Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 08-04-2011) 26-05-2011, n. 21051 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 19 ottobre 2009, ha confermato la sentenza del GUP presso il Tribunale di Torre Annunziata del 26 gennaio 2007 che aveva condannato M. A., S.L. e T.R., quali membri del collegio sindacale della I.A.M.M. Imbottigliamento Acque della Madonna s.p.a. dichiarata fallita il 21 febbraio 2002, per il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta documentale, limitatamente al libro giornale e a quello degli inventari e di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione di somme di competenza della società fallita e per violazione degli obblighi di cui agli articoli 2446 e 2447 c.c..

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione tutti gli imputati, a mezzo del proprio comune difensore, lamentando sia pur con distinti ricorsi:

a) l’inosservanza delle norme di legge quanto alla contestata bancarotta fraudolenta documentale con particolare riferimento all’esistenza dell’elemento soggettivo;

b) l’erronea interpretazione e applicazione della norma penale e il vizio della motivazione con riferimento sempre all’elemento psicologico dell’ulteriore reato della bancarotta fraudolenta per distrazione (capo 2.3 dell’imputazione);

c) l’insussistenza del concorso dei sindaci nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale (capo 2.8 dell’imputazione) con particolare riferimento alla concessione di un contributo ex L. n. 64 del 1986, del Ministero dell’Industria;

d) il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p.;

e) il rigetto dell’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per fa nullità della notificazione della citazione all’imputato.

Il solo S.L. ha, inoltre, eccepito, in rito, la nullità dell’estratto contumaciale e del contestuale avviso di deposito tardivo mai notificato all’imputato presso il difensore domiciliatario.

Il solo T.R. ha, infine, contestato la quantificazione della pena.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente e in rito deve procedersi allo stralcio della posizione dell’imputato S. in quanto effettivamente non risulta correttamente notificato allo stesso l’estratto contumaciale e l’avviso di deposito tardivo della sentenza impugnata presso il procuratore domiciliatario.

2. I ricorsi di M.A. e di T.R. sono, invece, infondati e non meritano accoglimento, essendo ai limiti dell’inammissibilità per genericità in quanto ripropongono doglianze già disattese dai Giudici del merito.

3. Il primo motivo è non accoglibile in quanto si basa sull’erroneo presupposto della necessità del dolo specifico ai fini della integrazione dell’ascritto reato di bancarotta fraudolenta documentale.

Al contrario, è ormai giurisprudenza del tutto maggioritaria quella che afferma il principio secondo il quale per la integrazione del reato di cui alla seconda ipotesi del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 216, comma 1, n. 2, ravvisabile nella condotta dell’aver tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio della società o del movimento degli affari, sia sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio, considerato che la locuzione "in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari", formulata appunto in relazione alla fattispecie della irregolare tenuta delle scritture contabili, connoti la condotta e non la volontà dell’agente, sicchè è da escludere che configuri il dolo specifico, (v. Cass. Sez. 5^ 13 giugno 2007, n. 34933 e da ultimo Sez. 5^ 25 marzo 2010 n. 21872).

In definitiva, occorre l’intenzione di impedire la mera conoscenza relativa al patrimonio o al movimento degli affari ma non occorre, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, l’intenzione di recare pregiudizio ai creditori e nemmeno la rappresentazione di questo pregiudizio.

Tutto ciò premesso in diritto, si osserva come la Corte di Appello di Napoli, questa volta in fatto e facendo buon uso dei principi dianzi evidenziati, abbia chiarito sulla base delle acquisite risultanze probatorie (v. pagina 6 della motivazione) come l’irregolare tenuta delle scritture contabili della società decotta (in particolare del libro giornale e del libro degli inventari) non fosse la risultante di attività o accadimenti (incendio dello stabilimento) non imputabili agli odierni ricorrenti.

4. Del pari infondato è il secondo motivo di ricorso, relativo al fatto della distrazione patrimoniale delle somme indicate al punto 2 numero 3 del capo d’imputazione, del pari, in relazione all’elemento soggettivo dell’ascritto reato.

Anche in questo caso la Corte territoriale ha dato, però, conto delle doglianze mosse con l’atto di appello evidenziando il chiaro comportamento inerte dei sindaci, che si sottrassero al compimento di quelle azioni in difesa del patrimonio societario pur in presenza delle evidenziate operazioni anomale (v. in particolare pagina 13 della motivazione).

A tal proposito può rammentarsi come, nei reati di bancarotta sia, infatti, ammissibile il concorso di uno o più dei componenti del collegio sindacale con l’amministratore di una società, che può realizzarsi anche attraverso un comportamento omissivo del controllo sindacale, il quale non si esaurisce in una mera verifica formale, quasi a ridursi ad un riscontro contabile nell’ambito della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione(v.

Cass. Sez. 5^ 4 novembre 2009 n. 10186).

5. Il terzo motivo di ricorso, relativo alla bancarotta per distrazione con riferimento alle operazioni indicate al punto 2 numero 8 dell’imputazione è ugualmente infondato.

Anche in questa sede i ricorrenti ripropongono le medesime asserzioni defensionali sul punto già avanzate avanti i Giudici del merito e dagli stessi correttamente disattesi.

In fatto, è logica e confortata dalle risultanze processuali, l’affermazione della Corte territoriale circa l’avvenuto ripianamento delle perdite societarie mediante l’apposizione nel bilancio del 1996 di somme, portate da un provvedimento amministrativo concessorio di contributi, non certe e di ammontare non definito.

Se a ciò si aggiunga come soltanto nel bilancio del 2000 si provvide alla correzione della differenza tra l’importo indicato in bilancio e quello effettivamente erogato dal Ministero dell’industria ne deriva la chiara coscienza e volontà di porre in essere le ascritte condotte distrattive.

6. Il quarto motivo del ricorso, relativo alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. non è conforme alla pacifica giurisprudenza di questa Corte.

Si è, invero, reiteratamente affermato come la circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza al reato, di cui all’art. 114 c.p., comma 1, presupponendo un apporto differenziato nella preparazione o nell’esecuzione materiale del reato stesso, non sia applicabile ai reati omissivi in quanto il "non facere" è concetto ontologicamente antitetico alla sussistenza dei requisiti richiesti per il suo riconoscimento (v. a partire da Cass. Sez. Ili 27 settembre 1982 n. 11306 e da ultimo la citata Sez. 4^ 6 novembre 2008 n. 45119).

Trattasi di un principio generale non applicabile, come sostiene erroneamente il ricorrente, solo ai reati a sfondo sessuale.

7. Il quinto motivo del ricorso, relativo questa volta ad una presunta nullità processuale scaturente dalla invalida citazione degli imputati, è ugualmente infondato.

La Corte territoriale ha giustamente affermato, con assorbente considerazione, come la pretesa nullità dell’avviso della fissazione dell’udienza camerale di trattazione del giudizio abbreviato per essere stato effettuato a mezzo fax ai difensori domiciliatari e non agli imputati personalmente sia una nullità a regime intermedio, sanata, comunque, dalla tardiva eccezione solo in sede di gravame.

La giurisprudenza di questa Corte a Sezioni Unite è infatti nel senso che, in tema di notificazione della citazione all’imputato, la nullità assoluta ed insanabile prevista dall’art. 179 c.p.p., ricorra soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva da parte dell’imputato, mentre non ricorre invece nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 c.p.p. (v. Cass. Sez. Un. 07 gennaio 2005 n. 119 e da ultimo Sez. 3^ 16 marzo 2010 n. 20349).

La notificazione della citazione all’imputato con forme diverse da quelle previste non integra, infatti, necessariamente una ipotesi di "omissione" della notificazione ex art. 179 c.p.p., ma da invece luogo, di regola, ad una nullità di ordine generale, soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184 c.p.p., comma 1, alle sanatorie generali di cui all’art. 183 c.p.p., ed alle regole di deducibilità di cui all’art. 182 c.p.p., oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’art. 180 c.p.p., sempre che non appaia in astratto o risulti in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte del destinatario.

Ma a tal fine l’imputato che intenda denunciare la nullità assoluta della notificazione non può limitarsi a denunciare la inosservanza della norma bensì deve rappresentare al Giudice di non avere avuto conoscenza dell’atto ed indicare gli specifici elementi che consentano la verifica di quanto affermato.

Il che non è avvenuto nella specie se si pensa che gli imputati sono addirittura comparsi alla udienza preliminare.

8. Il solo ricorrente T. ha, inoltre, rilevato una omessa motivazione dell’impugnata decisione in ordine alla quantificazione della pena: trattasi di rilievo inammissibile avanti questa Corte di legittimità ove soltanto una violazione dei limiti edittali, sia con riferimento alla pena base che alla continuazione, può essere sottoposta al vaglio di congruità (v. Cass. Sez. 2^ 17 aprile 2009 n. 27114).

Nella specie la mancata riduzione della pena non inficia la legittimità della decisione non venendo neppure in contestazione l’esercizio del potere discrezionale del Giudice nell’irrogazione della pena.

9. I ricorsi vanno, pertanto, rigettati e i ricorrenti condannati, altresì, ciascuno al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte dispone stralciarsi la posizione di S.L. affinchè si trasmettano gli atti relativi alla Corte d’appello di Napoli per la notifica dell’estratto contumaciale e del contestuale avviso di deposito tardivo della sentenza d’appello impugnata all’imputato.

Rigetta i ricorsi di M. e T. che condanna ciascuno al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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