T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 25-05-2011, n. 1318 Giustizia amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 17.12.2009, la Ditta A. presentava al Comune resistente istanza di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di modifiche ed ampliamenti di un fabbricato commerciale di proprietà, allegando di doverlo adibire in futuro a sala giochi.

Con verbale del 9.3.2010, la competente Commissione esprimeva il parere favorevole all’intervento consentendo al Comune il rilascio, con atto del 20.5.2010, dell’autorizzazione paesaggistica (poi modificata a seguito di istanza dell’interessata con provvedimento del 23.11.2010, previo parere della Commissione del 14.9.2010).

Con Denuncia di Inizio Attività ex art. 19 della L. n. 241/1990, datata 27.5.2010, la Ditta A. denunciava l’esecuzione della nuova costruzione concernente la "modifica fabbricato Bar/Gestore con spostamento zona locali di servizio (magazzini, retrobar, servizi igienici); costruzione fabbricato in aderenza da destinarsi a sala giochi con capienza inferiore a 100 persone" cui, in assenza di interventi del Comune, seguiva, il 12.7.2010, la comunicazione di inizio dei lavori.

Con delibera del Consiglio comunale del 29.9.2010, l’Amministrazione resistente, approvava il Regolamento comunale per l’apertura e la gestione delle sale da gioco prescrivendo che il numero di sale da gioco autorizzabili nell’intero territorio comunale non avrebbe potuto superare il numero di una ogni 5.000 abitanti.

Con istanza del 22.10.2010, la società T. S.r.l. presentava al Comune resistente "domanda per apertura sala giochi" ex art. 86 del TULPS in locali di proprietà della Ditta A. & C. S.n.c. dei quali avrebbe avuto la disponibilità in forza di un contratto di affitto "in fase di registrazione".

Con annotazione in calce al modello di domanda si impegnava "ad integrare la presente domanda con l’opportuna documentazione entro il 29/10/2010" (nella specie, l’istanza non era corredata da copia del contratto di affitto e non risultavano specificati, benché richiesti dal modello, gli estremi del certificato di agibilità. L’integrazione documentale veniva effettuata in data 12.11.2010 senza allegazione del certificato di agibilità.

Con atto depositato il 15.11.2010, la Ditta A. effettuava la comunicazione di ultimazione dei lavori.

In data 18.11.2010, la T. S.r.l. presentava una nuova "istanza per la concessione di una licenza per l’apertura di una sala giochi in San Martino Siccomario, Via Turati n. 31" con la quale, premesso "che ai sensi della normativa(a) vigente il rilascio della licenza deve essere effettuata per ogni 5.000 abitanti", rappresentava che la richiesta era "la prima e unica presentata al Comune di San Martino Siccomario".

L’Amministrazione, con provvedimento del 29.11.2010, richiamato il contenuto dell’art. 5 della fonte regolamentare sopravvenuta, negava l’autorizzazione sul presupposto che il numero di sale giochi già presenti sul territorio comunale già corrispondeva al massimo consentito.

Nel frattempo, nell’ambito del procedimento relativo alla DIA n. 31 del 27.5.2010 "Modifica fabbricato gestore/bar, costruzione sala giochi e creazione tavolato divisorio per locale fumatori" la Ditta A., con istanza protocollata in data 9.12.2010, chiedeva il certificato di agibilità.

L’Amministrazione, riscontrata la carenza della documentazione necessaria, con nota del 17.12.2010, procedeva alla richiesta delle dovute integrazioni che pervenivano con successiva nota del 29.12.2010.

Il certificato di agibilità n. 28/2010 veniva rilasciato in data 10.2.2011.

Avverso il successivo diniego di autorizzazione all’apertura della sala giochi, entrambe le società, T. e A., proponevano ricorso, con contestuale domanda risarcitoria, deducendo:

1. l’illegittimità dell’applicazione retroattiva del Regolamento comunale disciplinante il rilascio di autorizzazione all’apertura di sale giochi;

2. l’errata applicazione dell’art. 5 del Regolamento comunale in virtù della considerazione, nel numero massimo degli impianti autorizzabili, di quelle soggette a licenza ministeriale;

3. la lesione del legittimo affidamento ingenerato nella ricorrente A. in virtù del perfezionamento della DIA.

Si è costituita l’Amministrazione eccependo, in via pregiudiziale, sotto un primo profilo, il difetto di legittimazione della Ditta A., estranea al procedimento autorizzatorio oggetto del giudizio, sotto altro profilo, il difetto di interesse della ricorrente T. stante la mancata impugnazione dell’art. 5 del Regolamento comunale in esecuzione del quale è stata negata l’autorizzazione richiesta.

Nel merito confutava le avverse doglianze chiedendo la reiezione del ricorso.

Nella camera di consiglio del 9.3.2011 veniva accolta all’istanza di sospensione ed all’esito della pubblica udienza del 4 maggio 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Nel presente giudizio ricorrono avverso il provvedimento di diniego opposto ad una istanza di autorizzazione all’apertura di una sala giochi, tanto la società istante, sulla quale riverberano in via immediata gli effetti del provvedimento impugnato, quanto la ditta che ha effettuato i lavori per la realizzazione dei locali all’interno dei quali si sarebbe dovuta svolgere l’attività di gioco.

Preliminarmente si pone all’attenzione del Collegio l’eccezione di carenza di legittimazione al ricorso della Ditta A. introdotta dall’Amministrazione resistente sul presupposto dell’estraneità della medesima alle vicende procedimentali oggetto del giudizio.

Parte ricorrente, a sostegno della sussistenza di un interesse concreto e ed attuale della Ditta A. all’impugnazione del diniego opposto alla Società T., assume la violazione da parte dell’Autorità pubblica dei principi di correttezza e buona fede.

In particolare deduce che detta violazione si sarebbe consumata con il mancato esercizio dei poteri inibitori in ordine alla DIA dalla medesima presentata con indicazione della destinazione dei locali da realizzarsi che, con il consolidarsi del titolo abilitativo, avrebbe ingenerato un legittimo affidamento non solo relativamente alla regolarità delle opere da realizzarsi, ma anche circa la futura possibilità di adibire i locali all’esercizio di attività di gioco.

A sostegno della propria posizione evidenzia l’ordinario svolgimento di attività riferite al procedimento di autorizzazione edilizia in epoca concomitante all’esplicazione delle fasi istruttorie del parallelo procedimento di autorizzazione all’apertura della sala giochi in assenza di alcuna obiezione od osservazione da parte del Comune.

In particolare allega l’invito inoltratole dall’Amministrazione, successivamente all’approvazione del Regolamento ostativo, a procedere al pagamento degli oneri connessi alla DIA e l’autorizzazione paesaggistica "in variante" che, come già precisato, sarebbe intervenuta in data 23.11.2010, successivamente ad entrambe le istanze proposte dalla Società T..

L’eccezione è fondata.

La ditta A. non è, infatti, portatrice di alcun interesse concreto ed attuale all’impugnazione del provvedimento di diniego in questa sede censurato in quanto soggetto estraneo al procedimento finalizzato al suo rilascio ed in relazione al quale vanta un interesse di mero fatto.

Nessuna lesione è ipotizzabile, infatti, in capo alla medesima quale conseguenza diretta del diniego opposto alla T. nella cui sola sfera giuridica sono destinati ad esplicarsi gli effetti lesivi del provvedimento.

Riconosce il Collegio che appare singolare, anche in relazione alle dimensioni della struttura amministrativa del Comune resistente, che il procedimento relativo alla DIA presentata dalla Ditta A., con indicazione delle specifiche finalità dell’intervento, si sia svolto in parziale concomitanza con l’iter di approvazione del Regolamento comunale e con la fase istruttoria del procedimento autorizzatorio di interesse per la T. senza alcun rilievo ostativo da parte dell’Amministrazione, ma la circostanza è irrilevante ai fini del presente giudizio.

Sarà semmai cura della ricorrente A. valutare se la dedotta lesione dei principi di correttezza e buona fede possa rilevare, qualora comprovata, in diversa sede ai fini di una eventuale domanda risarcitoria a titolo di responsabilità extracontrattuale.

Sempre in via pregiudiziale, l’Amministrazione eccepisce l’improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione del Regolamento comunale.

La perdurante efficacia dell’atto presupposto, si sostiene, anche in caso di eventuale accoglimento del gravame relativamente all’atto applicativo, non consentirebbe alla ricorrente di conseguire utilità in quanto detto esito non potrebbe che determinare l’adozione di un nuovo provvedimento con i medesimi contenuti.

L’eccezione è infondata in quanto con il presente ricorso la ricorrente deduce, da un lato, l’inapplicabilità ratione temporis dell’atto regolamentare alla propria fattispecie; dall’altro la compatibilità della propria istanza con i limiti dal medesimo imposti.

Ne deriva che la posizione della ricorrente e l’utilità che con il ricorso essa si ripropone di conseguire non è incompatibile con la vigenza del Regolamento in questione.

Quanto al merito, il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, T. deduce che il Regolamento in applicazione del quale l’Amministrazione ha respinto l’istanza di autorizzazione non sarebbe applicabile al proprio caso in quanto non ancora entrato in vigore al momento della proposizione dell’istanza.

L’atto regolamentare, infatti, sebbene approvato con delibera consiliare del 30.09.20.10 sarebbe entrato in vigore in data 3.11.2010 (sul punto non c’è contestazione), successivamente all’istanza di autorizzazione presentata il 22.10.2010.

La doglianza è infondata.

Dirimente sul punto è il principio in base al quale "il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum (su tale principio ex plurimis Consiglio di Stato, IV, 8.6.2007, n. 3027) e ciò comporta che la legittimità di un provvedimento debba valutata in relazione alle norme vigenti al tempo in cui lo stesso è adottato (Cons. Stato, Sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458).

Il provvedimento di diniego è intervenuto in data 29.11.2011 e, pertanto, non può essere posta in discussione l’applicabilità della fonte normativa in quel momento vigente.

A sostegno della affermata infondatezza della doglianza deve, inoltre, rilevarsi che la ricorrente, dopo aver presentato una prima istanza (22.10.2010), ha reiterato la richiesta con una nuova domanda recante "istanza per la concessione di una licenza per l’apertura di una sala giochi in San Martino Siccomario, Via Turati n. 31" in data 18.11.2010, in piena vigenza della nuova disciplina, e che il diniego in questa sede impugnato è opposto in relazione ad entrambe le richieste.

Con tale seconda istanza, si evidenzia, è stata la stessa ricorrente a riconoscere la vigenza della disciplina sopravvenuta come testimonia inequivocabilmente la premessa "che ai sensi della normativa vigente il rilascio della licenza deve essere effettuato per ogni 5.000 abitanti".

Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente deduce che, in ogni caso, il limite numerico posto dal Regolamento non inibirebbe il rilascio della richiesta autorizzatone in quanto ai fini del raggiungimento del contingente massimo rileverebbero unicamente le sale giochi autorizzate con provvedimento comunale e non anche, come sostenuto dal Comune, quelle operanti in virtù di provvedimenti di competenza di altre amministrazioni.

Chiarita nel senso la portata della norma, si afferma, non dovrebbe rilevare la presenza della sala giochi già presente in quanto munita di licenza ministeriale.

Anche tale doglianza è infondata in quanto smentita dal dato letterale della disposizione normativa.

Il comma 1 dell’art. 5 del Regolamento comunale, rubricato "Requisiti", prescrive che "il numero delle sale giochi autorizzabili nell’intero territorio comunale è in ragione di una per 5.000 cittadini residenti al 31 dicembre dell’anno precedente (intendendosi che sono possibili 2 (due) sale da gioco con numero di abitanti superiore a 10.000)".

Il riportato dato letterale, in assenza di specifici riferimenti all’Autorità competente al rilascio del titolo abilitante, non può che essere riferito al complessivo numero di sale giochi presenti sul territorio.

Ne consegue che il contingentamento degli impianti in questione deve essere operato considerando tutte le sale presenti nel territorio comunale indipendentemente dalla natura del titolo abilitante.

La presenza, pertanto, di un’altra sala giochi, ancorché in virtù di un titolo ministeriale, e la consistenza demografica del Comune di San Martino Siccomario (inferiore ai 10.000 abitanti), non poteva consentire il rilascio della chiesta autorizzazione configurando il diniego impugnato quale espressione di attività vincolata.

Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari di giudizio che liquida in Euro 3.000,00, oltre al 12,5% a titolo di spese forfetariamente calcolate, ad I.V.A. e C.P.A.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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