Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-04-2011) 26-05-2011, n. 21024 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Portici, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 9/6/2010. rigettava la istanza di revoca della ingiunzione a demolire, avanzata da S.C., emessa dalla Procura di Napoli in data 5/6/09. in relazione all’ordine di demolizione di cui alla sentenza del Pretore di Portici del 16/2/96, irrevocabile il 7/5/96.

Propone ricorso per cassazione la difesa della interessata, con i seguenti motivi:

– ha errato il decidente nel ritenere che l’opera abusiva realizzata dalla S., per la quale è stata presentata istanza di condono non è sanabile perchè realizzata in zona vincolata, in quanto la L. n. 724 del 1994, art. 39, non esclude a priori la possibilità del condono anche per le edificazioni in zone vincolate, in cui rilascio è subordinato esclusivamente al conseguimento delle autorizzazioni degli Enti preposti al vincolo;

– erra il Tribunale, in quanto confonde la richiesta di condono edilizio, ex L. n. 724 del 1994, art. 39 con il procedimento tendente ad ottenere la autorizzazione in sanatoria ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha inoltrato in atti requisitoria scritta in cui conclude per la inammissibilità.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettato.

Va però, rilevato che la argomentazione motivazionale. sviluppata nella ordinanza, a sostegno del rigetto della istanza avanzata dalla S., richiama una disposizione normativa non attinente al caso di specie.

Rilevasi, infatti, sul punto che il g.e. indica la sanatoria prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36 non considerando che la istanza avanzata andava esaminata nell’ottica del disposto normativo di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 39 che non esclude, a priori la possibilità che un’opera abusiva, benchè realizzata in zona sottoposta a vincolo, possa essere condonata, in quanto il rilascio eventuale della concessione edilizia in sanatoria viene unicamente subordinato al conseguimento delle autorizzazioni degli Enti preposti alla tutela del vincolo.

Puntualizzato ciò, rilevasi che la soluzione a cui è pervenuto il decidente va ritenuta corretta, in quanto l’errore, ravvisato nella motivazione, non produce l’annullamento della sentenza impugnata, non avendo incidenza decisiva sul dispositivo, per le ragioni di seguito specificate.

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso che: il g.e. al fine di disporre la esecuzione dell’ordine di demolizione, deve valutare la compatibilità dell’ordine stesso con i provvedimenti nel frattempo eventualmente assunti dalla autorità o dalla giurisdizione amministrativa e deve revocare l’ordine di demolizione, emesso con la sentenza di condanna o di patteggiamento, soltanto se i nuovi atti amministrativi siano assolutamente incompatibili con esso; la sospensione di una statuizione di demolizione, contenuta nella sentenza penale, passata in giudicato, può essere disposta dal g.e. solo quando sia razionalmente e concretamente prevedibile che nel giro di brevissimo tempo, sia adottato dalla autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con il detto ordine di demolizione (Cass. 11/3/03 n. 11051).

Ciò significa che la pendenza di un procedimento amministrativo o giurisdizionale non comporta, automaticamente e di per sè la sospensione dell’ordine, dovendo, invece, la decisione discendere dalla valutazione concreta degli interessi potenzialmente confliggenti: quello pubblico alla rapida definizione delle situazioni giuridiche e alla riparazione del bene giuridico violato, mediante la eliminazione delle conseguenze dannose o pericoloso:

quello (privato) del condannalo ad evitare la irreparabilità di un pregiudizio personale in presenza di una situazione giuridica fluida che contemperi e componga gli interessi in conflitto, mediante la conformazione dell’interesse privato all’interesse pubblico.

In una siffatta situazione, come quella prospettata dalla ricorrente, la corretta interpretazione normativa e sistematica chiama il giudice ad una valutazione prognostica dei tempi di definizione della procedura pendente (Cass. 10/11/04. n. 43878). che nella specie risultano essersi prolungati eccessivamente, visto che l’abuso per cui è condanna risale a oltre quindici anni orsono.

Da quanto osservato emerge, con netta evidenza, che il decisimi a cui è pervenuto il Tribunale è in perfetta assonanza con la normativa e ai principi ut supra richiamati, di tal che previa rettifica, ex art. 619 c.p.p., della errata motivazione, la impugnata pronuncia va confermata.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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