T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 25-05-2011, n. 762 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Nel ricorso in esame, ritualmente notificato e depositato, il sig. C.M. si duole della pretesa illegittimità del provvedimento di diniego del rinnovo del porto d’armi di cui è stato destinatario dopo un lungo procedimento amministrativo che ha visto la sua partecipazione mediante la produzione di osservazioni e documenti ritenuti utili all’istruttoria. Esso lamenta, in particolare, l’errata applicazione degli artt. 11 e 43 del R.D. n. 773/31, la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 ed un eccesso di potere per carenza di motivazione.

L’Amministrazione non avrebbe provveduto, infatti, a giustificare, con argomenti obiettivi e ragionevoli, la convinzione che il soggetto interessato non offra sufficiente affidamento di non abusare delle armi.

L’Amministrazione, costituitasi in giudizio, ha prodotto una relazione nella quale si è dato conto del fatto che, oltre alla notizia di reato risalente al 6 giugno 1998, relativa alla contestazione della guida in stato di ebbrezza, nei confronti del sig. C.M. è stato rilevato che, nel marzo 2009, lo stesso "è stato verbalizzato in qualità di persona informata sui fatti nell’ambito di un’operazione antidroga condotta dal Comando Compagnia Carabinieri di Gardone Val Trompia per aver acquistato/assunto sostanza stupefacente".

Di tale circostanza è stato dato conto nel preavviso di rigetto trasmesso al ricorrente. Nonostante le osservazioni presentate, quindi, l’Amministrazione ha ritenuto di negare il richiesto rinnovo, mentre la competente Prefettura ha emesso il decreto di divieto di detenzione delle armi n. 10355/D.D.A/Area1^bis del 4 novembre 2010. L’Autorità di pubblica sicurezza sarebbe, quindi, addivenuta a tali conclusioni in ragione dell’impossibilità di qualificare la condotta del richiedente come irreprensibile alla luce dell’accertato acquisto, da parte dello stesso, di sostanze stupefacenti ai fini dell’uso personale. Tale circostanza appare tanto più rilevante quanto si consideri che al sig. C. il porto d’armi è stato rilasciato, il 17 settembre 2008, con validità di un solo anno in ragione della pregressa censura penale riconducibile all’abuso di sostanze alcooliche e che nei suoi confronti risultano un arresto per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e una segnalazione come assuntore delle stesse risalenti ad un periodo (il 1988) in cui lo stesso era minorenne, cui ha fatto seguito una denuncia per detenzione di hashish il 9 marzo 1990.

Parte ricorrente ha quindi sostenuto l’irrilevanza di quanto eccepito dall’Amministrazione, atteso che il sig. C. non ha a suo carico condanne penali, né è stato coinvolto in procedimenti penali e non è assuntore di sostanze stupefacenti.

In vista della pubblica udienza, la difesa erariale ha ribadito la legittimità dell’operato dell’Amministrazione, giustificato dall’attribuzione alla Autorità di Pubblica Sicurezza, ad opera dell’art. 10 del TULPS, di un obbligo di monitoraggio e verifica costante della permanenza delle condizioni di affidabilità in capo al titolare di porto d’armi, al fine di escluderne, nell’ambito di un giudizio prognostico, la capacità del soggetto di abusarne. I precedenti maturati dal ricorrente per guida in stato di ebbrezza, nonché acquisto e consumo di sostanze stupefacenti sarebbero idonei, nell’ambito di tale giudizio, a far venire meno quel vincolo fiduciario che conduce all’accoglimento dell’istanza preordinata al rinnovo del porto d’armi.

Parte ricorrente ha, quindi, replicato che il sig. C. non ha mai abusato delle armi o del titolo autorizzativo e pertanto il provvedimento sarebbe ancorato ad un presupposto, il richiamo alle circostanze contemplate dall’art. 10 del TULPS, che non si sarebbero mai avverate e comunque il provvedimento sarebbe privo di adeguata motivazione, considerato che l’ampia discrezionalità riconosciuta all’Amministrazione nella specifica materia non può tramutarsi in mero arbitrio.

Alla pubblica udienza del 4 maggio 2011, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Nel caso di specie il rinnovo della licenza di porto d’armi, rilasciato con validità di un solo anno proprio al fine di verificare se durante tale periodo non emergessero ulteriori elementi ostativi, è stato negato in ragione del fatto che il richiedente è stato segnalato quale assuntore di sostanza stupefacente.

Corrisponde al vero, quindi, come affermato da parte ricorrente, che il sig. C. non ha precedenti penali, ma ciononostante il Collegio ritiene che il ricorso non possa comunque trovare positivo apprezzamento.

Il provvedimento negativo censurato risulta, infatti, trovare adeguato fondamento nella mancanza di affidabilità del soggetto che è stata ravvisata dall’Autorità di pubblica sicurezza nel considerare la condotta complessiva tenuta dal richiedente la licenza nel corso degli anni.

Considerata l’ampia discrezionalità che caratterizza l’attività dell’Amministrazione nella valutazione della sussistenza dei presupposti per la concessione delle delicate autorizzazioni di polizia, il provvedimento censurato appare adeguatamente motivato dal riferimento all’accertamento, nei confronti del Sig. C. sia di abuso di sostanze alcooliche, che di uso di sostanze stupefacenti (che non è smentito dal volontario assoggettamento ad analisi cliniche, la cui programmazione può consentire di evitare il rilievo dell’uso, specie se non abituale), il quale si deve presumere dal fatto che il sig. C. ne è stato trovato in possesso, pena la più grave presunzione della destinazione delle sostanze allo spaccio.

In conformità a quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. VI, nella sentenza 24 novembre 2010, n. 8220 con cui sono stati ribaditi gli ormai fermi principi che sottendono al rilascio della licenza di porto d’armi, il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi dal convincimento della necessità che "il destinatario sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati.". Tale valutazione, prettamente discrezionale, deve avvenire con prevalente riguardo all’interesse pubblico all’incolumità dei cittadini ed alla prevenzione del pericolo di turbamento che può derivare dall’eventuale uso delle armi, in riferimento alla condotta ed all’affidamento che il soggetto può dare in ordine alla possibilità di abuso delle stesse. A tale affermazione consegue, tra l’altro, che, considerato il carattere preventivo delle misure di polizia, non è richiesto che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso da parte dell’interessato, essendo sufficiente che – sulla base di elementi obiettivi – se ne dimostri una scarsa affidabilità nell’uso delle armi, o un’insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni (Cons. Stato, IV, 26 gennaio 2004, n. 238).Ne discende la legittimità dell’impugnato provvedimento.

Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 2.000,00, oltre al rimborso forfetario delle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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