Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-04-2011) 26-05-2011, n. 21215

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – La Corte di appello di Palermo, con sentenza 22.9/5.10.2010, in parziale riforma della sentenza del tribunale della stessa città in data 13.10.2008 nei confronti di B.S., riduceva ad anni due e mesi sei di reclusione la pena in primo grado inflitta di anni tre e mesi otto di reclusione, per aver derubricato il delitto di incendio doloso – ex art. 423 c.p. – nel delitto di danneggiamento seguito da incendio – ex art. 424 c.p. – e confermato, invece, la condanna dell’imputato per il delitto di minaccia ai danni di P. S., P.D. e D.S.M..

In breve i fatti come ricostruiti dai giudici di merito: l’imputato, in seguito alla interruzione della relazione sentimentale con P. D., anche per la volontà dei genitori della ragazza, P. S. e D.S.M., aveva reagito con telefonate minacciose a tutti i componenti della famiglia ed in una occasione era penetrato nell’area condominiale della abitazione della P. D. e dei di lei genitori, appiccando il fuoco nel garage di P.S. e F.F. a due ciclomotori di loro proprietà. Del secondo reato- quello di minacce – gli indizi venivano tratti da plurime intercettate conversazioni telefoniche, del primo -quello del danneggiamento mediante incendio – dalle testimonianze di più persone che avevano colto l’imputato nell’atto di introdursi nell’area condominiale e quindi uscirne al primo apparire delle fiamme.

2 – Avverso la sentenza ricorre l’imputato proponendo due ragioni di censure ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e): da un lato, scorretta valutazione delle risultanze probatorie dalle quali si sarebbe potuto rappresentare una ricostruzione alternativa di eguale rigore logico rispetto a quella alla quale ha aderito il collegio, dall’altro, lacunosa motivazione in ordine alla omessa applicazione e della circostanza della provocazione e delle attenuanti generiche ed, infine, di una minore entità di pena. La denuncia delle tre omissioni giudiziali criticate si fondava sul fatto della riduttiva considerazione e del contesto in cui erano maturate le determinazioni delle condotte delittuose e dello stato emotivo dell’imputato e della sua rappresentazione di aver subito un altrui fatto ingiusto.

3- Il ricorso è manifestamente inammissibile, per genericità, quanto al primo motivo di ricorso, per sindacare il merito del provvedimento, quanto al secondo.

A fronte di un puntuale articolato costrutto probatorio rappresentato dall’inequivoco tenore di conversazioni telefoniche e di deposizioni testimoniali, quest’ultime in merito alle condotte di danneggiamento, il ricorrente propone una diversa ricostruzione di fatti, ma non ne specifica le modalità nè su che basi probatorie fondarla. Nè si peritano i motivi di ricorso di contestare la logicità e congruenza del discorso giustificativo giudiziale di cui peraltro riconoscono la sostanziale validità.

Le censure in merito alla pena inflitta del pari sono inammissibili:

i giudici di merito hanno sul punto condotto esaustive considerazioni sul disvalore dei gravi e plurimi precedenti penali dell’imputato, sulla sua carriera criminale lunga e ininterrotta, sulla gravità oggettiva dei fatti, sulle finalità disdicevoli perseguite e su una serie di circostanze che escludevano la configurabilità di un fatto ingiusto che potesse attenuare comunque la valutazione di gravità e pericolosità delle condotte costitutive di reato. Ed è noto che nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, come l’inflizione di una determinata, e non altra, pena, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n.. 186/2000; n.69/1964) – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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