Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-04-2011) 26-05-2011, n. 21247 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 05.11.2010 il Tribunale di Trieste, costituito ex art. 309 c.p.p., disponeva nei confronti dell’indagato M.A., in parziale accoglimento del suo ricorso avverso l’ordinanza 11.10.2010 di custodia in carcere, la misura degli arresti domiciliari ritenuta adeguata alle esigenze cautelari. In particolare veniva esclusa – in motivazione – la ricorrenza di gravità indiziaria per il reato associativo ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74) e per quello di cessione di droga di cui al capo D). Per tutti gli altri reati per i quali era stata disposta la cattura (di cessione stupefacenti ed in materia di armi), fatto anche richiamo all’ordinanza genetica, era invece ritenuta la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in base ai risultati d’indagine, specie le disposte intercettazioni ambientali e telefoniche.- Era con ciò respinta la deduzione difensiva di inutilizzabilità, a questi fini, di tali intercettazioni sul rilievo che le stesse esistevano in atti, e che solo per un disguido estemporaneo non era stato possibile fornirne una copia alla difesa.- 2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto indagato che motivava l’impugnazione, con atto personale, deducendo: a) la dedotta impossibilità di fornire copia delle intercettazioni riguardava solo quelle ambientali e non quelle telefoniche; comunque vi era concreta violazione dei diritti difensivi; b) doversi annullare l’impugnata ordinanza per i reati in materia di armi, per i quali nulla esiste al di fuori delle captazioni ambientali; c) errata interpretazioni dei dati captativi, anche in mancanza di riscontri adeguati: per il fatto di cui sub H) l’interlocutore non sarebbe esso indagato; parimenti per quello sub S); risultava estraneo alle logiche associative.- 3. Il ricorso, infondato, deve essere rigettato con ogni dovuta conseguenza di legge. – Sulla questione relativa alla mancata copia delle registrazioni delle captazioni, proposta dal ricorrente sotto il profilo dell’inutilizzabilità delle stesse, a questi fini del controllo cautelare, deve rilevarsi che – a tenore del chiaro assunto del provvedimento impugnato – non si tratta altro che di questione del tutto pratica (il contingente fallimento del tentativo di copia del materiale, non già di perdita totale e definitiva dello stesso) che, dunque, ben avrebbe potuto essere concretamente superata, ma che comunque non può indurre – a quel che al momento risulta – la prospettata inutilizzabilità.- Peraltro, secondo giurisprudenza di questa Corte, che pur tiene presente il dictum della sentenza 336/08 della Corte costituzionale, "l’omessa trasposizione, richiesta dal difensore dell’indagato, delle registrazioni delle intercettazioni poste a fondamento di una misura cautelare non comporta l’inutilizzabilità delle stesse" (cfr. Cass. Pen. Sez. F. n. 37151 in data 10.09.2009, Rv. 244694, Barchetta; Cass. Pen. Sez. 3, n. 41256 in data 30.09.2009, Rv. 244938, Kasa); nè vi è prova per quanto concerne le intercettazioni telefoniche, che l’autorizzazione alla trasposizione sia stata data.

Ciò posto, vale poi rilevare come i motivi di merito, proposti con il ricorso, parimenti non siano fondati. Va premesso che per il reato di cui al capo CC) della rubrica l’ordinanza genetica ha escluso la cattura. Per il reato associativo (capo A) e per quello D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73 di cui al capo D) il Tribunale del riesame ha escluso la gravità indiziaria, di tal che essi non sono oggetto di ricorso.- Residuano dunque i reati in materia di armi (capi N ed U) e quelli in materia di stupefacenti di cui ai capi H), S) e Z). Per tutti tali reati il ricorso è privo di pregio. Per i reati in materia di armi (capi N ed U) l’ordinanza del Tribunale triestino assume – senza essere oggi smentita dal ricorrente – che il ricorso non conteneva alcun motivo specifico, per cui l’odierna doglianza (basata unicamente sul fatto che gli indizi si fondano solo su captazioni ambientali, di contro ben utilizzabili) non può trovare positiva considerazione. Appaiono poi del tutto logiche e coerenti le motivazioni dell’impugnato provvedimento in ordine ai reati in materia di stupefacenti. Per il reato sub H) il ricorrente ripropone qui diversa lettura in fatto, non spendibile in sede di legittimità, già adeguatamente confutata dal Collegio del controllo cautelare con argomenti pertinenti e convincenti (sia sull’identità del colloquiante che sulla natura dei fatti). Gli indizi quanto al reato sub S) sono stati fondati sui colloqui tra terzi, ricostruttivi degli episodi, e sull’ammissione fatta da H.A. e B.: anche sul punto il ricorso pone in dubbio il riferimento ad esso ricorrente con proposizioni più soggettive che reali, e sempre proponendo non consentita rilettura in fatto. Infine, quanto al reato di cui sub Z), qui esclusa la rilevanza della profilata inutilizzabilità, il ricorso sul punto risulta irrilevante, posto che ribadisce il significato escludente che ne deriverebbe in tema di reato associativo, deduzione quanto mai inutile, posto che l’impugnata ordinanza ha già escluso la gravità indiziaria quanto al reato D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74.

In definitiva il ricorso, infondato in ogni sua deduzione, deve essere rigettato. Alla completa reiezione dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente M.A. al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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