Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-04-2011) 26-05-2011, n. 21225 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

tore Generale, GALASSO Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- S.A. ricorre avverso la sentenza datata 19.2/18.5.2010 della corte di appello di Lecce, di conferma della pregressa sentenza del tribunale, in composizione monocratica, della stessa città in data 5/25.6.2010, che lo condannava ad un anno di reclusione per il delitto di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 2 deducendo tre motivi di ricorso.

A fronte di un giudizio di colpevolezza incardinato sulla accertata violazione del divieto di non associarsi a persone che avessero subito condanne o fossero sottoposte a misure di prevenzione o sicurezza, il ricorrente, da un lato, denuncia la violazione dell’art. 449 c.p.p., comma 6 per essere stato incardinato il giudizio direttissimo al di fuori della flagranza del reato, per il fatto che le singole violazioni, confluite nella contestazione, degli obblighi, diversi dall’ultima, erano risalenti nel tempo, dall’altro ancora, contesta la configurabilità del reato per essere stati contestati tre incontri con persone, alcuni dei quali familiari, per i quali non potrebbe configurarsi la condotta di associarsi con persone pericolose, dall’altro infine, sottolinea che i tre incontri contestati si collocano in tempi diversi e con soggetti diversi, il che dovrebbe escludere la ricorrenza della fattispecie criminosa contestata.

– 2- Il ricorso non è fondato.

Per un verso il ricorrente non fornisce alcuna prova, come sottolineano i giudici di primo grado, che in relazione alla violazione degli obblighi pregressi rispetto a quello la cui violazione ha comportato l’arresto in flagranza, si siano instaurati distinti procedimenti penali tra loro connessi.

Ma al di là di questo i giudici di merito hanno puntualmente e correttamente osservato che la prescrizione, penalmente sanzionata, che impone alla persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di non frequentare o associarsi a determinati soggetti, implica un’abitualità o serialità di comportamenti, dovendosi, conseguentemente, escludere che la sua violazione sia integrata da un unico fatto episodico (v. Sez. 1^, 10.11/9.12.2009, Linaris, Rv 245687).

Con la conseguenza che in tanto si è proceduto all’arresto in flagranza del prevenuto ed alla instaurazione del rito direttissimo, in quanto l’ultima occasione di incontro con persona pericolosa ha concretizzato il reato e consumato una condotta che richiede di regola una certa abitualità o ripetitività di comportamenti trasgressivi.

Parimenti non meritano accoglimento i due ulteriori motivi di ricorso che, nel contestare la sintomaticità delle frequentazioni dell’imputato, svolgono il tentativo, posta la situazione di fatto come accertata, di darne una valutazione diversa da quella, di certo non manifestamente illogica, propria dei giudici di merito.

In verità in tema di violazione delittuosa agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, non è richiesta, per l’integrazione del reato sotto il profilo della violazione della prescrizione di non associarsi abitualmente con pregiudicati, una costante e assidua relazione interpersonale, ben potendo la reiterata frequentazione essere assunta a sintomo univoco dell’abitualità di tale comportamento (v. Sez. 1^, 26.11/11.12.2009, Caputo R.V. 245882).

Ora nel caso di specie il ricorrente è stato notato una prima volta, il 16.1.2009 in una BMW insieme al pluri-pregiudicato, D.S. G., il 27.3.2009, in colloquio solitario con C.P. suocero non convivente, l’8.4.2009 con tali D.L. e M. A., entrambi con precedenti penali, il primo addirittura sottoposto all’obbligo di dimora.

Vi è quanto basta per correttamente, come hanno fatto i giudici di merito, ritenere quegli incontri sintomatici della stabilità e non episodicità dei rapporti del prevenuto con i pregiudicati del posto.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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