Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-04-2011) 26-05-2011, n. 21011 Scriminanti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gup presso il Tribunale di Lecco giudicava con il rito abbreviato D.M.G., D.M.P., I. G. imputati di una serie considerevole di reati inerenti:

lesioni personali, nonchè multiple detenzioni e porto di armi, ricettazioni ed estorsioni;

fatti commessi sino al (OMISSIS);

Al termine del giudizio gli imputati venivano ritenuti responsabili di tutti i reati loro ascritti e condannati con sentenza del 04.06.2010 alla pena ritenuta di giustizia.

La corte di appello di Milano investita del gravame, pronunciava la sentenza del 21.06.2010, con la quale confermava la decisione impugnata quanto alla responsabilità ma provvedeva in ordine al trattamento sanzionatorio, concedendo le circostanze attenuanti generiche e riducendo per tutti la pena.

Tutti gli imputati propongono ricorso per cassazione a mezzo dei difensori, deducendo:

M.P.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

1) – il ricorrente censura la decisione impugnata per avere omesso ogni motivazione riguardo al motivo di appello con il quale si chiedeva il riconoscimento dell’ipotesi di cui al comma 5 relativamente all’incolpazione di spaccio di stupefacenti, ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, ipotesi attenuata che andava riconosciuta in considerazione del rilievo minimo delle dosi cedute dall’imputato;

2)- con il secondo motivo si censura la sentenza per non avere derubricato il fatto estorsivo contestato al ricorrente nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ipotesi ricorrente perchè dalle intercettazioni emergeva che la parte offesa era debitore di D.M.P.;

– si lamenta, inoltre, l’omessa motivazione riguardo alla configurabilità del tentativo nello stesso fatto estorsivo, ipotesi che andava ritenuta atteso che il ricorrente non era riuscito ad ottenere il denaro che erroneamente era convinto gli spettasse;

3)- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l’omessa motivazione riguardo alla mancata esclusione dell’aggravante dell’uso delle armi nel reato estorsivo, aggravante che andava esclusa atteso che nella vicenda non era ravvisabile il concorso, neppure morale, del D. M.P. nella detenzione dell’arma, tanto più che la contestazione della detenzione era mossa al solo I.;

D.M.G.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) d) e).

1-b)-Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per illogicità della motivazione laddove ha ritenuto provata la sua penale responsabilità in ordine al reato di spaccio ascritto al capo m), sulla scorta delle dichiarazioni rese dai tossicodipendenti:

C., B. ed A. che, però, non sarebbero credibili nè attendibili per avere reso dichiarazioni in contrasto tra loro e prive di riscontri; al riguardo il ricorrente lamenta che la Corte di appello avrebbe illogicamente trascurato di considerare che, nonostante le perquisizioni effettuate, il D.M.G. non era mai stato trovato in possesso di sostanza stupefacente;

– in ogni caso, anche a volere ritenere provata la penale responsabilità del ricorrente, la sentenza sarebbe ugualmente da censurare per avere negato il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti in esame e quelli già giudicati con la sentenza n. 547/2007 del 13.02.2007, nonostante che i fatti di entrambi i processi erano relativi al medesimo reato di spaccio di stupefacenti ed erano stati commessi nel medesimo Comune di (OMISSIS), con evidente identità di tempo e di luogo nonchè di tipologia dell’azione;

2 – b) – con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di legge per mancata applicazione dell’esimente della legittima difesa, ex art. 52 c.p., quanto meno in riferimento all’art. 55 c.p., ovvero all’art. 59 c.p., in relazione all’imputazione di lesioni in danno di P. ascritta al capo d), atteso che egli si era recato armato all’incontro solo perchè prevedeva che il medesimo fosse munito di armi, come in effetti era avvenuto; 3-4-b)- la sentenza era da censurare per mancata assunzione di una serie di prove decisive, quali:

– la deposizione dell’agente S. che, nella qualità di redattore dell’annotazione di servizio sulla vicenda, avrebbe potuto consentire "una più corretta e realistica ricostruzione dei fatti";

-l’esame della parte offesa O.L. per il capo n) e – l’esame della parte offesa A.L. per il capo e), al fine di dimostrare la ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 393 c.p.;

I.G.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

1-c)- Il ricorrente censura la motivazione impugnata per avere omesso di considerare che dai tabulati telefonici emergeva come nel periodo in esame era stato O.L. a chiamare, per ben diciassette volte, l’utenza dell’ I.;

– il che, a parere del ricorrente, contraddiceva l’ipotesi della partecipazione di quest’ultimo all’estorsione ed accreditava, invece, l’ipotesi difensiva del ruolo di "mediatore" assunto dall’ I.;

– la sentenza avrebbe altresì omesso di considerare che dalle telefonate intercettate emergeva che solo dopo il 03.06.2008 il D. M. aveva cominciato a manifestare ira nei confronti dell’ O., sicchè quest’ultimo doveva ritenersi inattendibile allorchè aveva attribuito all’ I. un ruolo nella vicenda estorsiva anche nel periodo antecedente a tale data;

2-c)-la motivazione sarebbe omessa anche riguardo alla richiesta di concessione delle attenuanti generiche, da considerasi prevalenti sulle aggravanti, in uno all’attenuante ex art. 62 c.p., n. 6 già riconosciuta;

CHIEDONO l’annullamento della decisione impugnata.
Motivi della decisione

D.M.P.:

1-a) Con il primo motivo di lamenta la mancata motivazione riguardo al rigetto della richiesta di applicazione dell’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 per l’accusa di spaccio di stupefacenti ma si tratta di un motivo del tutto generico e quindi privo di fondamento; invero il ricorrente si limita a dedurre il vizio di omessa motivazione ma non indica le ragioni per le quali tale motivo avrebbe meritato accoglimento in sede di appello.

Nel giudizio di cassazione non comporta automatica nullità della sentenza di appello l’omessa motivazione in ordine ai motivi ritualmente depositati dall’appellante, dovendo il giudice di legittimità valutare se non si tratti di motivi manifestamente infondati o non concernenti un punto decisivo, oppure se la motivazione della sentenza impugnata non contenga argomentazioni e accertamenti che risultino incompatibili con tali motivi o siano tali da consentire alla Corte stessa di procedere ad una integrazione della motivazione sulla base degli argomenti posti a fondamento delle sentenze di primo e di secondo grado. (Cassazione penale, sez. 3, 01/02/2002, n. 10156).

2-a)-Con il secondo motivo (relativo all’imputazione di estorsione in danno di O.L.) si lamenta la mancata derubricazione nell’ipotesi di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, nonchè l’omessa motivazione riguardo all’ipotesi del tentativo, motivi che però sono infondati atteso che non tengono conto della motivazione espressa dal Corte di appello ove, richiamata per D.M. P. la motivazione già espressa riguardo a D.M. G., osserva che doveva ritenersi corretta la formulazione ex art. 629 c.p. nella forma consumata perchè la pretesa fatta valere dagli imputati era "del tutto esorbitante, non dovuta dal debitore e svincolata dal credito preesistente……… ponendo in essere gli autori del fatto…… una condotta che…..assume connotati tali da elidere qualsiasi nesso con il pretesi diritto al recupero del denaro prestato…" (pag.22-26 motivaz. appello).

Si tratta di una motivazione del tutto congrua in punto di fatto, perchè indicativa degli elementi probatori acquisiti da cui emergono, sia la consumazione del reato per tutti gli imputati – stante il concorso dei medesimi nel fatto estorsivo- e, sia la conformità alla Giurisprudenza di legittimità, anche di questa sezione, che ha espresso il principio per il quale ai fini della sussistenza del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (in luogo di quello di estorsione) occorre:

– che l’agente sia soggettivamente – pur se erroneamente – convinto dell’esistenza del proprio diritto, e che detto diritto sia riconducile alla reale situazione giuridica esistente tra le parti, (Cass. Pen. Sez. 2, 22.04.2009 n. 25613) e:

– che la richiesta di adempimento di un preteso debito non sia realizzata con modalità caratterizzate da pervicacia e particolare efficacia intimidatoria, tali da mostrarsi del tutto eccedenti e sproporzionate rispetto all’esercizio del preteso diritto.(Cass. Pen. sez. 2, 02/12/2009, n. 49564).

3-a) – con il terzo motivo il ricorrente lamenta l’omessa motivazione riguardo alla mancata esclusione dell’aggravante dell’uso delle armi, atteso che la detenzione dell’arma era stata contestata solo all’ I.; si tratta anche in questo caso di un motivo infondato perchè non tiene conto della motivazione espressa nella decisione impugnata ove la Corte di appello riconosce la sussistenza dell’aggravante dell’uso dell’arma, anche a carico di D.M. P., atteso il concorso di quest’ultimo nel reato di estorsione commesso in danno di O. – mediante l’uso di pistole portate da D.M.G. e – mediante un coltello portato da I. e mostrato con intenti di intimidazione alla vittima;

(pag. 23 motivaz. relativa a D.M.G., richiamata anche per D.M.P. a pag.26); deve perciò ritenersi corretta l’osservazione della Corte territoriale (censurata in questa sede) che ai fini della succitata aggravante "non rileva che il possesso del coltello sia stato posto a carico del solo I." in quanto quest’ultima circostanza non incide ai fini del concorso del ricorrente nel fatto estorsivo oggettivamente aggravato dall’uso delle armi.

D.M.G.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) d) e).

1-b)- Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per illogicità della motivazione laddove ha ritenuto provata la sua penale responsabilità in ordine al reato di spaccio ascritto al capo m), nonostante che i tossicodipendenti: C., B. ed A. fossero privi di riscontri e nonostante che il D.M. G. non era mai stato trovato in possesso di sostanza stupefacente;

si tratta di motivi infondati, atteso che la sentenza impugnata, richiamando la motivazione del primo giudice, sottolinea quanto al reato di spaccio ascritto al capo m) come la prova emergeva dalle dichiarazioni di numerosi testi: – B. – C. – S. – A.; dichiarazioni credibili – perchè scevre da intenti calunniatori ed attendibili – perchè convergenti riguardo all’attività di spaccio del D.M. e – perchè riscontrate dal rinvenimento, nel possesso dell’imputato, di un bilancino e di sostanza da taglio; si tratta di motivazione congrua perchè fondata su circostanze di fatto precise, immuni da illogicità evidenti e conformi alle massime di comune esperienza, così da risultare incensurabile in questa sede ove la Corte di cassazione non può fornire una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione di merito, nè può stabilire se questa propone la migliore ricostruzione delle vicende che hanno originato il giudizio, ma deve limitarsi a verificare se la giustificazione della scelta adottata in dispositivo sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. Cassazione penale, sez. 4, 16 gennaio 2006, n. 11395.

I principi ora richiamati evidenziano l’infondatezza anche del motivo relativo alla negata continuazione con i fatti giudicati con la sentenza n. 547/2007 del 13.02.2007, atteso che si verte in tema di motivi che ignorano la motivazione impugnata laddove ha congruamente osservato che la semplice vicinanza di tempo e di luogo dei fatti risultava frutto "non già di unicità del disegno criminoso, bensì di una scelta delinquenziale da parte di D.M.G.".

(pag. 17 motivaz.).

Il ricorrente censura tale motivazione con motivi generici, inammissibili in questa sede anche perchè non indicativi dei parametri della continuazione tra reati ove, secondo la costante giurisprudenza, occorre dimostrare l’esistenza di un’anticipata e unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, che è situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare violazioni della stessa specie, anche se dovuta a un bisogno persistente nel tempo, a una scelta di vita o a un programma generico di attività delittuosa da sviluppare in futuro secondo contingenti opportunità. (Cassazione penale. sez. 1, 16 aprile 2007. n. 24750).

2 – b) – Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di legge per mancata applicazione dell’esimente della legittima difesa, ex art. 52, quanto meno in riferimento all’art. 55 c.p., ovvero all’art. 59 c.p., in relazione all’imputazione di lesioni, ma al riguardo la motivazione della Corte di appello è assolutamente ineccepibile, avendo osservato che l’esimente non ricorreva perchè l’imputato "ben avrebbe potuto tutelarsi, chiedendo l’intervento delle Forze dell’Ordine" ovvero semplicemente avrebbe potuto "non aderire all’invito del P. di vedersi nei pressi del cimitero" (pag.14 motivaz.).

E’ noto, infatti, che non è invocabile la legittima difesa da parte di colui che accetti una sfida ovvero si ponga volontariamente in una situazione di pericolo dalla quale è prevedibile o ragionevole attendersi che derivi la necessità di difendersi dall’altrui aggressione-Cassazione penale, sez. 1, 18/06/2009, n. 33863 anche la legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale, (Cassazione penale, sez. 1, 24/11/2009, n. 3464) e la motivazione della sentenza impugnata ne ha correttamente esclusa la ricorrenza, stante la volontaria accettazione del pericolo da parte del ricorrente.

3-b) – Con il terzo e quarto motivo il ricorrente lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva in relazione a tale vicenda attraverso la deposizione dell’agente S. che, nella qualità di redattore dell’annotazione di servizio avrebbe potuto consentire "una più corretta e realistica ricostruzione dei fatti";

invero, il ricorrente propone il motivo di ricorso in maniera aspecifica mentre avrebbe dovuto indicare in maniera concreta in qual modo la deposizione in oggetto avrebbe potuto determinare un esito diverso del giudizio, consistendo proprio in questo il concetto di prova decisiva. Cassazione penale, sez. 6, 02 aprile 2008, n. 18747. 4-5-b)- Con ulteriori motivi il D.M.G. propone, in relazione al reato di estorsione in danno di O.L. e di A.L., le medesime censure di illogicità (mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 393 c.p.) proposte anche da D.M.P. e per le quali si rinvia, sia in punto di fatto che in punto di diritto, a quanto già esposto al capo 2-a) atteso che la Corte di appello espone in maniera chiara l’iter logico motivazionale con il quale ritiene attendibili le dichiarazioni delle parti offese ed evidenzia la totale eccentricità delle condotte minacciose rispetto al "preteso" diritto vantato;

– del pari, per la mancata assunzione dell’esame delle parti offese O.L. ed A.L., nonchè dei testi P., D. e Pi., si rinvia a quanto già esposto al capo 3- b) stante l’aspecificità del motivo che si limita ad indicare delle prove, asseritamente decisive, senza indicare in qual modo le stesse avrebbero potuto determinare un esito diverso del giudizio; in generale, e in specie riguardo all’estorsione in danno della A., il ricorrente propone piuttosto interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

I.G.:

1-c)-Riguardo all’imputazione di concorso nell’estorsione in danno di O.L., il ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito. La sentenza impugnata risulta congruamente motivata in ordine alla penale responsabilità dell’imputato, osservando:

– che la tesi dell’intervento dell’ I. nella veste di mediatore era da escludere per il chiaro tenore delle dichiarazioni della parte offesa O. laddove aveva riferito di essere stato minacciato con un coltello dallo stesso I. in data 26.07.2008, (pag.23 motivaz.), dichiarazioni che la Corte territoriale ritiene attendibili: – perchè riscontrate dalle ammissioni di responsabilità degli altri coimputati: B. e V., e:

perchè riscontrate dal contenuto del memoriale di D.M., il quale aveva riferito di essere stato presente all’incontro tenutosi il (OMISSIS) tra l’ O. ed il D.M., con la partecipazione anche dell’ I.; (pag. 22 motivaz.).

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, aderente ai fatti di causa ed immune da illogicità evidenti;

per converso, le deduzioni difensive si risolvono in valutazioni – in fatto – fondate su interpretazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Cassazione penale, sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 12255. 2-c)- Parimenti infondati appaiono i motivi proposti dall’ I. riguardo al trattamento sanzionatolo, atteso che la sentenza impugnata ha fatto uso dei criteri di cui all’art. 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimità per la congrua motivazione in termini di determinazione della pena e di concessione delle attenuanti generiche ritenendo che, in considerazione delle modalità non particolarmente gravi della condotta, la pena andava ridotta ed operando tale riduzione attraverso il giudizio di equivalenza dell’attenuante ex art. 62 c.p., n. 6 già concessa in primo grado (ma ritenuta sub-valente) ed implicitamente ritenendo assorbita la richiesta delle attenuanti generiche alla luce della già disposta equivalenza dell’attenuante suddetta.

Va ricordato che, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale, "a fortiori", anche per il giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione. (Cassazione penale. sez. 4, 04 luglio 2006, n. 32290).

Segue il rigetto del ricorso atteso che i motivi proposti, pur se non manifestamente inammissibili, risultano infondati per le ragioni sin qui esposte;

ai sensi dell’art. 592 c.p.p., comma 1, e art. 616 c.p.p. i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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