Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-04-2011) 26-05-2011, n. 21009

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Messina giudicava con il rito ordinario D. C. imputato del reato di ricettazione di vari attrezzi e strumenti agricoli, nonchè di una pompa e tre reti compendio di furto in danno di P.B.; in (OMISSIS);

al termine del giudizio l’imputato veniva condannato con sentenza del 23.02.2007 alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 400 di multa, ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 648 c.p. comma 2;

La corte di appello di Messina investita del gravame, confermava la decisione impugnata con sentenza del 28.05.2011;

L’imputato ricorre per cassazione a mezzo del difensore deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

1)- il ricorrente censura la decisione impugnata per illogicità, in quanto ha affermato la sua penale responsabilità senza che vi fosse la prova certa della provenienza da delitto degli oggetti in sequestro;

– la corte di appello avrebbe illogicamente trascurato la circostanza che alcuni degli oggetti sequestrati non erano stati riconosciuti dalle parti offese C. e P. sicchè non vi era alcuna prova della loro provenienza da delitto;

– i riconoscimenti dei restanti oggetti, pur se operati dalle parti offese, non erano certi, atteso che gli attrezzi non erano provvisti di alcun segno identificativo;

2)- la sentenza era comunque da censurare per non avere considerato che il reato di ricettazione era stato ritenuto nella forma attenuata ex art. 648 cpv c.p. che, alla luce della nuova formulazione dell’art. 157 c.p., era ormai prescritto;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

Il ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

Al contrario di quanto sostenuto nei motivi di ricorso, la sentenza impugnata risulta congruamente motivata in ordine alla penale responsabilità dell’imputato, avendo osservato:

– che i testi C. e P. avevano riconosciuto buona parte degli oggetti trovati presso il D. per quelli a loro sottratti;

– che il maresciallo S.D. aveva confermato le circostanze dei furti e delle indagini compiute;

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, perchè aderente ai fatti di causa ed immune da illogicità evidenti;

per converso, gli assunti difensivi consistenti nell’incertezza dei riconoscimenti si risolvono in valutazioni – in fatto – basate su interpretazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Cassazione penale, sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 12255.

Del pari infondate le deduzioni circa la mancanza di prova sull’origine delittuosa degli altri oggetti perchè non tengono in alcun conto la motivazione della decisione impugnata che osserva come l’indagato non abbia saputo fornire alcuna indicazione circa la provenienza degli oggetti trovati in suo possesso;

motivazione che risulta conforme ai principi espressi dalla Giurisprudenza, laddove ha affermato:

– sotto il profilo oggettivo – che ai fini della configurabilità dei reati di riciclaggio o di ricettazione non si richiede l’accertamento giudiziale del delitto presupposto, nè dei suoi autori, nè dell’esatta tipologia di esso, essendo sufficiente che sia raggiunta la prova logica della provenienza illecita dei beni; (Cassazione penale, sez. 5^ 21 maggio 2008, n. 36940) e, – sotto il profilo soggettivo – che In tema di ricettazione, la prova della sussistenza dell’elemento psicologico del reato e cioè la consapevolezza della provenienza delittuosa della cosa, può essere desunta da qualsiasi elemento di fatto e da qualsiasi indizio giuridicamente apprezzabile, compreso il comportamento dell’imputato. (Cassazione penale, sez. 2^, 03/04/2007, n. 23025).

Ugualmente infondato deve ritenersi il motivo con il quale si deduce la prescrizione del reato, atteso che in tema di ricettazione, l’ipotesi attenuata di cui all’art. 648 c.p., comma 2 non costituisce un autonoma previsione incriminatrice ma una circostanza attenuante speciale.

Ne consegue che, ai fini dell’applicazione della prescrizione, deve aversi riguardo alla pena stabilita per il reato base e non per l’ipotesi attenuata. (Cassazione penale, sez. 2^ 01 ottobre 2008, n. 38803).

Il fatto ascritto è stato commesso in data 02.05.2000, ed il termine massimo di prescrizione di anni, di anni 10, (anni 8 + %) andrebbe a scadere in data 02.05.2010, senza tenere conto però delle numerose sospensioni ( art. 159 c.p.) intervenute per rinvii dell’udienza disposti a seguito di richieste della difesa (dal 24.02.05 al 01.07.05, e dal 10.03.06 al 4.07.06) o di astensioni dalle udienze del difensore per scioperi di categoria (dal 13.02.04 al 08.07.04 e dal 03.04.09 al 19.02.010) per complessivi oltre 18 mesi, sicchè il termine massimo di prescrizione non è ancora decorso.

Al riguardo va ricordato che la disciplina introdotta in proposito dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251 per il caso della sospensione del procedimento per legittimo impedimento del difensore non può essere applicata ai processi già pendenti in grado di appello al momento di entrata in vigore della suddetta legge; (Cassazione penale, sez. 4^, 14 marzo 2008, n. 16477 e che la richiesta del difensore di differimento dell’udienza, motivata dall’adesione all’astensione collettiva dalle udienze, quantunque tutelata dall’ordinamento mediante il riconoscimento del diritto al rinvio, non costituisce, tuttavia, impedimento in senso tecnico, in quanto non discende da un’assoluta impossibilità a partecipare all’attività difensiva. Ne consegue che, in tale ipotesi, non si applica il limite massimo di sessanta giorni di sospensione al corso della prescrizione, che resta sospeso per tutto il periodo del differimento. (Cassazione penale, sez. 1, 17 giugno 2008, n. 25714).

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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