T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 25-05-2011, n. 761

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Il ricorso in esame trae origine, secondo quanto rappresentato dall’Amministrazione ricorrente, dalla complessa vicenda relativa all’affidamento dei minori M. e M. – la cui madre, C.B., risiedeva, negli anni di riferimento, in Comune di Brescia ed il cui padre, nello stesso periodo, risiedeva nel Comune di Verona – e la conseguente ripartizione degli oneri relativi al mantenimento degli stessi tra i Comuni di riferimento.

Il Comune di Verona, infatti, pur essendosi fatto carico del pagamento del 50 % della retta dalla data del 1 ottobre 1997 (in ragione della residenza del padre nel Comune stesso), contesta la legittimità del provvedimento con cui il Comune di Brescia ha inteso porre a carico del medesimo anche il restante 50 % della retta per il periodo dal 15 dicembre 1998 al 30 settembre 2000. In tale lasso di tempo, infatti, la madre degli assistiti è stata dichiarata decaduta dalla potestà genitoriale e ciò escluderebbe, secondo l’interpretazione della circolare della Regione Lombardia n. 32 del 18 novembre 1996 invocata dal Comune di Brescia, il permanere dell’obbligo di mantenimento in capo al Comune di residenza del genitore privo di potestà.

Al fine di sostenere l’illegittimità della pretesa fatta valere dal Comune di Brescia – che ha ingiunto al Comune di Verona il pagamento della somma di lire 50.499.000 per il periodo suddetto – il Comune ricorrente ha, in primo luogo, dato conto di come, in ragione della legge n. 205/2000, dovrebbe ritenersi sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla specifica controversia, attesa la giurisdizione esclusiva allo stesso riconosciuta in materia di servizi pubblici.

Nel merito:

1. l’azione ex R.D. n. 639/1910 sarebbe inammissibile per difetto dei presupposti. La norma imporrebbe, infatti, che il credito fosse certo, liquido ed esigibile: condizioni, queste, che non ricorrerebbero, posto che sarebbe a tal fine necessario che la pretesa fatta valere fosse accertata dall’Autorità giudiziaria. Inoltre l’utilizzo dell’azione presupporrebbe una qualificazione del credito come "diritto patrimoniale attinente ad un pubblico servizio" che non risulta affatto provata in relazione all’erogazione di una somma per il mantenimento di minori;

2. la decadenza della patria potestà non farebbe venire meno l’obbligo del genitore di provvedere al mantenimento dei figli minori e conseguentemente nemmeno l’obbligo del Comune di residenza di tale genitore di provvedere al sostentamento del minore in sostituzione del genitore in "stato di bisogno". Il "domicilio di soccorso", quindi, si estenderebbe anche all’ipotesi di genitore decaduto dalla patria potestà, anche in ragione di quanto affermato all’art. 72, ultimo comma della legge 6972 del 1890, ancorchè abrogata a decorrere dal 28.11.2000. In ogni caso, dal 23 novembre 2000 i minori in questione avrebbero acquisito un proprio domicilio di soccorso per il compimento del quattordicesimo anno d’età;

3. carenza di motivazione, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, irrilevanza della circolare regionale invocata.

In ragione di tutto ciò il Comune ha chiesto la sospensione degli effetti del provvedimento, l’accertamento dell’obbligo del Comune di Brescia di farsi carico del mantenimento dei minori nel periodo in questione e, conseguentemente, l’infondatezza della pretesa creditoria fatta valere nei confronti del Comune di Verona, nonché la condanna del Comune di Brescia alla restituzione di quanto anticipato dal Comune di Verona dal 1.12.2000 al 30.09.2001, pari a Lire 53.800.000 e delle somme relative al periodo successivo da questo erogate ancorchè dovute dal solo Comune di Brescia, in quanto Comune in cui avevano il proprio domicilio di soccorso, a seguito del compimento del quattordicesimo anno di età, i minori in questione. Tutto ciò unitamente agli interessi di legge dalla data della domanda.

Si è costituito in giudizio il Comune intimato, aderendo alla tesi della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, ma contestando la fondatezza del ricorso, in primo luogo laddove tende a sostenere l’inammissibilità dell’azione esercitata dal Comune di Brescia. A tale proposito, quest’ultimo ha prodotte le fatture della Comunità che accoglieva i minori Sortino, ritenendo di avere con ciò assolto al proprio onere probatorio ex art. 2697.

Nel merito esso ha sostenuto la legittimità del proprio operato, essendosi limitato a dare puntuale applicazione alle indicazioni fornite dalla Regione in ordine all’applicazione della L.R. 1/1986 nella propria circolare del 18 novembre 1996, nr. 32, nella quale si lega l’obbligo di "soccorso" del Comune alla residenza del genitore esercente la patria postestà.

In vista della pubblica udienza il Comune ricorrente ha depositato una memoria nella quale ha ribadito le tesi già dispiegate nel ricorso.

Alla pubblica udienza la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente affronta la questione della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.

A sostegno della positiva risposta a tale interrogativo il Collegio ritiene di poter condividere l’ormai costante giurisprudenza secondo cui la richiesta di rifusione di una determinata somma da parte della pubblica Amministrazione, emessa nelle forme dell’ingiunzione di pagamento di cui all’art. 2 R.D. n. 639 del 1910, non costituisce un mezzo di accertamento del credito da quest’ultima vantato, ma semplicemente lo strumento a sua disposizione per procedere ad esecuzione forzata. Ne consegue che la giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria è ravvisabile soltanto ove la controversia attenga ai vizi formali dell’ingiunzione e del relativo procedimento o al diritto dell’Ente pubblico di procedere all’esecuzione forzata.Nel caso in cui, invece, come quello in esame, si contesti la legittimità stessa della pretesa creditoria del Comune – pretesa che ha titolo nell’esercizio dei compiti propri dei servizi sociali del Comune in relazione al mantenimento dei minori affidati agli stessi servizi sociali – la causa rientra nella giurisdizione esclusiva attribuita al Giudice amministrativo, come per tutti i pubblici servizi, dalla legge 21 luglio 2000, n. 205 (in tal senso, per il principio generale, cfr Consiglio di stato, sez. V, 10 gennaio 2005, n. 19).

Ciò precisato in rito, si può prescindere dall’esaminare la censura di inammissibilità dell’azione esercitata dal Comune di Brescia, attesa la fondatezza nel merito del ricorso.

Il Collegio ritiene, infatti, come già affermato nell’ordinanza cautelare di questo Tribunale n. 23/02 del 8 gennaio 2002, che la decadenza dalla potestà genitoriale non comporti il venir meno dell’obbligo assistenziale del genitore e, quindi, nemmeno dell’obbligo posto in capo al Comune di residenza del genitore medesimo di supplire a quest’ultimo, nella cura e nel sostentamento dei figli, laddove versi in "stato di bisogno".

A tale proposito appare opportuno precisare che, fino al 28 novembre 2000, la norma di riferimento era rappresentata dalla legge 6972 del 1890, il cui articolo 72 prevedeva, al secondo comma: "Il domicilio di soccorso una volta acquistato secondo le norme di cui al n. 1, non si perde se non con lo acquisto del domicilio di soccorso in comune diverso". Pertanto, permanendo, in capo al genitore che ha perso la potestà, l’obbligo di mantenimento dei figli minori, tale obbligo deve intendersi traslato sul Comune cui risulta imputato il c.d. "domicilio di soccorso" in caso di genitore incapace di farsi carico di detto onere di mantenimento.

È pur vero che la suddetta norma è stata abrogata, a decorrere dal 28 novembre 2000, dall’entrata in vigore dell’art.30 della legge 8 novembre 2000, n. 328, quindi, in linea di principio, il periodo successivo non potrebbe essere regolato da suddetta disposizione, ma il nuovo sistema introdotto dalla suddetta legge, in quanto fondato sulla residenza dell’assistito non ha comunque comportato alcun diverso effetto, in termini concreti.

Il giorno 23 novembre 2000, infatti, i minori in questione hanno compiuto il quattordicesimo anno d’età e, quindi, già a decorrere da tale data essi avrebbero, ai sensi dell’art. 73 della legge 6972 del 1890, in vigore ancora per soli cinque giorni, acquisito un proprio domicilio di soccorso e cioè esattamente quello del Comune di residenza, così come previsto dalla normativa sopravvenuto e, perciò, nel caso di specie, del Comune di Brescia.

Ne deriva l’obbligo di quest’ultimo Comune di farsi carico (per la quota di 1/2) del mantenimento dei minori in questione dal 15 dicembre 1998 al 23 novembre 2000 in ragione della residenza della madre, seppur priva della potestà genitoriale e dal 23 novembre 2000 al 31 dicembre 2000, per il totale, però, in ragione della sopravvenuta rilevanza della residenza dei minori stessi in Comune di Brescia.

Ne a diversa conclusione può condurre il fatto che la normativa regionale, ed in specie l’art. 61 della L.R. 1/1986 reciti "Gli oneri che in base alle Leggi e al piano regionale socio – assistenziale gravano sui Comuni per l’ assistenza sono a carico del Comune in cui l’ avente diritto alla prestazione è residente o, nei casi previsti dalle lett. c) e d) del precedente art. 9, è dimorante nel momento in cui la prestazione ha inizio; qualora l’ avente diritto sia ospitato in strutture residenziali situate in un Comune diverso gli oneri gravano comunque sul Comune di residenza, restando a tal fine irrilevante il cambiamento della residenza stessa connesso esclusivamente a tale ospitalità.". E’ pur vero che, in ragione del combinato disposto di tale norma e dell’art. 45 del codice civile (secondo cui il minore ha il proprio domicilio nel luogo di residenza della famiglia, ovvero del genitore con il quale convive) parrebbe potersi sostenere che la perdita della patria potestà del genitore comporti la perdita del requisito della residenza per giustificare il mantenimento del trasferimento dell’obbligo di sostenere le spese relative al minore in capo al Comune di residenza del genitore. Una tale conclusione trova, però, ostacolo nel principio secondo cui la perdita della patria potestà fa venire meno una pluralità di diritti e doveri del genitore, ma non anche l’obbligo di mantenimento. L’obbligo di mantenimento dei figli, infatti "prescinde dalla potestà genitoriale – che rappresenta non un diritto soggettivo ma un munus di diritto privato che si sostanzia nel poteredovere di curare determinati interessi privati e pubblici del minore – e riguarda tanto i figli naturali, quanto quelli adottivi, tra loro perfettamente equiparati" (Cassazione civile, sez. I, 08 novembre 2010, n. 22678 ed in senso analogo anche Cassazione civile, sez. I, 22 novembre 2000, n. 15063). Ne consegue che, essendo la madre – residente nel Comune di Brescia e comunque tenuta a contribuire al mantenimento dei propri figli anche nel periodo in cui essa è stata dichiarata decaduta dalla patria potestà – incapace di adempiere a tale obbligo, il suddetto Comune di Brescia non poteva sottrarsi all’obbligo di soccorso. Ciò a prescindere dal contenuto della richiamata, da parte resistente, circolare regionale, priva, per sua stessa natura, di efficacia vincolante nei confronti del Comune.

Accertato, quindi, che per il periodo in questione deve ritenersi sussistesse l’obbligo di versamento del 50 % delle rette in capo al Comune di Brescia, si deve affermare l’assenza di ogni titolo legittimante la richiesta di pagamento notificata in data 7 novembre 2001 e la conseguente illegittimità della stessa.

Per quanto attiene alla pretesa del Comune di Verona con riferimento alla restituzione delle somme da questa corrisposte nel periodo successivo (1.12.00 – 30.9.01, nonché da tale data sino alla cessazione della contribuzione come da documentazione sub 2 degli allegati depositati da parte ricorrente il 23 marzo 2011), essa appare fondata. Il 23 nov. 2000 i minori hanno compiuto 14 anni e quindi il riferimento, nell’individuazione del Comune tenuto all’obbligo di assistenza, è divenuto quello del Comune di loro residenza. La l. 328 del 2000, infatti, avendo espressamente abrogato l’art. 72 l. 6972 del 1890, ha sostituito integralmente la disciplina previgente, sicché dalla sua entrata in vigore, è cessato il regime ancorato al criterio del "domicilio di soccorso", sostituito dal criterio della residenza. Il quarto comma dell’art. 6 della suddetta legge n. 328/00 prevede, infatti, che: "Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica."

Deve, quindi, essere disposta la restituzione, a favore del Comune di Verona, anche di quanto da questo corrisposto per il mantenimento dei minori M. e M. dopo il compimento del loro quattordicesimo anno d’età e, quindi, successivamente al 23 novembre 2000, data in cui unico obbligato è divenuto il Comune di Brescia, non essendo stato mai contestato, da quest’ultimo, il dato della residenza dei minori in Comune di Brescia, più volte addotto dal Comune di Verona, prima e dopo la proposizione del ricorso, a sostegno dell’essere venuto meno dell’obbligo di mantenimento.

Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la particolarità della controversia e la complessità della ricostruzione del quadro normativo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto dichiara l’illegittimità dell’ingiunzione di pagamento opposta e condanna il Comune di Brescia al pagamento delle somme come in motivazione determinate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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