Cons. Stato Sez. VI, Sent., 26-05-2011, n. 3173 Professori universitari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La sentenza appellata ha respinto tutte le domande dell’odierno appellato, ad eccezione della richiesta di annullamento della nota indicata in epigrafe con la quale si disponeva il rimborso della somma in essa indicata, conseguente alle differenze stipendiali derivanti dalla circostanza che all’appellato era stato corrisposto lo stipendio di docente universitario a tempo pieno anziché quello di docente a tempo definito.

La sentenza appellata ha evidenziato che l’Università di Roma non ha in alcun modo dimostrato che, sebbene non fossero stati tempestivamente adottati i decreti di utilizzazione dell’appellato con rapporto di impiego a tempo definito, nondimeno, quest’ultimo nei periodi temporali de quibus, svolgeva attività a tempo definito; in simile contesto la pretesa dell’appellante università di voler effettuare il recupero delle somme in eccesso corrisposte sulla base dell’adozione tardiva dei decreti rettorali in questione in virtù dell’efficacia retroattiva degli stessi, risulta essere palesemente illegittima, dato che per i periodi de quibus l’attuale appellato, in assenza della tempestiva adozione di provvedimenti che ne mutavano il regime di impiego da tempo pieno a tempo definito, era vincolato, avuta presente la natura autoritativa dei menzionati atti, ad effettuare attività a tempo pieno e comunque una tale attività risulta effettuata: né tale circostanza è stata contestata dall’amministrazione. La giurisprudenza è infatti costante nel ritenere che anche al rapporto di lavoro pubblico instaurato in contrasto con le norme che lo disciplinano si applichi l’art. 2126 c.c., con conseguente diritto dell’interessato alle relative, eventuali, differenze retributive (C.d.S sez. V, 18 marzo 2010, n. 1580).

L’Università di Roma censura la sentenza appellata affermando che la tardiva adozione del provvedimento di collocamento del docente in regime di tempo definito è dipesa esclusivamente dal mancato esercizio dell’opzione da parte del dipendente che, in tal modo ha di fatto abusivamente esercitato attività extramoenia in regime di tempo pieno, in contrasto con le previsioni di legge. (…).

Nella sostanza si arriverebbe all’iniqua conclusione che la mancata ottemperanza ad un preciso obbligo (od onere) da parte dell’odierno appellato avrebbe un effetto premiale, permettendogli di usufruire tanto dei vantaggi connessi all’esercizio della professione extra moenia quanto di quelli connessi all’opzione a tempo pieno. Al contrario la mancata opzione e la consequenziale adozione da parte dell’università di provvedimento a carattere sostanzialmente retroattivo non può che comportare l’obbligo restitutorio delle somme abusivamente percepite.

Si è costituito in giudizio l’appellato che ha depositato memoria

All’udienza del 29 aprile 2001 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

La sentenza appellata ha respinto l’impugnazione proposta con il ricorso principale relativa al collocamento autoritativo del docente universitario in regime di tempo definito a decorrere dal I gennaio 2007, mentre ha accolto l’impugnazione della nota del 13 febbraio 2009, proposta con i motivi aggiunti, limitatamente al recupero delle somme comunque corrisposte per il periodo in cui l’appellato aveva svolto effettivamente l’attività a tempo pieno. Il giudice di primo grado ha pertanto riconosciuto, e ciò in contrasto con quanto pure sostenuto dall’odierno appellato, che l’amministrazione aveva il potere di determinare (autoritativamente) le modalità del rapporto (a tempo pieno o a tempo definito) dei propri dipendenti. Ma, una volta riconosciuto il potere di adottare un provvedimento amministrativo, che, per sua natura, incide nella sfera dell’amministrato senza il suo consenso, il ritardo nella sua adozione non può che essere imputato all’amministrazione medesima, la cui attività non può rimanere paralizzata da eventuali inadempienze del destintario.

Le censure formulate dall’università degli studi non forniscono alcuna giustificazione del lasso temporale intercorso tra la decorrenza retroattiva (I gennaio 2007) del collocamento dell’appellato in regime di tempo definito e l’adozione del relativo provvedimento (luglio 2008). In questo ultimo atto, ritenuto immune da vizi dalla sentenza qui appellata, già si richiamava un invito alla regolarizzazione della posizione del dipendente, contenuto nella circolare informativa del 4 dicembre 2006, n. 56955, cosicché il mutamento di disciplina ben poteva essere adottato agli inizi dell’anno 2007, senza attendere il luglio 2008.

Il ricorso dell’Università degli studi di Roma "La Sapienza" deve essere pertanto respinto.

Merita invece accoglimento la richiesta di dichiarazione di difetto di legittimazione passiva delle amministrazioni statali appellanti in quanto estranee alla vicenda contenziosa.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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