Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-04-2011) 26-05-2011, n. 21006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gup presso il Tribunale di Messina giudicava con il rito ordinario M.G. imputato, in concorso con il minore T.F. (giudicato separatamente) di ricettazione di un motociclo "Kimco 150" e di un’autovettura "Fiat Uno", entrambi di provenienza illecita; in Messina li 24.10.2002;

al termine del giudizio il M. veniva condannato con sentenza del 14.12.2005 alla pena ritenuta di giustizia;

La corte di appello di investita del gravame, confermava la decisione impugnata con decisione del 19.03.2010;

L’imputato ricorre per cassazione, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

1)- il ricorrente censura la decisione impugnata per avere omesso di considerare che il luogo in cui egli è stato trovato intento a smontare l’auto rubata è, in realtà, una discarica per come riconosciuto dalla stessa sentenza; si tratterebbe di una circostanza che avrebbe dovuto indurre i giudici del gravame a considerare la deduzione difensiva per cui: "il ricorrente sarebbe arrivato sul luogo e, dopo avere visto i mezzi abbandonati, avrebbe cominciato a smontarli, ritenendo che non appartenevano a nessuno considerando il loro stato di fatto";

– ove la sentenza impugnata avesse considerato tali circostanze non avrebbe potuto che mandare assolto l’imputato perchè il fatto non sussiste;

2)- in ogni caso, la sentenza era da censurare per non avere considerato che i fatti, così come accertati, potevano – al più integrare l’ipotesi di tentato furto di pezzi di auto, ex artt. 56 e 624 c.p., delitto interrotto dall’arrivo della polizia e non perseguibile per difetto di querela;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

Il ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

Al contrario di quanto sostenuto nei motivi di ricorso, la sentenza impugnata risulta congruamente motivata in ordine alla penale responsabilità dell’imputato, avendo osservato:

– che i due veicoli erano di sicura provenienza illecita, risultando rubata l’auto a tale P. ed il motociclo a tale N.;

– che i prevenuti erano intenti a "lavorare" sui mezzi rubati utilizzando degli attrezzi atti allo smontaggio, per come constatato dalla Polizia all’atto dell’intervento.

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, perchè aderente ai fatti di causa e perchè immune da illogicità evidenti;

– per converso, le deduzioni difensive non sono fondate su dati oggettivi ma si fondano sul dato, meramente assuntivo, che l’imputato ed il suo complice sarebbero giunti sul luogo e, trovando i veicoli abbandonati da altri, avrebbero deciso di iniziarne lo smontaggio;

tali assunti difensivi si risolvono in valutazioni – in fatto – basate su interpretazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Cassazione penale, sez. 4^, 29 gennaio 2007, n. 12255.

La Corte territoriale ha evidenziato come la condotta dell’imputato, che era provvisto di attrezzi per lo smontaggio e che alla vista della polizia si è dato alla fuga, era dimostrativa: – sia dell’elemento oggettivo del reato "non essendo ipotizzabile che il M., esperto delle vicende della malavita, attesi i suoi precedenti penali, intendesse appropriarsi di beni appartenenti ad altri ladri" e: – sia di quello soggettivo "non avendo fornito alcuna giustificazione al suo comportamento ed essendo immediatamente fuggito ala vista della polizia";

la motivazione è conforme alla giurisprudenza di legittimità, anche di questa sezione, che ha stabilito il principio per il quale la prova della sussistenza dell’elemento psicologico della ricettazione, e cioè la consapevolezza della provenienza delittuosa della cosa, può essere desunta da qualsiasi elemento di fatto e da qualsiasi indizio giuridicamente apprezzabile, compreso il comportamento dell’imputato; (Cassazione penale, sez. 2^, 03/04/2007, n. 23025);

La motivazione adottata, per i principi sopra esposti in materia di interpretazione degli elementi di fatto, risulta esente da manifesta illogicità e non può essere censurata in questa sede ove, la Corte di cassazione deve limitarsi a verificare se la giustificazione della scelta adottata in dispositivo sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento.

Cassazione penale, sez. 4^, 16 gennaio 2006, n. 11395.

Le considerazioni in fatto e in diritto esposte nella sentenza impugnata sin qui richiamate, escludono in maniera sia pure implicita la possibilità di inquadrare i fatti sotto l’ipotesi del tentativo di furto, sicchè è del tutto destituito di fondamento il motivo relativo alla censura di omessa motivazione, atteso che nel giudizio d’appello la motivazione può anche essere implicita e può desumersi anche dalla struttura argomentativa della decisione. (Cassazione penale, sez. 4, 21/03/2007, n. 24836).

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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