T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 25-05-2011, n. 1307 Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Società ricorrente è proprietaria del compendio immobiliare sito nel Comune di Lesmo, Via Messa.

In data 21.3.1991 sui terreni di che trattasi è stata rilasciata concessione edilizia (n. 1674/91) per la realizzazione di n. 9 unità immobiliari residenziali.

La Regione Lombardia è, tuttavia, intervenuta in autotutela sulle proprie precedenti determinazioni, con provvedimenti che sono stati impugnati ed annullati dal T.A.R., con le sentenze nn. 638/93 e 1173/95, per carenza di motivazione.

Con nota prot. n. 7017 del 20.7.1998 il Corpo Forestale dello Stato segnalava alla Regione che nelle previsioni del P.T.C. adottato dal Consorzio del Parco Valle Lambro, nella tavola 1C risultava nel Comune di Lesmo una porzione di territorio con destinazione "Ambiti di trasformazione compatibile – Aree insediative – art. 21". Tale area era quella di cui al procedimento penale n. 7850/94, conclusosi con la sentenza depositata in data 20.5.1996, e dunque successivamente alle citate pronunce del T.A.R. La predetta sentenza penale aveva condannato gli imputati, tra cui anche i rappresentanti dell’attuale ricorrente, per l’illegittima realizzazione di interventi edilizi (complesso residenziale di nove ville), con ordine alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi. Poiché l’area era coperta da bosco d’alto fusto, abusivamente disboscato, la stessa dovrebbe essere tutt’ora soggetta alla vincolistica forestale, ambientale a paesistica: dal che l’invito rivolto alla Regione a "valutare la compatibilità della destinazione dell’area".

In accoglimento della predetta osservazione, con il provvedimento impugnato, l’area de quo è stata ricompresa in zona "ambiti boschivi", con ciò mutandosi la destinazione originaria di piano, che collocava invece il fondo in zona "ambiti insediativi".

Con un unico articolato motivo di ricorso si censura il difetto di motivazione e la mancanza di contraddittorio nel corso del procedimento che ha condotto alla detta modifica. La citata nota del Corpo Forestale si sarebbe limitata ad invitare l’Amministrazione a "valutare la compatibilità della destinazione dell’area", peraltro ormai edificata, e dunque priva delle caratteristiche di una zona boschiva. Il provvedimento impugnato non conterrebbe alcuna specifica valutazione relativa al pubblico interesse a sostegno dell’autotutela, né alcun bilanciamento con gli interessi dei privati assuntamente consolidatisi.

Il ricorso è infondato.

L’area di che trattasi ha formato oggetto della sentenza di condanna, n. 764 del 20.5.1996, successivamente passata in giudicato, emessa nei confronti degli amministratori dell’attuale ricorrente, nella quale, tra l’altro, è stata disposta la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, cioè a bosco misto ad alto fusto.

Il provvedimento impugnato costituisce, pertanto, lo strumento adottato affinché possa procedersi alla detta rimessione in pristino.

Quanto al denunciato difetto di motivazione, il Collegio ritiene utile richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui "l’obbligo di motivazione in sede di adozione del piano regolatore sussiste, al fine del legittimo uso del ius variandi, quando le nuove scelte urbanistiche incidano su aspettative qualificate del privato, quali quelle derivanti dalla stipulazione di una convenzione di lottizzazione, da una sentenza dichiarativa dell’obbligo di disporre la convenzione urbanistica, da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia o dalla decadenza di un vincolo preordinato all’espropriazione; viceversa, l’affidamento relativo alla non reformatio in peius di previsioni urbanistiche non comporta la necessità di una motivazione specifica rispetto a quella che può agevolmente evincersi dai criteri di ordine tecnico – urbanistico seguito per la redazione dello strumento urbanistico" (C.S. Sez. IV 26.5.2003 n. 2827).

Nella vicenda per cui è causa, la richiamata sentenza penale passata in giudicato ha accertato l’illegittima realizzazione di interventi edilizi, con ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, condannando, tra l’altro i rappresentanti dell’attuale ricorrente: si tratta dunque nella specie non soltanto dell’assenza di "aspettative qualificate" alla futura edificazione, ma di edifici dichiarati abusivi da una pronuncia dell’Autorità giudiziaria ordinaria da cui la Regione non aveva alcuna potestà di discostarsi.

Il ricorso va respinto.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, in considerazione della particolarità della vicenda, che ha visto alterne decisioni in sede giurisdizionale.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge

Spese compensate.

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