Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-04-2011) 26-05-2011, n. 21266 Affidamento in prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza dell’8.4.2010 il Tribunale di sorveglianza di Milano respingeva l’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali formulata da B.A.M., in stato di arresti domiciliari per l’espiazione di un residuo di pena inferiore ad anni due di reclusione, mentre accoglieva l’istanza di detenzione domiciliare. Il giudice a quo rilevava che dall’informativa delle Questura di Lecco risultava che il prevenuto aveva un domicilio in (OMISSIS) e che espletava attività di pizzaiolo, essendo socio accomandante della società "i figli del Nilo" sas tra i cui soci doveva annoverarsi altro soggetto che era stato arrestato per rapina e sequestro di persona, ragion per cui veniva ritenuto non idoneo detto luogo di lavoro; poichè residuava un pericolo di reiterazione di condotte illecite, veniva giudicata adeguata solo la misura alternativa della detenzione domiciliare.

2. Avverso detto provvedimento, ha interposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Milano, per dedurre violazione di legge ed errata interpretazione dell’art. 47 ter, comma 1 bis, OP, nonchè contraddittorietà della motivazione.

Infatti è stato escluso l’affidamento in prova ai servizi sociali sulla base delle negative informazioni giunte dalla Questura, ma l’imputato è stato comunque ammesso alla detenzione domiciliare sulla base del semplice fatto che disponeva di un alloggio, come se detta condizione fosse sufficiente a prevenire la reiterazione di condotte delittuose e senza tener conto delle informazioni negative pervenute sul fratello, suo socio nella gestione della pizzeria, arrestato per rapina e sequestro di persona; è stato quindi chiesto l’annullamento dell’ordinanza.

3. Il Procuratore Generale, con parere scritto, ha chiesto l’accoglimento del ricorso, rilevando il difetto di motivazione, non essendo stato valutato il comportamento del detenuto ai fini rieducativi, mancando un attento esame della personalità del soggetto ed una valutazione dei gravi reati per cui fu condannato; è carente la valutazione a seguito della quale la misura della detenzione domiciliare è stata reputata idonea a fronteggiare il ritenuto sussistente pericolo di ricaduta nel reato.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

L’istanza di affidamento in prova al servizio sociale venne avanzata dall’interessato mentre si trovava agli arresti domiciliari ex art. 656 c.p.p., comma 10, in relazione a condanna alla pena di anni tre di reclusione che avrà scadenza il 29.2.2012. Il Tribunale di sorveglianza non poteva trarre alcunchè di negativo dall’informativa della Questura di Lecco del 23.3.2010 che riferiva sull’esistenza di un idoneo domicilio e di una attività lavorativa, mentre dalla successiva nota dei Carabinieri, in data 7.4.2010, emergeva che il fratello dell’istante, socio della pizzeria "I figli del Nilo" dove lavorava come pizzaiolo il prevenuto, era stato arrestato per rapina e sequestro di persona. Correttamente il Tribunale recepiva da questa segnalazione il dato della non adeguatezza dell’attività lavorativa prestata dallo Istante in contesto insano, senza altre ricadute sul medesimo e valutava inadeguata la misura richiesta per l’eccessiva ampiezza; reputava per contro idonea a contemperare le esigenze pubbliche e private, la misura della detenzione domiciliare, supportata da severe prescrizioni di non allontanamento dal luogo di detenzione. La pretesa di far valere le negative informazioni fornite sul fratello anche sull’istante non è corretta; il B. già si trovava in stato di arresti domiciliari, con autorizzazione a recarsi al lavoro, quando divenne definitiva la condanna e non diede adito a rilievo alcuno durante il periodo di custodia domestica, il che comprova, contrariamente a quanto sostenuto, l’adeguatezza della misura.

Il provvedimento impugnato non sconta alcuna forzatura, nè si rileva alcuna contraddizione interna, poichè il ragionamento seguito dal giudice è stato ispirato da una corretta interpretazione del dato normativo che non esclude la concessione della detenzione domiciliare quando persista un tasso di pericolosità sociale del condannato, purchè le prescrizioni siano idonee a contenere il rischio di recidiva (cfr. Cass. sez. prima 17.3.2009, n. 14962).
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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