Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-04-2011) 26-05-2011, n. 21218 Giudizio abbreviato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenze conformi S.G. veniva condannato, prima dal gup del tribunale di Agrigento, poi dalla Corte d’assise d’appello di Palermo, alla pena di anni quattro di reclusione per il reato di tentato omicidio aggravato in danno di G.C. e di lesioni personali ai danni di P.G., P. P. e Gi.Ca.Do..

Si legge nella sentenza di secondo grado che, alle ore 0,30 del (OMISSIS), era stato chiesto l’intervento dei carabinieri in Licata avanti al bar (OMISSIS) dove venivano identificati la titolare P.P. ed il figlio Gi.Ca. che presentavano ciascuno una mano sanguinante e informavano che lo S. aveva ferito con un coltello sia P.G. che G. C. che si trovavano presso la locale guardia medica, da cui poi erano stati dirottati verso il pronto soccorso dell’ospedale di (OMISSIS). I militari si portavano presso l’abitazione dello S. e lo arrestavano, dopo aver sequestrato un grosso coltello da cucina.

Emergeva che la lite era sorta per un contenzioso risalente tra l’imputato – che abitava nell’edificio ove è sito il bar – ed i titolari del bar medesimo per problemi di parcheggio, posto che sia i titolari che gli avventori erano soliti lasciare le auto in modo da impedire allo S. di entrare ed uscire di casa.

Lo stesso imputato aveva ammesso che quella sera, mentre scendeva per andare a sistemare le sue autovetture, si era accorto di avere casualmente un coltello nella tasca posteriore dei pantaloni del tipo temperino, dopo di che, avendo visto che P.G. aveva collocato l’auto per impedirgli il passaggio, costui gli rispose con fare arrogante e lo accerchiò con i suoi familiari, con il che egli, sentendosi in pericolo, aveva fatto uso del coltello brandendolo onde evitare di essere aggredito. Dalla CT medico legale disposta emergeva che i colpi infetti avevano avuto discreta penetrazione, poichè avevano attinto addome ed emitorace anteriore sinistro producendo lesioni non solo ai tessuti esterni, ma a livello viscerale, il che portava ad accreditare l’intervenuto uso di arma da taglio di maggiore capacità lesiva che la Corte riteneva l’imputato avesse tenuto addosso in vista del contenzioso. Il G., in particolare, risultava essere stato attinto da più colpi da punta e da taglio al collo ed alla regione lombare sinistra, mentre nella zona addominale venne colpito di punta in modo penetrante sì da raggiungere le viscere.

Veniva escluso che l’imputato avesse operato in stato di legittima difesa, poichè nessuno dei suoi interlocutori risultava esser stato armato e poi perchè tutti furono feriti più o meno gravemente, a fronte solo di una lieve escoriazione riportata dall’imputato. Veniva ritenuta l’azione finalizzata ad uccidere, attesa la pluralità di colpi, la mira a sedi corporee non prive di importanza a fini delle funzioni vitali e considerato che il prevenuto non aveva altra ragione per portare con sè , quella notte, il grosso coltello con cui ferì gravemente il G. ed offese anche gli altri tre presenti, dando prova di una furia omicida.

Neppure veniva ritenuta sussistente l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 2, poichè l’imputato non agì in situazione di provocazione, non ricorrendo alcun dato, secondo la Corte, idoneo ad accreditare, sia pure a livello indiziario, un fatto ingiusto altrui.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione la difesa per dedurre:

2.1 violazione di legge in riferimento all’art. 3 Cost., artt. 421, 422, 438 e 441 c.p.p. e art. 391 octies c.p.p.. La difesa contesta che sia stata, in sede di giudizio abbreviato, utilizzata la consulenza tecnica del pm, onde inferire dati rilevanti ai fini del decidere, quanto all’arma usata, all’entità delle lesioni, alla localizzazione delle stesse, alla reiterazione dei colpi. Aggiunge che senza detta consulenza il giudice non avrebbe potuto motivare sull’animus necandi, sull’esclusione della provocazione e sulla esclusione della legittima difesa. Ciò posto, la difesa oppone che sia era stato chiesto il giudizio abbreviato condizionato all’acquisizione di CT di parte – a firma dott.sa A. – ed all’esame della consulente della difesa in contraddittorio con quello del pm, ma in entrambi i gradi di merito, i giudici hanno disatteso la richiesta, sul presupposto che la acquisizione non avrebbe offerto altri elementi fattuali rispetto a quelli di univoca valenza già presenti nel processo. Peraltro, la difesa si duole che la consulenza, seppure offerta in comunicazione agli atti del giudizio abbreviato, non sia stata fatta oggetto di alcuna menzione e di alcuna valutazione, quanto meno in senso critico. Si sottolinea che con detto elaborato la dott.sa A. faceva rilevare che solo il G. fu attinto in regione mandibolare, all’emotorace, in regione dorsale e periombelicale, perchè "tra i quattro aggressori era più vicino allo S.": la mancata valutazione di un atto di parte, atto che doveva essere esaminato indipendentemente dalla circostanza che non fosse stato ammesso il rito condizionato poichè faceva parte del fascicolo delle indagini difensive, avrebbe fatto sbilanciare il giudizio;

2.2 contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, quanto all’arma del delitto. Secondo la Corte, l’imputato avrebbe usato un coltello da cucina, marca Montana inox, sequestrato al momento del suo arresto, con lama di cm. 22,50, laddove la consulenza tecnica del Pm non fu in grado di appurare se le lesioni erano o meno compatibili con L’uso del coltello in questione . Nè il testimoniale offriva elementi sul punto, atteso che P.P. disse che si rese conto dell’intervenuto uso di arma solo constatando che i suoi parenti erano feriti; il teste V. disse che solo accompagnando G.C. all’ospedale, apprese che S. aveva usato un coltello, che non vide; Gi.Ca. intuì che S. fosse armato, ma non si accorse del coltello; P. G. vide una lama lucente, ma non parlò di coltello da cucina e non riconobbe quello sequestrato. Il teste I., invece, rappresentò che ad un certo punto, mentre stava seduto ad un tavolo del bar vide il titolare a terra, con uno dei figli che si tratteneva il mento e che, avvicinandosi loro, li vide tutti sanguinanti.

Cionondimeno, la Corte ha ritenuto che S. avesse usato un coltello da cucina, di grosse dimensioni, sull’onda di quanto i carabinieri scrissero nell’annotazione, orientati in tal senso dal coltello che sequestrarono successivamente.

2.3 contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, relativamente al fatto che l’imputato è stato ritenuto animato da volontà omicida, laddove dati acquisiti porterebbero a ben altra ricostruzione: in primis, P.G. disse di non aver mai avuto alcun malanimo verso lo S. e che la tensione sfociò non davanti al bar, ma davanti alla casa dell’imputato, dal che discenderebbe che S. non potè uscire di casa armato con intenti di morte, poichè in strada non vi erano G.C., nè il fratello, nè la madre con cui aveva il rapporto conflittuale;

inoltre, non sarebbe plausibile che l’imputato sia sceso con un grosso coltello, poichè non vi sarebbe prova che egli si sia configurato -con ragionevole grado di probabilità- che l’iniziale discussione con P. sarebbe deteriorata fino al punto da degenerare in scontro fisico e che alle urla di questi si sarebbero presentati G., con madre e fratello.

Quanto poi all’elemento soggettivo, la difesa rileva che la corte avrebbe individuato la causale che armò la mano dell’imputato nella volontà di affrontare con violenza eventuali questioni con il Polisano, con il che una tale ipotesi non può giustificare l’intento punitivo a danno del G., il cui ferimento appare come degenerazione ed epilogo della lite tra P. e S..

2.4 contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla esclusione della legittima difesa o comunque dell’eccesso colposo nella legittima difesa, o ancora della legittima difesa putativa: sarebbe stato escluso che lo S. sia stato affrontato con un bastone dal P., che poi sia stato colpito a calci e pugni , con il che la versione accreditata dalla Corte sarebbe incoerente, visto che nessuno vide il coltello, il coltello non è stato posto in correlazione con le lesioni refertate, le patologie riscontrate allo S. non sarebbero incompatibili con le lesioni a sua volta patite.

2.5. errore nel valutare la deposizione delle persone offese, a cui andava attribuita minore forza probatoria in quanto portatrici di interesse contrapposto a quello dell’imputato, ragione per cui le dissonanze nella loro rappresentazione dei fatti non potevano essere sottovalutate come avvenne. Si fa rilevare che ognuno ha riferito sul momento iniziale della lite una sua versione, costruendola artatamente alla bisogna, onde per un verso elidere le proprie responsabilità penali e per l’altro concentrarle sullo S..

A fronte di questo mendacio , andava rivalutata la ricostruzione degli eventi nei termini utilizzati dagli atti consentiti e quindi l’imputato andava creduto, laddove disse di esser sceso inconsapevolmente armato.

2.6 andava riconsiderata la sussistenza della provocazione, in quanto la reazione dello S. si innescò sulla base di un fatto ingiusto altrui e cioè sul fatto che S. reagì non solo perchè non aveva libero accesso alla sua entrata, ma perchè fu aggredito fisicamente dai suoi antagonisti.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Quanto al primo motivo di ricorso, va detto che i profili di violazione di legge addotti dalla difesa sono insussistenti: risponde alla volontà dell’imputato la scelta del rito abbreviato, anche a seguito del rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionato ad integrazione probatoria , con tutte le conseguenze in termini di accettazione degli atti utilizzabili raccolti dal Pm, ivi inclusa la consulenza tecnica medico legale, che non poteva non essere valutata.

Quanto alla consulenza di parte, le doglianze della difesa non possono essere apprezzate, poichè non viene dimostrato in quale misura detta consulenza avrebbe potuto condizionare la decisione ; il passo che viene citato dalla difesa, in cui venne scritto che sarebbe dalla entità e distribuzione delle lesioni riportate dai quattro soggetti che si può dimostrare la causalità delle stesse a riprova del fatto che l’utilizzo del coltello fu a titolo di difesa e non per uccidere e che solo G., riportò diverse ferite perchè sarebbe stato tra i quattro aggressori quello più vicino allo S., venne trascurato dai giudici di merito perchè ritenuto del tutto disancorato dal dato obiettivo offerto dalle carte processuali: le ferite profonde e viscerali refertate a G. C. che certamente non lo connotavano come aggressore, bensì come aggredito e che obbligavano a ritenere che l’arma usata non poteva essere un coltello celabile in tasca.

E’ stato infatti correttamente rimarcato dalla corte territoriale che, a fronte di gravissime lesioni subite dalle parti offese, l’imputato riportò una lieve escoriazione alla mano. E allora, la mancata valutazione della consulenza di parte non è certo imputabile ad una incompleta lettura degli atti, ma semplicemente alla sua assoluta mancanza di decisività.

Quanto al secondo motivo, parimenti va disattesa perchè ancora dai dati obiettivi suindicati i giudici di merito hanno desunto, con percorso logico deduttivo ineccepibile, dalla profondità delle ferite: 1) che queste furono prodotte con meccanismo di penetrazione nell’addome di Gi.Co., 2) che l’arma usata era di grande capacità lesiva e che per nessuna altra ragione- se non per l’aggressione che seguì- l’imputato aveva motivo di portarla con sè. E non a caso i giudici fecero rilevare che in casa del ricorrente venne trovato un coltello con lama di 22,50 centimetri, compatibile con le lesioni refertate. Il dato obiettivo della profondità delle ferite non poteva che esser fatto prevalere , come fu, sui dati rappresentativi offerti dal testimoniale escusso, che offrì spunti per accreditare la disponibilità di arma poco più che tascabile . La valutazione operata non si presta alle critiche mosse, perchè saldamente ancorata al dato di più sicuro riferimento offerto dalle carte processuali che venne correttamente ritenuto come pietra angolare nella ricostruzione del fatto.

Quanto al terzo motivo, va fatto presente che le intenzioni bellicose dello S. (negate dalla difesa) non potevano non essere ricavate dal fatto che egli scese incontrovertibilmente in strada con un grosso coltello; quanto al dolo diretto, deve aggiungersi che i giudici di merito lo hanno, in conformità all’insegnamento di questa corte di legittimità, correttamente desunto dagli elementi della condotta che per la loro inequivocità, sono i più idonei ad esprimere il fine perseguito dall’agente, quali la micidialità del mezzo usato, la reiterazione dei colpi, le zone attinte, la natura delle ferite anche da punta.

I caratteri di lesività e di intensità reiterata hanno imposto di escludere una volontà tesa solo a ferire il G., con ragionamento adeguato e corretto.

Ancora, non si presta a censura la valutazione operata in tema di ritenuta insussistenza della scriminante della legittima difesa, quanto meno putativa, o dell’eccesso colposo poichè, come è stato scritto, solo l’imputato risulta che fosse armato e poi la comparazione tra le gravissime lesioni delle vittime, a dispetto della lieve escoriazione riportata dallo S., impone di disattendere la doglianza, ancora una volta disancorata dai dati obiettivi e che sottovaluta come sia stato lo stesso imputato a porre in essere un’ aggressione, quindi a creare egli stesso una situazione di pericolo.

Quanto infine al quinto motivo di ricorso, che denuncia la eccessiva fede riconosciuta nelle rappresentazioni delle persone offese, interessate alle sorti del processo, va ripetuto che il dato testimoniale nella presente fattispecie è stato del tutto sottovalutato, avendo potuto contare i giudici di merito sui dati obiettivi rappresentati dalle tracce sensibili dell’azione delittuosa, ritenute rivelatici più di ogni contributo informativo della consistenza della condotta delittuosa e della volontà del suo autore.

Infine, quanto al sesto motivo, anche sul punto deve essere rimarcato come i giudici di merito hanno con motivazione compiuta e logica, aderente al dettato normativo, fondatamente escluso la ricorrenza dei presupposti per ritenere sussistente l’attenuante della provocazione, non foss’altro per la assoluta sproporzione della risposta al fatto ingiusto ritenuto e per la non omogeneità dei beni interessati.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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