto dall’IACP di Napoli, ove inteso secondo la caratterizzazione ontologica del ricorso incidentale stesso come atto di difesa (seppure attiva) della parte resistente, e cioè come strumento processuale al cui esperimento l’interesse sorge in dipendenza del ricorso presentato in via principale, al quale il ricorso incidentale è quindi accessorio e subordinato e alle cui sorti perciò lo stesso è strettamente collegato (venendo dunque meno l’interesse al ricorso incidentale in caso di improcedibilità o di infondatezza del ricorso principale).

10. Nella specie, peraltro, l’IACP di Napoli, nel ricorso incidentale suddetto, svolge anche un’autonoma azione impugnatoria, non semplicemente strumentale alla reiezione o alla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, ma volta all’annullamento della determinazione ministeriale 10.9.1997 (e presupposto parere della Commissione revisione prezzi) nella parte in cui ha in parte accolto il ricorso amministrativo dell’impresa istante accordando all’impresa stessa la revisione prezzi ex art. 33 L. n. 41/1986 anziché (lamenta l’IACP) respingere il ricorso riconoscendo l’operatività della clausola del prezzo chiuso contenuta nel contratto del 1987.

Ritiene il Collegio che con riferimento a tale domanda, la quale semmai si sarebbe dovuta proporre con autonoma azione impugnatoria da parte dell’IACP, il ricorso incidentale, riguardando questione il cui interesse prescinde dalle sorti del ricorso principale, è da considerarsi inammissibile, anche alla stregua dell’art. 42 del cod. giust. amm.va di cui al D.Lgs. n. 104/2010, il quale espressamente precisa che le domande riconvenzionali (nel novero delle quali in senso lato potrebbe essere inquadrata la sopra descritta domanda di cui al ricorso incidentale di IACP Napoli) possono essere proposte come ricorsi incidentali "nelle controversie in cui si faccia questione di diritti soggettivi" (e non invece, dunque, in quelle riguardanti, come nella specie, questioni di interessi legittimi proposte mediante azioni annullatorie).

11. Le spese del giudizio, tenuto conto dell’esito complessivo dello stesso e della particolarità delle questioni trattate, possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sul ricorso incidentale, come in epigrafe proposti, respinge il primo e dichiara improcedibile e inammissibile il secondo.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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