Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-04-2011) 26-05-2011, n. 21214

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

putato, avv. Catanzaro Vincenzo, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – Con sentenza in data 24.2/3.6.2009, questa Corte. – 5 Sez. Pen -, annullava con rinvio la sentenza del tribunale di Trapani, sez. distaccata di Alcamo che, in composizione monocratica ed in sede di appello, confermava la pregressa decisione del giudice di pace di Castellamare del Golfo, datata 5.2/1-3-2007, nella parte in cui condannava, per il delitto di ingiuria ai danni di T. G., D.C., ritenuta responsabile della frase rivolta alla persona offesa e riportata in epigrafe alla sentenza di primo grado – ….tu sei un gran cornuto… – Rilevava il giudice di legittimità la contraddittorietà della motivazione del giudice di appello laddove attribuiva funzione confermativa delle dichiarazioni della persona offesa, T.G., alle dichiarazioni di altro teste, O.L., le quali, invece, sarebbero state incerte e parzialmente contrastanti con la prime. Di rimando il giudice del rinvio ribadiva il dispositivo della prima decisione annullata, valorizzando, da un lato, le dichiarazioni, affatto considerate dal giudice di legittimità, della stessa imputata che aveva ammesso di aver pronunciato la frase ingiuriosa, e comunque l’epiteto – cornuto- rivolto al T., valorizzando ancora, dall’altro, le dichiarazioni del teste O. nella parte in cui collimavano con quelle della persona offesa per l’appunto.

-2 – Ricorre per cassazione avverso la sentenza l’imputata deducendo la violazione dell’art. 627 c.p.p. nella parte in cui vieta al giudice di rinvio, per 1 appunto, di rivisitare la decisione attraverso la reiterazione dello stesso discorso giustificativo ritenuto contraddittorio ed illogico e perciò oggetto di annullamento. In particolare il tribunale di Trapani non avrebbe chiarito e risolto le contraddizioni denunciate dal giudice di legittimità. Con riferimento, poi, alle dichiarazioni rilasciate dall’imputata di tenore offensivo per la parte lesa, i motivi di ricorso, se da un lato ammettono la pronuncia della frase offensiva, dall’altro denunciano la decontestualizzazione operata dai giudici del rinvio: la frase offensiva si sarebbe collocata in un contesto dialettico tra parti contrapposte e sarebbe stata preceduta da espressioni offensive nei confronti dell’imputata pronunciate proprio dal T..

3 – Il ricorso è manifestamente inammissibile.

Non vi è contestazione sul fatto che l’imputata ha rivolto la frase offensiva alla persona offesa ed il disvalore giuridico della condotta non può certo essere depotenziato dal riferito contesto nel quale la frase si è collocata. Lo potrebbe essere, se si potesse ritenere nella fattispecie l’esimente della reciprocità delle offese ovvero l’esimente della provocazione, ai sensi dell’art. 599 c.p., commi 1 e 2. Ma sul punto il tema è precluso dal giudicato formatosi in seguito proprio alla sentenza di annullamento della Corte di cassazione che, per questo aspetto, ha rigettato il pregresso ricorso per cassazione proposto dall’imputata.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n.. 186/2000; n.69/1964) – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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