T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 25-05-2011, n. 1313

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In seguito ad un sopralluogo presso lo studio di fisiokinesiterapia della ricorrente, in occasione del quale i funzionari della ASL hanno accertato l’assenza di un medico con funzioni di Direttore sanitario ed hanno rilevato alcune irregolarità dal punto di vista igienico -sanitario, il Responsabile del Servizio Igiene e Sanità pubblica della ASL di Pavia ha adottato il provvedimento impugnato dalla ricorrente e sospeso con decreto cautelare n. 789 del 13 marzo 2001, confermato con successiva ordinanza n. 908 del 22 marzo 2001.

Con quattro motivi di ricorso la ricorrente ha dedotto la violazione di legge sotto diversi profili: 1) perché la norma di cui all’art. 7 della L.r. n. 5/86, posta a fondamento del provvedimento di sospensione, sarebbe stata abrogata dalla D.G.R. VII/3312 del 2 febbraio 2001; 2) perché la norma della L.r. che prevede le condizioni igienico sanitarie (art. 6) sarebbe stata, in realtà, già abrogata dall’art. 4, comma 6, della L.r. n. 16/99; 3) perché la nuova normativa regionale, applicabile a far data dalla delibera VII/3312, avrebbe rinviato all’adozione di ulteriore delibera di Giunta la definizione delle modalità e dei tempi per l’adeguamento delle strutture ai requisiti minimi previsti dal D.P.R. del 14 gennaio 1997; 4) in subordine perché, in ogni caso, la ASL avrebbe potuto/dovuto inoltrare una mera diffida ad adeguarsi senza disporre immediatamente la sospensione.

La difesa dell’Azienda Sanitaria ha contestato le avverse censure, osservando innanzitutto che, per espressa ammissione della ricorrente, la struttura operava fin dal 1994 senza il Direttore sanitario dimessosi dall’incarico, in violazione di una norma di legge, l’art. 7 della L.r. 5/86, che al momento dell’adozione dell’atto impugnato era ancora vigente atteso che la D.G.R. n. VII/3312 è stata pubblicata sul B.U.R.L. il 19 febbraio 2001, ma è entrata in vigore soltanto 60 giorni dopo.

Ha, inoltre, evidenziato che l’atto impugnato non ha imposto l’adeguamento della struttura a requisiti nuovi che, per legge, sarebbe potuto essere differito ai cinque anni successivi, bensì ha rilevato la mancanza di requisiti minimi previsti dalla normativa previgente fatta salva dalla nuova disciplina.

Quanto al mancato inoltro della semplice diffida, la ASL ha fatto presente che il venir meno del Direttore sanitario è causa di revoca e non di semplice sospensione dell’attività, sicché l’impugnato provvedimento, per tale ragione già benevolo, non sarebbe censurabile sotto tale profilo.

Previo deposito di scritti conclusivi, all’udienza pubblica del 4 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Il ricorso è infondato.

2.1. La Legge regionale n. 5 del 17 febbraio 1986, recante "Disciplina per l’autorizzazione e la vigilanza sulle istituzioni sanitarie di carattere privato che svolgono attività ambulatoriale, nonché per il trasporto di infermi", all’art. 1 definisce il campo di applicazione: istituzioni sanitarie gestite da privati, enti ed organismi di volontariato e istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, che svolgono attività ambulatoriale di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di trasporto di infermi e di feriti.

Al successivo art. 2, comma 1, lett. c), include nel novero di tali istituzioni sanitarie private i luoghi ove si esercitino cure fisiche ed affini ivi comprese tutte le attività implicanti l’impiego di apparecchiature elettromedicali di qualsiasi tipo a scopo preventivo o terapeutico, nonché ogni trattamento fisico e manuale sul corpo finalizzato alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione ad eccezione di quelli ad esclusiva finalità estetica di cui all’art. 1 della legge 14 febbraio 1963, n. 161, modificata dalla legge 23 dicembre 1970, n. 1142.

Infine, all’art. 6 fissa i requisiti che ciascuna struttura deve possedere per essere autorizzata e, al primo comma dell’art. 7, prescrive che "le strutture sanitarie di cui al presente titolo devono essere dirette da un medico che ne assume la responsabilità tecnica".

La citata legge regionale è rimasta in vigore fino alla sua abrogazione avvenuta ai sensi dell’art. 1, comma 1 della L.r. 22 luglio 2002, n. 15.

Nelle more è intervenuta la L.r. 12 agosto 1999 n. 15, recante "modifiche e abrogazioni legislative per la realizzazione dei progetti del programma regionale di sviluppo" la quale all’art. 4, avente ad oggetto "Modifiche di leggi regionali in materia di sanità ed interventi sociali", ha previsto che l’attività sanitaria svolta presso strutture pubbliche o private è subordinata al possesso dei requisiti individuati dalla normativa vigente ed al rilascio di specifica autorizzazione da parte dell’amministrazione regionale o dell’azienda sanitaria locale secondo le relative competenze, che si avvalgono per tale funzione anche degli organismi di verifica delle ASL (comma 2).

Ha, inoltre, previsto l’abrogazione dell’art. 6 della L.r. n. 5/86 (comma 6) dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia della deliberazione di Giunta regionale deputata a fissare l’iter procedurale per il rilascio dell’autorizzazione e le modalità di verifica del possesso e della permanenza dei requisiti necessari allo svolgimento delle attività sanitarie di cui al comma 2 (comma 8).

La Giunta Regionale è intervenuta con la delibera n. 7/3312 del 2 febbraio 2001, pubblicata sul BURL del 19 febbraio successivo.

2.2. Dal quadro normativo fin qui ricostruito possono trarsi due conclusioni: la prima è che la norma (art. 7 della L.r. n. 5/86) che stabiliva l’obbligatorietà della presenza del direttore sanitario era vigente alla data di adozione del provvedimento, essendo stata detta legge abrogata soltanto con l’entrata in vigore della L.r. 22 luglio 2002, n. 15; la seconda è che la norma della stessa legge regionale che fissava i requisiti igienico sanitari per il rilascio delle autorizzazioni (art. 6) è stata abrogata il 19 febbraio 2001, data di pubblicazione sul BURL della D.G.R. 7/3312, per essere sostituita dalla nuova disciplina dettata dalla L.r. 12 agosto 1999, n. 15, la quale all’art. 4, comma 4, ha altresì previsto la possibilità per la Giunta regionale di stabilire, con propria deliberazione, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, requisiti minimi integrativi rispetto a quelli individuati dalla normativa statale vigente, nonché i requisiti minimi per l’esercizio di attività sanitarie non contemplate dalla normativa statale.

Nel caso di specie, la non contestata assenza, addirittura dal 1994, del direttore sanitario all’interno della struttura era di per sé elemento motivazionale sufficiente a reggere l’intero provvedimento; dall’altra l’intervenuta abrogazione della norma riguardante i requisiti igienico – sanitari nulla ha innovato rispetto alla previsione, nelle more intervenuta, di cui alla L.r. 12 agosto 1999, n. 15 che ha mantenuto ferma la necessità del possesso dei requisiti individuati dalla normativa vigente e del rilascio di specifica autorizzazione da parte dell’amministrazione regionale o dell’azienda sanitaria locale.

Invero, alla delibera di Giunta regionale invocata dalla ricorrente a conferma della tesi per cui non sarebbero stati più necessari la presenza del direttore sanitario e il possesso dei requisiti ex lege n. 5/86, in realtà era deputato soltanto il compito di stabilire modalità operative, ossia l’iter procedurale per il rilascio dell’autorizzazione e le modalità di verifica del possesso e della permanenza dei requisiti necessari allo svolgimento delle attività sanitarie con facoltà di prevedere vieppiù requisiti minimi ulteriori rispetto a quelli individuati dalla normativa statale, nella specie rappresentata dal D. lgs. 502/92, che mantiene ferma la necessità dell’autorizzazione (art. 8ter, comma 1, lett. b) e dal D.P.R. 14 gennaio 1997.

In conclusione, in presenza di un atto plurimotivato, anche l’eventuale fondatezza di una delle altre censure non potrebbe in ogni caso condurre all’annullamento dell’impugnato provvedimento, il quale rimarrebbe comunque sorretto dall’ulteriore corretta motivazione riguardante la mancanza del direttore sanitario (per l’affermazione del principio cfr. T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 10 febbraio 2011, n. 240; T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 13 luglio 2010, n. 16686).

Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso, pertanto, deve essere respinto.

Consegue la reiezione, altresì, della domanda risarcitoria.

L’acclarata legittimità dell’atto impugnato, infatti, esclude in radice la configurabilità di qualsivoglia danno ingiusto la cui sussistenza, in uno con la relativa quantificazione, non è stata peraltro provata.

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna la ricorrente alla rifusione, in favore della ASL di Pavia, di spese e competenze del giudizio che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila), oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 12,50%, nonché di oneri previdenziali e fiscali come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *