T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 25-05-2011, n. 963 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente è comproprietaria di un fabbricato, sito sulla litoranea Castro – Tricase, originariamente realizzato sulla base di regolare licenza edilizia.

Poiché nel tempo venivano apportati alcuni ampliamenti in difformità del richiamato titolo edilizio, la stessa presentava istanza di condono edilizio ai sensi della legge n. 47 del 1985.

Al riguardo l’ufficio tecnico comunale, trattandosi di zona vincolata ai sensi del DM 4 luglio 1970 e del PUTT/P, rilasciava autorizzazione paesaggistica ritenendo "che l’intervento abbia mantenuto l’assetto geomorfologico del terreno circostante e che non abbia inciso notevolmente sull’assetto idrogeologico dell’area interessata".

Detta autorizzazione veniva tuttavia annullata dalla soprintendenza statale in quanto l’intervento "ricade in area dichiarata di notevole interesse pubblico" (si riportava al riguardo un ampio stralcio del DM di vincolo). Più in particolare, "la costruzione abusiva… per la sua consistenza ed articolazione formale altera le caratteristiche della zona che risulta molto suggestiva, caratterizzata da costoni rocciosi, alberi di ulivo, muri a secco e macchia mediterranea".

Il suddetto decreto veniva impugnato per violazione delle garanzie partecipative, incompetenza e violazione dell’art. 151 del decreto legislativo n. 490 del 1999 (ratione temporis applicabile) nella parte in cui sarebbero state operate valutazioni di merito, nonché per erronea presupposizione in fatto e difetto di istruttoria.

Si costituiva in giudizio l’amministrazione statale per chiedere il rigetto del gravame.

Con ordinanza n. 1464 del 22 novembre 2001 questa sezione accoglieva l’istanza di tutela cautelare sotto il profilo della violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

Alla pubblica udienza del 27 aprile 2011 la causa veniva infine trattenuta in decisione.

Tutto ciò premesso, il ricorso è fondato per le ragioni di seguito evidenziate.

Osserva innanzitutto il collegio che per giurisprudenza costante (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2007, n. 1255; 11 maggio 2007, n. 2299; 11 settembre 2007, n. 4756; 25 gennaio 2008, n. 190) anche in materia di condono edilizio, qualora si tratti di zone paesaggisticamente vincolate, trova applicazione l’istituto della compartecipazione necessaria o, se si preferisce, della "cogestione" del bene paesaggio tra enti locali e Stato (rapporto a quel tempo caratterizzato dal descritto meccanismo "autorizzazione – annullamento").

In seconda battuta si richiama per tutte, in tema di annullamento ministeriale, la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 2001, ove si afferma che "in sede di esame del contenuto della autorizzazione paesistica e prima della conclusione del procedimento, il Ministero può motivatamente valutare se la gestione del vincolo avviene con un atto legittimo, rispettoso di tutti tali principi, e annullare l’autorizzazione che risulti illegittima sotto qualsiasi profilo di eccesso di potere (senza il bisogno di ricorrere in sede giurisdizionale e ancor prima della modifica dei luoghi), ma non può sovrapporre le proprie eventuali difformi valutazioni sulla modifica dell’area, se l’autorizzazione non risulti viziata".

Il provvedimento statale di annullamento della autorizzazione paesistica deve dunque basarsi sulla esistenza di circostanze di fatto o di elementi specifici (da esporre nella motivazione), che non siano stati esaminati dall’autorità che ha emanato l’autorizzazione ovvero che siano stati da essa irrazionalmente valutati, in contrasto con i fondamentali principi sulla legittimità dell’azione amministrativa.

Tanto evidenziato osserva il collegio come il decreto impugnato:

a) sia genericamente motivato ed anzi connotato dall’uso di mere formule di stile nella parte in cui si afferma apoditticamente che "la costruzione abusiva… per la sua consistenza ed articolazione formale altera le caratteristiche della zona che risulta molto suggestiva";

b) sovrapponga nettamente le proprie valutazioni (di merito, a questo punto, e non di stretta legittimità) a quelle dell’amministrazione comunale, in particolare laddove ritiene che "la costruzione abusiva… altera le caratteristiche della zona che risulta molto suggestiva, caratterizzata da costoni rocciosi, alberi di ulivo, muri a secco e macchia mediterranea";

e) non abbia evidenziato, soprattutto, eventuali profili di irrazionalità e di illogicità del potere esercitato da parte dell’amministrazione comunale. Né è stato adeguatamente confutato – come avrebbe dovuto fare il provvedimento, se congruamente motivato – quanto compiutamente affermato nell’autorizzazione comunale circa la analisi dei suddetti luoghi, in particolare laddove si ritiene che "l’intervento abbia mantenuto l’assetto geomorfologico del terreno circostante e che non abbia inciso notevolmente sull’assetto idrogeologico dell’area interessata".

Da quanto detto deriva dunque la violazione della norme, pure evidenziate nel contesto del ricorso, che disciplinano il potere di annullamento ministeriale in materia paesaggistica.

In conclusione il ricorso, assorbita ogni altra censura, è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti in epigrafe indicati.

Sussistono in ogni caso giusti motivi per compensare integralmente tra le parti costituite le spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti in epigrafe indicati.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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