T.A.R. Campania Salerno Sez. II, Sent., 26-05-2011, n. 1007 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

cato nel verbale;
Svolgimento del processo

Nel primo dei giudizi in epigrafe, la ricorrente, proprietaria "iure hereditatis" di un esteso fondo nel Comune di Battipaglia, su cui insisteva una delle aziende agricole di famiglia, lamentava che, mentre era in corso l’attività di recupero di un’antica masseria, collocata in tale area, le era stato comunicato l’avvio di un procedimento espropriativo, finalizzato all’insediamento, sul parco circondante la casa colonica, di un impianto industriale; si doleva, in particolare, dell’approvazione di una "variante di riequilibrio" del Piano Regolatore Consortile, che aveva "stravolto" l’originaria destinazione dell’area agricola, compresa nella cd. "fascia di rispetto", esterna al perimetro dell’area A. S. I., accorpandola all’area industriale, mercé la sua trasformazione in zona "D"; avverso gli atti, specificati in epigrafe, articolava pertanto le seguenti censure:

1) Violazione di legge (artt. 9 e 10 d. P. R. 327/01, in rel. all’art. 10 l. r. Campania n. 16/98; artt. 7 e ss. l. 241/90; art. 97 Cost.); Eccesso di potere per carenza d’istruttoria, arbitrarietà, violazione del giusto procedimento e sviamento: la comunicazione di avvio del procedimento, conclusosi con l’approvazione della variante di riequilibrio di cui sopra, avrebbe dovuto avvenire "sin dalla sua prima fase", anziché nel momento in cui le scelte urbanistiche compiute dal Consorzio erano ormai divenute definitive;

2) Violazione di legge (art. 10 bis l. 241/90); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e sviamento): era mancata la comunicazione, alla ricorrente, dei motivi che avevano determinato la decisione della P. A.;

3) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto d’istruttoria, violazione del giusto procedimento, carenza assoluta dei presupposti, sviamento e straripamento di potere: era mancata una specifica ed adeguata motivazione, circa le ragioni di pubblico interesse che giustificavano la variante su quel particolare fondo, ove insisteva un complesso rurale di accertata valenza storica, architettonica e naturalistica;

4) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto d’istruttoria, violazione del giusto procedimento e carenza assoluta dei presupposti: era mancata la necessaria comparazione tra gli interessi, pubblici e privati, coinvolti;

5) Violazione di legge (artt. 1 e ss. e 10 e ss. d. l.vo 42/04, anche in relazione all’art. 10 l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza assoluta dei presupposti, sviamento e difetto d’istruttoria: il Consorzio A. S. I. non aveva tenuto in debito conto la circostanza che la proprietà della ricorrente era stata già inserita, dal Comune di Battipaglia, con deliberazione di G. C. n. 80 del 23.02.2005, nell’elenco del patrimonio immobiliare di interesse storico – artistico ed ambientale;

6) Violazione di legge (art. 3 l. 241/90, in rel. agli artt. 4 e ss. l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per illogicità, difetto di istruttoria, carenza assoluta dei presupposti, sviamento e straripamento di potere: atteso il pregio architettonico e paesaggistico, ed il conseguente valore economico degli immobili da espropriare, sarebbe stato frustrato lo scopo istituzionale del Consorzio, di creare le condizioni necessarie allo sviluppo di iniziative industriali, fornendo a basso prezzo le aree utili agli imprenditori interessati;

7) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98, anche in rel. agli artt. 14 e ss. l. 241/90); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, difetto dei presupposti e sviamento: anziché il parere di conformità della G. R., previsto dalla citata disposizione di legge regionale, la contestata variante di riequilibrio era stata approvata, dalla Provincia, mercé l’acquisizione di una mera "relazione istruttoria" del Dirigente del Settore Tutela Beni Paesaggistici, Ambientali e Culturali della stessa Giunta Regionale (la quale del resto non avrebbe potuto, in base allo Statuto Regionale, delegare ad altri la sua competenza in materia);

8) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98, in rel. agli artt. 14 e ss. l. 241/90); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza assoluta dei presupposti, sviamento, difetto d’istruttoria e straripamento di potere: era stata negletta la disciplina di legge regionale circa l’approvazione dei Piani Regolatori delle Aree Industriali, in particolare per quanto concerneva la conferenza di servizi, la cui convocazione avrebbe dovuto precedere l’adozione definitiva del piano e le cui determinazioni, risolutive anche delle osservazioni presentate, avrebbero dovuto tener luogo delle stesse adozione definitiva ed approvazione da parte della Provincia;

9) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, carenza assoluta dei presupposti e sviamento: la variante di riequilibrio in questione, avendo come finalità il riequilibrio del rapporto tra la zona "D" e la zona "F" nell’ambito del Piano Consortile, non avrebbe dovuto interessare l’area di proprietà della ricorrente, compresa nella "fascia di rispetto" esterna al perimetro A. S. I.;

10) Violazione di legge (artt. 18, 20 e 21 l. r. Campania n. 18/04, in rel. all’art. 10 l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, sviamento e straripamento di potere: non era stato rispettato il procedimento, dettato per le varianti da apportare ai piani A. S. I. dagli artt. 18, 20 e 21 della l. r. Campania n. 18/04;

11) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, sviamento e straripamento di potere; Violazione artt. 97 Cost. e 1, l. 241/90; Violazione dei principi di trasparenza, di non aggravamento del procedimento e del principio di tipicità degli atti amministrativi: era sostanzialmente ribadita la censura precedente, "sub specie" dell’adozione da parte dell’Amministrazione di atti difformi da quelli, tipicamente previsti dalla legge per l’adozione della variante "de qua";

12) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98; art. 77 l. r. Campania n. 10/01; art. 25, l. 1/78; art. 53 T. U. 218/78; artt. 8 e ss. T. U. 227/01; art. 42 Cost.); Eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti, sviamento e straripamento di potere: la variante di riequilibrio era stata adottata, in carenza di un valido ed efficace P. R. T. Consortile da variare, perché quello, inerente l’agglomerato industriale di Battipaglia, era divenuto inefficace, a far data dal 2004;

13) Violazione di legge (art. 16 T. U. 327/2001); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, sviamento e carente istruttoria: non sarebbe stato garantito, prima dell’adozione della variante, il contraddittorio previsto dalla citata disposizione legislativa;

14) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98, in rel. art. 52 T. U. 218/78); Eccesso di potere per carente istruttoria, carenza assoluta dei presupposti e sviamento: era ripresa la censura, sub 12), al fine di escludere, nella prospettazione della ricorrente, l’applicabilità, al P. R. C. in questione, delle proroghe legislative succedutesi nel tempo, che altrimenti sarebbero state in contrasto con il parametro di legge costituzionale ( artt. 3, 42 e 97 Cost.), come da eccezione d’incostituzionalità espressamente sollevata, per il caso in cui il Collegio avesse diversamente opinato;

15) Violazione di legge (art. 6, ultimo comma, T. U. 327/01, in rel. art. 18 l. r. 16/04); Incompetenza; Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e straripamento: la competenza ad adottare gli atti della procedura espropriativa in questione sarebbe appartenuta alla Provincia, con conseguente incompetenza del Consorzio A. S. I.;

16) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98, in rel. artt. 7 e ss. l. 2359/1865); Eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti, straripamento di potere, violazione del giusto procedimento, abnormità: la dichiarazione di pubblica utilità dell’impianto produttivo in questione avrebbe dovuto essere conseguita, secondo la ricorrente, per atto amministrativo dell’Autorità competente, derivando dall’inserimento della stessa nel piano consortile solo i caratteri dell’indifferibilità e dell’urgenza;

17) Violazione di legge (art. 53 T. U. 218/78; art. 4 l. r. 16/98; art. 65 d. P. R. 616/77); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza assoluta dei presupposti, sviamento, straripamento di potere, abnormità ed illogicità; Violazione degli artt. 42 e 97 Cost.: più in generale, un’iniziativa privata per la realizzazione di un impianto industriale non avrebbe potuto affatto conseguire la dichiarazione di p. u. in oggetto.

Si costituiva in giudizio il Consorzio A. S. I. di Salerno, producendo documentazione pertinente ed una memoria difensiva, in cui preliminarmente eccepiva l’irricevibilità dell’avverso gravame, attesa la dedotta tardiva impugnazione della variante generale di riequilibrio del P. R. C. dell’agglomerato del Comune di Battipaglia, la cui approvazione risaliva al 2005; l’inammissibilità del medesimo, essendo stato impugnato unicamente il decreto, ricognitivo dell’avvenuta approvazione "ex lege", in sede di conferenza di servizi, della suddetta variante, laddove non erano stati gravati di ricorso gli altri provvedimenti del Consorzio, intervenuti al riguardo; nel merito, replicava poi, analiticamente, alle avverse doglianze.

Con atto di motivi aggiunti, depositato il 9.12.09, la ricorrente impugnava gli ulteriori atti e provvedimenti specificati in epigrafe, conosciuti a seguito del deposito documentale del Consorzio, avverso i quali erano articolate le seguenti censure:

1) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto d’istruttoria, violazione del giusto procedimento, carenza assoluta dei presupposti, sviamento e straripamento di potere: nonostante la dichiarata finalità di attuare un "riequilibrio" tra le aree comprese in zona D, delle quali circa 400.000 mq. erano stati trasformati in zona "F", a seguito dell’insediamento dell’interporto, la ricorrente osservava che era stata recuperata a zona industriale appena la metà (circa 20 ettari) della superficie sottratta agli insediamenti produttivi;

2) Violazione di legge (artt. 9 e 10 d. P. R. 327/01, in rel. all’art. 10 l. r. Campania n. 16/98; artt. 7 e ss. l. 241/90; art. 97 Cost.); Eccesso di potere per carenza d’istruttoria, arbitrarietà, violazione del giusto procedimento e sviamento: era ribadita l’analoga doglianza, contenuta sub 1) nell’atto introduttivo del giudizio, della necessità di comunicare l’avvio del procedimento, teso all’approvazione della variante specifica "de qua", sin dalla sua prima fase, con l’ulteriore corollario che il termine legale per l’impugnativa giurisdizionale della delibera doveva ritenersi essere decorso dalla notifica ovvero dalla comunicazione individuale del provvedimento, non essendo sufficiente la pubblicazione della stessa all’albo pretorio;

3) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto d’istruttoria, violazione del giusto procedimento, carenza assoluta dei presupposti, sviamento e straripamento di potere; Violazione del principio di tipicità; Incompetenza: dopo la pubblicazione della delibera di adozione della variante di riequilibrio, e a seguito delle osservazioni formulate, il piano di variante era stato integrato con ulteriori due tavole, n. 5 e 5 bis, non oggetto di ulteriore pubblicazione; inoltre l’esame delle osservazioni non sarebbe stato condotto, in violazione della normativa di legge regionale, nell’ambito della conferenza di servizi, bensì, unilateralmente, da parte del Consorzio;

4) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per disparità di trattamento, difetto di motivazione, difetto d’istruttoria, violazione del giusto procedimento, carenza assoluta dei presupposti, sviamento e straripamento di potere: una delle linee guida della variante di riequilibrio (condivisa anche dal Comune di Battipaglia) era stata nel senso di stralciare, dalla destinazione "D", le zone su cui insistevano fabbricati a consolidata destinazione d’uso residenziale, il che avrebbe dovuto imporre anche lo stralcio del complesso rurale, di alto pregio storico – architettonico – naturalistico, di proprietà della ricorrente;

5) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per carente istruttoria, violazione del giusto procedimento, arbitrarietà e difetto di motivazione: anziché il Presidente del Consorzio, ovvero un rappresentante designato dal Consiglio, alla conferenza di servizi erano intervenuti un componente del comitato direttivo e un dirigente dell’ufficio tecnico, privi del potere di rappresentanza dell’ente;

6) Violazione di legge (art. 10 l. r. Campania n. 16/98,a nche in rel. agli artt. 14 e ss. l. 241/90); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, difetto dei presupposti e sviamento: era ribadita l’analoga doglianza, contenuta sub 7) nell’atto introduttivo del giudizio;

7) Violazione di legge (artt. 18, 20 e 21 l. r. Campania n. 18/04, in rel. all’art. 10 l. r. Campania n. 16/98); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, sviamento e straripamento di potere: era ribadita l’analoga censura, sollevata sub 10) nell’atto introduttivo del giudizio;

8) Violazione di legge (art. 16 T. U. 327/2001); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, sviamento e carente istruttoria: era ribadita l’analoga censura, sollevata sub 13) nell’atto introduttivo del giudizio;

9) Violazione di legge (art. 6, ultimo comma, T. U. 327/01, in rel. art. 18 l. r. 16/04); Incompetenza; Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e straripamento: era ribadita l’analoga censura, sollevata sub 15) nell’atto introduttivo del giudizio.

La ricorrente formulava, altresì, specifica istanza istruttoria, chiedendo che il Tribunale ordinasse il deposito, in giudizio, di copia del verbale della conferenza di servizi dell’8.10.2004, richiamato nel decreto del Presidente della Provincia di Salerno prot. n. 359 del 6.05.05, asseritamente recante l’accordo unanime sull’approvazione della variante di riequilibrio del Piano Regolatore Consortile, con riserva di ulteriori motivi aggiunti, all’atto dell’intervenuta conoscenza dell’atto in questione.

Il Consorzio A. S. I. di Salerno depositava documentazione pertinente ed una memoria difensiva nella quale eccepiva l’improcedibilità del ricorso e dei motivi aggiunti, attesa la presentazione, da parte della ricorrente, presso questo Tribunale, di altra impugnativa, rubricata al n. 2074/2007 R. G., favorevolmente scrutinata, in sede cautelare, dalla Prima Sezione, con ordinanza n. 144 del 7.02.08, rivolta all’annullamento di una nota del Capo Servizio Amministrativo del Consorzio, con cui era stata archiviata un’istanza della stessa ricorrente, tesa ad ottenere il titolo unico per la realizzazione di un’intrapresa produttiva su un terreno di sua proprietà, comprendente anche la p.lla 39 del fol. 8 del Comune di Battipaglia, vale a dire il terreno, in relazione al cui inserimento in zona "D", mercé la contestata "variante di riequilibrio", era stato azionato il presente rimedio giurisdizionale, con la conseguenza che la stessa ricorrente avrebbe ormai prestato acquiescenza alla nuova destinazione industriale dell’area di sua proprietà; né tale conclusione poteva essere revocata in dubbio, per effetto della proposizione, in data successiva all’altro ricorso, dei motivi aggiunti, testé riferiti; nonché eccepiva l’improcedibilità del ricorso, per sopravvenuta carenza d’interesse, posto che la ditta M. aveva rinunciato al procedimento espropriativo, nel cui avvio la ricorrente aveva individuato la lesione della propria posizione soggettiva; ribadiva l’eccezione d’irricevibilità del ricorso per tardività, posto che la variante di riequilibrio "de qua", era stata approvata, attraverso il conseguimento dell’accordo unanime, in data 8.10.04, in sede di conferenza di servizi, e che detta approvazione era poi confluita nel decreto di approvazione (meramente ricognitivo) del Presidente della Provincia di Salerno, n. 359 del 6.05.05, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3.06.05, e che da tale data doveva ritenersi essere piuttosto decorso il termine, per proporre impugnativa dinanzi al G. A., trattandosi di variante che interessava un’ampia area (oltre 200.000 mq.), necessaria a far fronte al venir meno di circa 400.000 mq. di zona industriale, anziché di una variante puntuale, come dedotto "ex adverso", riguardante una specifica proprietà, e non essendo, pertanto, l’approvazione di una variante siffatta soggetta all’onere della comunicazione individuale ai proprietari interessati; né del resto, al fine di superare l’eccepita irrecevibilità del gravame, poteva valere la pretesa necessità di una comunicazione d’avvio del procedimento di variante, sin dalla sua prima fase, atteso che gli artt. 9 e 10 del d. P. R. 327/01, invocati dal controparte, sarebbero stati inapplicabili alla specie, "ratione temporis", nonché in considerazione del disposto dell’art. 13 comma 1. l. 241/90, secondo cui l’art. 7 non si applica agli atti di pianificazione, ed essendo comunque state garantite le forme partecipative, previste dalla legislazione di settore (art. 10, comma 1, l. r. 10/98); ancora, eccepiva l’inammissibilità del ricorso, nella parte in cui lo stesso era rivolto contro l’avviso d’avvio del procedimento espropriativo, trattandosi d’atto privo di valore provvedimentale; nonché, in generale, per carenza d’interesse, posto che la variante urbanistica in esame avrebbe conferito, al cespite immobiliare in questione, un valore elevatissimo, a fronte di un valore infimo, derivante dalla sua precedente qualificazione come zona di rispetto, ricompresa nel perimetro dell’agglomerato A. S. I. di Battipaglia; evidenziava, infine, come le ragioni d’improcedibilità, inammissibilità ed irricevibilità del ricorso, come sopra riferite, s’estendessero necessariamente anche ai successivi motivi aggiunti, le cui singole censure sarebbero state, in ogni caso, anch’esse inammissibili (talune) e, comunque, infondate.

Seguiva la produzione di note difensive, in cui la ricorrente riepilogava gli argomenti a fondamento delle spiegate impugnative, insisteva nell’istanza istruttoria sopra specificata e controdeduceva, rispetto alle preliminari eccezioni, formulate "ex adverso".

Con ordinanza, emessa all’esito dell’udienza pubblica del 25.02.2010, la Sezione, rilevato che, giusta richiesta di parte ricorrente, occorreva acquisire il verbale della Conferenza dei Servizi dell’8.10.2004, trattandosi di questione attinente alla regolare formazione del fascicolo processuale, come tale precedente la delibazione d’ogni altra questione di rito, ordinava al Consorzio A. S. I. di trasmettere detto verbale al Tribunale, in copia con attestazione di conformità all’originale, nel termine perentorio di giorni quarantacinque, decorrente dalla notificazione a cura di parte, ovvero dalla comunicazione, in via amministrativa, della stessa ordinanza.

In data 26.04.2010 l’A. S. I. di Salerno, con nota a firma del Dirigente dell’U. T., comunicava che non era stato possibile reperire, agli atti del Consorzio, ovvero presso le altre Amministrazioni interessate, il verbale afferente la conferenza di servizi, svoltasi presso la Provincia di Salerno in data 8.10.2004; che l’Amministrazione Provinciale di Salerno, nel dichiarare di non aver rinvenuto nei propri archivi il predetto verbale, aveva inviato una copia, estratta da un "file" rinvenuto nel proprio archivio informatico, "ritenendo trattarsi presumibilmente di quello redatto in tempo reale allo svolgimento della conferenza" di cui sopra; il medesimo dirigente, firmatario della nota di cui sopra, riferiva per quanto di utilità che egli stesso, in qualità di dirigente tecnico del Consorzio, aveva all’epoca partecipato alla conferenza di servizi in questione, ed allegava copia conforme del decreto della Provincia di Salerno, prot. n. 359 del 6.05.05, nel corpo del quale, nell’approvare la citata variante di riequilibrio, si prendeva atto dell’accordo unanime, espresso in sede di conferenza, nella data dell’8.10.04.

Gli esiti dell’istruttoria disposta dal Collegio inducevano la difesa di parte ricorrente, con propria successiva memoria, a concludere nel senso dell’inesistenza del citato verbale della conferenza di servizi, e quindi dell’impossibilità di dimostrare l’accordo unanime tra le singole amministrazioni, che a detta conferenza avrebbero partecipato.

Seguiva il deposito di documenti e di memoria difensiva, nell’interesse del Consorzio, in cui si elencavano gli elementi di prova, storica e logica, in grado di dimostrare, viceversa, l’effettivo svolgimento di detta conferenza di servizi e il raggiungimento, in tale sede istituzionale, del contestato accordo circa la variante di riequilibrio, e ciò nonostante che l’originale del verbale in questione fosse stato, con ogni probabilità, smarrito dall’ente, deputato alla sua conservazione, vale a dire dalla Provincia di Salerno; e nella quale si riepilogavano, altresì, le preliminari eccezioni in rito, già svolte nei precedenti scritti difensivi, nonché le considerazioni atte a dimostrare l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti di controparte.

Era quindi prodotta – sempre nell’interesse del Consorzio – istanza di riunione del presente ricorso all’altro (n. 2074/2007 R. G.) prodotto dalla stessa ricorrente e rivolto all’annullamento del diniego, opposto dall’ente, relativamente all’istanza tesa a conseguire il titolo unico per la realizzazione di un’intrapresa produttiva sul terreno per cui è causa.

La difesa della ricorrente s’opponeva all’accoglimento di tale istanza, e comunque ribadiva l’insussistenza di ogni ipotesi di acquiescenza, derivante dalla proposizione, da parte della sua assistita, di tale seconda impugnativa.

Con ordinanza, resa all’esito dell’udienza pubblica del 25.11.2010, la Sezione accoglieva la domanda di rinvio e fissazione congiunta dei due ricorsi, prodotta da parte resistente, fissando per la decisione di entrambi l’udienza pubblica del 10.03.2011.

Seguiva la produzione di scritti difensivi riepilogativi nell’interesse delle parti costituite.

All’udienza pubblica sopra indicata, il ricorso era trattenuto in decisione.

Con il secondo dei ricorsi in epigrafe, era per l’appunto impugnata l’archiviazione, da parte dell’A. S. I., dell’istanza di I.A., di cui s’è detto in precedenza, inoltrata sia al S. U. A. P. del Comune di Battipaglia, sia al Consorzio, ed era altresì chiesto il risarcimento dei danni subiti; tanto, sulla base delle seguenti censure:

1) Incompetenza; Violazione di legge (art. 3 l. r. 16/98; art. 28 l. r. 1/07; art. 4 Regolamento Consorzio A. S. I.); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, sviamento e straripamento: era dedotta l’incompetenza del Capo Servizio Amministrativo – Responsabile del Procedimento, presso il Consorzio, ad adottare l’archiviazione – rigetto dell’istanza in questione;

2) Violazione di legge (art. 10 bis l. 241/90); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, sviamento e carente istruttoria: era mancata la comunicazione, alla ricorrente, del preavviso di diniego;

3) Incompetenza; Violazione di legge (artt. 23 e ss. d. l.vo 112/98, in rel. agli artt. 1 e ss. e 20, comma 8, l. 59/97; art. 17, comma 2, l. 400/88; artt. 2 e ss. d. P. R. 447/98 e s. m. i.; art. 28 l. r. 1/07); Eccesso di potere per carenza assoluta del presupposto, sviamento e straripamento: la competenza ad adottare il provvedimento conclusivo circa l’istanza in oggetto sarebbe appartenuta, anziché al Consorzio, al S. U. A. P. comunale, cui era stata, infatti, anche rivolta;

4) Violazione di legge (artt. 4 e 5 d. P. R. 447/98 e s. m. i.; art. 28 l. r. 1/07; art. 97 Cost.; art. 1 l. 241/90, in rel. artt. 2196, 2082, 2296 cod. civ.); Eccesso di potere per sviamento, pretestuosità, abnormità e carente istruttoria: era contestata la fondatezza delle ragioni a base del diniego, vale a dire che la ricorrente avrebbe prodotto documentazione ininfluente, rispetto a quella richiestale dal Consorzio (specificamente: un certificato d’iscrizione al Registro delle Imprese risalente a non più di sei mesi nonché documentazione, attestante la disponibilità dei suoli, indicati in progetto);

5) Violazione di legge (artt. 25 e ss. d. l.vo 112/98, in rel. anche al d. P. R. 447/98; art. 28 l. r. 1/07; art. 11 l. r. 16/98); Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza dei presupposti, illogicità ed abnormità: alcuna potestà inibitoria del progetto in questione era consentita al Consorzio, il quale avrebbe dovuto soltanto attestare la conformità del medesimo al piano A. S. I.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione, con memoria in cui preliminarmente eccepiva l’inammissibilità del ricorso, per mancata evocazione in giudizio di almeno uno dei controinteressati, individuati in altre ditte, che avevano presentato progetti d’insediamento sulle stesse particelle, per le quali era stato presentata l’istanza della ricorrente, progetti relativamente ai quali era stato anche comunicato, alla stessa I.A., l’avvio del procedimento espropriativo; nonché, nel merito, concludeva per l’inammissibilità (di talune) e, comunque, per l’infondatezza delle avverse censure.

Con ordinanza, resa all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 7.02.2008, la Prima Sezione di questo Tribunale accoglieva la domanda cautelare, articolata in ricorso, ai fini del riesame.

Il presente gravame era quindi fissato, per la discussione, congiuntamente al primo, e tanto in adesione alla richiesta, in tal senso formulata dalla difesa del resistente Consorzio, giusta quanto s’è sopra, diffusamente, rilevato.

In data 18.02.2011, era infine depositata, nell’interesse del Consorzio, la nota, prot. n. 731 del 16.02.2011, già trasmessa al Tribunale direttamente a cura dello stesso ente, con la quale il Capo Servizio Amministrativo – in esecuzione del riesame imposto dalla prefata ordinanza – aveva respinto nuovamente l’istanza della ricorrente, per i motivi dettagliatamente ivi espressi, ai quali è d’uopo, per ragioni di brevità espositiva, fare integrale rinvio in questa sede.

Nell’imminenza della discussione del ricorso, le parti producevano scritti difensivi riepilogativi.

All’udienza del 10 marzo 2011, anche il secondo ricorso era introitato per la decisione.
Motivi della decisione

Va preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi in epigrafe, per motivi di connessione soggettiva e (parzialmente) oggettiva.

Più specificamente, la riunione si rende necessaria, per poter compiutamente delibare l’eccezione d’inammissibilità, per acquiescenza, del primo ricorso, sollevata dalla difesa della resistente Amministrazione, in relazione alla circostanza dell’avvenuta presentazione, da parte di I.A., dopo l’atto introduttivo del medesimo (R. G. n. 1105/2006) ma prima dei motivi aggiunti, ad esso pertinenti, del secondo gravame (R. G. 2074/2007).

Prescindendo per il momento da tale eccezione, osserva il Tribunale che detto secondo ricorso è divenuto, in ogni caso, improcedibile, per sopravvenuto difetto d’interesse, atteso che, dall’esame degli atti dei giudizi riuniti, non risulta che parte ricorrente abbia gravato (nella forma dei motivi aggiunti) il provvedimento (nota, prot. n. 731 del 16.02.2011, a firma del Capo Servizio Amministrativo del Consorzio A. S. I. di Salerno), con il quale la sua istanza, tesa alla realizzazione di un impianto industriale sul terreno di proprietà, è stata nuovamente respinta, dall’Amministrazione, all’esito dell’attività di riesame, imposta dall’ordinanza cautelare della Prima Sezione, di cui s’è riferito in narrativa.

Deve, infatti, trovare applicazione, nella specie, il principio, pacifico in giurisprudenza, espresso "ex multis" nella massima che segue: "È improcedibile il ricorso contro un provvedimento nell’ipotesi di sopravvenienza di un nuovo provvedimento che incida o continui ad incidere negativamente sullo stesso rapporto amministrativo e che non sia stato impugnato" (Consiglio Stato, sez. IV, 17 novembre 2000, n. 6108).

La conclusione, testé raggiunta, circa la palese improcedibilità del secondo ricorso (2074/2007 R. G.), oltre a estinguere la pedissequa richiesta di risarcimento del danno, non è senza conseguenze, quanto alla soluzione da fornire alla questione preliminare, rappresentata dall’eccezione d’inammissibilità, per acquiescenza, del primo ricorso e dei relativi motivi aggiunti, sollevata dalla difesa del Consorzio e di cui s’è appena detto.

Ritiene il Tribunale che la stessa non debba essere accolta.

Nella prospettazione di parte resistente, l’inammissibilità (od improcedibilità) del primo ricorso, e dei successivi motivi aggiunti, deriverebbe dall’incompatibilità tra le due azioni giurisdizionali proposte da I.A. ed oggetto dei ricorsi riuniti: la prima, diretta a contestare la destinazione industriale, conferita al suo fondo dalla variante di riequilibrio in argomento, e tanto al fine di tutelare un’antica masseria, ivi collocata; la seconda, volta all’annullamento dell’archiviazione della sua istanza tesa, sul presupposto dell’ormai intervenuta modificazione della destinazione d’uso urbanistica dell’area (da zona ad uso pubblico con fasce di rispetto, ad industriale) al rilascio di un permesso di costruire, sulla medesima area, per la realizzazione di un impianto produttivo, per la lavorazione e la trasformazione di prodotti ortofrutticoli da agricoltura biologica.

Si tratterebbe, cioè, di un’inammissibilità derivante, secondo il Consorzio, dall’incompatibilità logica tra i risultati, cui le due azioni rispettivamente tenderebbero; in pratica, l’acquiescenza si sarebbe verificata allorché, con la proposizione del secondo ricorso, I.A. avrebbe accettato la modificazione urbanistica, indotta dalla variante di riequilibrio in questione, al punto tale, da porre detta modificazione a presupposto della propria richiesta di un provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica, nella forma del titolo unico per la realizzazione di un impianto produttivo sulla stessa area.

Orbene, com’è noto, l’acquiescenza postula un comportamento che palesi, in modo inequivoco, la volontà del soggetto interessato di non proporre impugnazione o di rinunciare a quella già proposta; in particolare, secondo la seguente massima, espressione peraltro di principi consolidati: "L’acquiescenza al provvedimento impugnato, come pure la sopravvenuta carenza di interesse, presuppongono un comportamento chiaro ed inequivocabile, imputabile al ricorrente, dal quale si possa evincere, senza un ragionevole dubbio, la sua volontà di accettare gli effetti delle determinazioni sfavorevoli o il suo disinteresse al conseguimento di una decisione di merito" (T. A. R. Campania Napoli, sez. VII, 17 febbraio 2006, n. 2131).

Orbene, tal essendo la nozione, comunemente accettata, d’acquiescenza, la stessa non può trovare spazio nel caso di specie, atteso che parte ricorrente, dopo la proposizione del secondo ricorso (n. 2074/2007 R. G.), ha:

1) depositato motivi aggiunti nel primo ricorso, con i quali ha ampliato il "thema decidendum" di quel giudizio, a seguito della produzione documentale di parte avversa;

2) omesso d’impugnare, nel secondo ricorso, il provvedimento del Consorzio con cui, in esecuzione dell’ordine emesso dal Tribunale in sede cautelare, è stata riesaminata, nuovamente con esito sfavorevole, la sua richiesta di titolo unico per la realizzazione di un impianto produttivo.

Non si vede allora come, in presenza di una situazione siffatta, possa discorrersi d’acquiescenza: la volontà di parte ricorrente, che effettivamente, al momento della proposizione del secondo ricorso, poteva sembrare diretta a sfruttare proprio quella destinazione d’uso industriale, contestata con l’atto introduttivo del primo ricorso, s’è, poi, viceversa chiarita, alla luce della sua successiva condotta processuale.

Vale a dire che l’interesse ad agire della ricorrente s’è evidentemente concentrato, nel primo ricorso, con l’impulso dei motivi aggiunti, sulla contestazione della destinazione d’uso industriale, conferita al fondo di sua proprietà, laddove l’azione, inizialmente proposta, in via alternativa, per contestare il diniego, opposto dalla P. A. ad un utilizzo del fondo medesimo, che tale destinazione d’uso industriale invece presupponeva, è stata definitivamente abbandonata, allorché I.A. ha – con comportamento inequivocabile – rinunciato a coltivare ulteriormente tale seconda impugnativa, facendo consolidare gli effetti del rinnovato diniego, frapposto dal Consorzio all’accoglimento della sua istanza.

Orbene, nella misura in cui: "Sussiste acquiescenza a un provvedimento amministrativo solo nel caso in cui ci si trovi in presenza di atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto, che dimostrino la chiara e incondizionata (cioè non rimessa a eventi futuri e incerti) volontà dello stesso di accettarne gli effetti e l’operatività" (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 21 settembre 2010, n. 7031), ben si comprende come la descritta condotta processuale della I., dalla quale si pretenderebbe di far derivare l’acquiescenza alla destinazione d’uso industriale, impressa al suo fondo, non sia stata affatto univoca, e come non sia possibile, dalla stessa, desumere una "chiara ed incondizionata" volontà d’accettare le determinazioni, reputate sfavorevoli, adottate sul piano urbanistico dall’Amministrazione, quanto alla sorte del suo fondo e della masseria, ivi allocata.

Ritenere diversamente, e cioè che con l’esercizio della seconda impugnativa la ricorrente abbia ineluttabilmente segnato la sorte del primo giudizio, condannandolo ad una dichiarazione d’inammissibilità od improcedibilità, trascura di considerare la fondamentale circostanza, tale da fugare ogni residua perplessità, del definitivo diniego, opposto dal Consorzio alla sua istanza di realizzazione di un impianto produttivo sul terreno in questione.

È ovvio che se l’Amministrazione, in adempimento del riesame ordinato dal Tribunale, avesse invece accolto la sua istanza, il primo ricorso sarebbe venuto meno: non per acquiescenza, tuttavia, bensì per sopravvenuta carenza d’interesse (laddove, relativamente al secondo ricorso, sarebbe in quel caso cessata la materia del contendere).

Ma poiché le cose sono andate diversamente, e l’Amministrazione le ha definitivamente negato il richiesto ampliamento della propria sfera giuridica, la ricorrente, con l’omettere di gravare tale sfavorevole determinazione, mercé la proposizione di motivi aggiunti al secondo ricorso, ha mostrato chiaramente di non aver più interesse a coltivare tale seconda impugnativa, contestualmente dimostrando di non aver mai voluto, in realtà, abbandonare il primo ricorso.

Si potrebbe anzi dire che l’improcedibilità del secondo ricorso, desunta dalla sopravvenuta inerzia processuale della I., è la manifestazione più evidente della sua volontà di non accettare la destinazione industriale, impressa al suo fondo, nel che si sostanzia il "proprium" del primo giudizio.

Un’ultima considerazione s’impone: stante la rilevata improcedibilità del secondo ricorso, se si dovesse – per ipotesi – accedere alla tesi del Consorzio, e ritenere il primo ricorso (e relativi motivi aggiunti) improcedibile per acquiescenza, ciò equivarrebbe, nei fatti, a privare la ricorrente di ogni forma di tutela giurisdizionale, relativamente al procedimento di variante "de quo" ed agli esiti che ne sono derivati, rispetto alla sua sfera giuridica: il che non è, evidentemente, ammissibile.

In conclusione, è sul primo ricorso – e sui relativi motivi aggiunti – che si deve concentrare l’attenzione del Collegio.

Non prima, tuttavia, di aver esaminato le ulteriori e diverse eccezioni preliminari, sollevate, al riguardo, dalla difesa dell’Amministrazione.

Viene in rilievo, in particolare, l’eccezione d’irricevibilità del ricorso, e dei successivi motivi aggiunti, per omessa tempestiva impugnazione del decreto di approvazione della variante di riequilibrio del P. R. T. C. dell’agglomerato industriale del Comune di Battipaglia, prot. n. 359 del 6.05.2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3.06.2005, eccezione fondata sulle concrete caratteristiche della variante in oggetto, riguardante un’ampia zona (oltre 200.000 mq.) dell’agglomerato industriale, necessaria per compensare la perdita di oltre 400.000 mq. di zona "D", dovuta alla realizzazione dell’interporto Battipaglia – Salerno, come tale da ritenersi di tipo generale e pertanto assoggettata esclusivamente alle formalità di pubblicità – notizia, previste dall’art. 10, comma 7, della l. r. Campania n. 16/98 e non alla comunicazione individuale ai proprietari delle aree, interessate dalla medesima.

Va applicato al riguardo, a parere del Collegio, l’indirizzo giurisprudenziale, espresso nella seguente massima: "La regola della presunzione di conoscenza conseguente alla mera pubblicazione del decreto di approvazione del PRG non vale per il caso particolare in cui " (…) la variante non sia caratterizzata da una considerazione globale del territorio comunale ma sia rivolta ad incidere in modo singolare su di un determinato e specifico bene imprimendogli un vincolo preordinato all’espropriazione "; talché, l’onere di impugnazione decorre, in questo, caso, dalla comunicazione o dalla piena conoscenza del decreto di approvazione al diretto interessato" (T. A. R. Sicilia Catania, sez. II, 4 giugno 2008, n. 1071).

In parte motiva, la prefata decisione precisa quanto segue: "Infatti, se è vero che un consolidato orientamento della giustizia amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 300/81 e 1543/92; sez. IV, 392/91, 4040/03 e 5225/04) fa decorrere il termine per l’impugnazione del piano regolatore generale, o di una sua variante, dal momento della pubblicazione del relativo atto di approvazione, il Collegio ritiene tuttavia che alla peculiare situazione in esame si debba applicare quell’orientamento giurisprudenziale che – nell’intento di garantire maggiormente le esigenze di tutela del proprietario espropriando – precisa come la regola della presunzione di conoscenza conseguente alla mera pubblicazione del decreto di approvazione del PRG non valga per il caso particolare in cui "… la variante non sia caratterizzata da una considerazione globale del territorio comunale ma sia rivolta ad incidere in modo singolare su di un determinato e specifico bene imprimendogli un vincolo preordinato all’espropriazione"; talché, l’onere di impugnazione decorre, in questo, caso, dalla comunicazione o dalla piena conoscenza del decreto di approvazione (Tar Cagliari, 2248/06; Tar Napoli 6272/02; Tar Venezia, 1100/02)".

Dal canto suo, la massima relativa alla sentenza del T. A. R. Sardegna Cagliari, sez. II, 19 ottobre 2006, n. 2248, testé citata, recita, con aderenza alla specie, che: "Il termine per l’impugnativa di una Variante generale al piano industriale decorre dalla pubblicazione della delibera di approvazione sul B.U.R.A.S. (Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna), e non dalla sua effettiva conoscenza"; il che implica, evidentemente, che la regola della presunzione di conoscenza da parte dei proprietari incisi dalla trasformazione urbanistica – con indubbi risvolti espropriativi – posta in essere, mercé l’approvazione di una variante ad un piano d’area industriale, a seguito dell’espletamento delle formalità di pubblicazione, previste dalla legge regionale di riferimento (in Campania, il comma 7 della l. r. 16/98: "Dell’approvazione del piano viene data notizia mediante pubblicazione per estratto sulla Gazzetta Ufficiale e nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania") deve ritenersi operante, esclusivamente per le varianti di tipo generale.

La soluzione da dare alla questione dipende, pertanto, dalla qualificazione della variante "de qua", in termini di variante generale, o piuttosto di variante specifica al P. R. T. C. dell’agglomerato industriale del Comune di Battipaglia.

Rileva in proposito il Tribunale come sia condivisibile l’osservazione di parte ricorrente, secondo la quale i 20 ettari di terreno, interessati dalla variante "de qua" (che pure, in sé considerati, non costituiscono certo un’area di dimensioni trascurabili), rappresentano, pur tuttavia, una percentuale assai bassa (poco più del 4%) rispetto all’intera superficie disciplinata dal Piano Consortile in questione (4.500.000 mq. di superficie totale).

Al dato quantitativo – già di per sé alquanto significativo – s’accompagna poi un elemento testuale, ricavabile dalla stessa documentazione, esibita in giudizio dal Consorzio, e posto in evidenza dalla difesa avversaria: nella relazione a firma del dirigente dell’Ufficio Tecnico del Consorzio A. S. I. di Salerno, allegata alla deliberazione del Comitato Direttivo del Consorzio, n. 675 del 27.11.2002, la variante di riequilibrio di cui si discorre, necessaria per compensare la perdita di aree a destinazione "D", verificatasi a cagione della realizzazione dell’interporto, della "superficie complessiva pari a circa 20 ha", è espressamente qualificata come "specifica".

In definitiva, ritiene il Tribunale che le concrete caratteristiche della variante in questione, la modificazione, con essa introdotta, della destinazione d’uso dei terreni in industriale, con i connessi inevitabili riflessi espropriativi che ciò ha comportato, la stessa terminologia adoperata, in atti ufficiali, dal dirigente dell’Ufficio Tecnico del Consorzio, siano tutti elementi che debbano far propendere per la qualificazione della medesima in termini di variante specifica o particolare, con conseguente infondatezza dell’eccezione d’irricevibilità del ricorso (e dei motivi aggiunti) in esame.

Del resto, nella motivazione della prefata sentenza del T. A. R. Sicilia Catania, sez. II, del 4 giugno 2008, n. 1071, sopra riportata, s’osservava, quanto alle concrete caratteristiche della variante ivi scrutinata, del pari ritenuta di natura particolare, e quanto alle conseguenze che ne derivavano, in termini di ricevibilità di quell’impugnativa, quanto segue: "Alla luce di quanto esposto, considerato che il Decreto regionale impugnato contiene l’approvazione di una specifica variante al PRG relativa all’ampliamento del cimitero comunale in direzione di un unico e determinato ambito territoriale, e mancando la prova della preventiva piena conoscenza da parte delle ricorrenti del decreto regionale di approvazione, l’impugnazione è da ritenere tempestiva".

Quanto all’eccezione d’inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, sollevata nelle prime difese del Consorzio, per non essere stati impugnati, dalla I., gli atti deliberativi dello stesso ente e del Comune di Battipaglia, propedeutici rispetto al decreto di approvazione, da parte della Provincia di Salerno, della variante di riequilibrio "de qua", la stessa è chiaramente superata, per effetto dell’intervenuta impugnazione di tali atti, in sede di motivi aggiunti.

Né miglior sorte può essere riservata all’ulteriore rilievo preliminare d’improcedibilità delle impugnative spiegate – nel ricorso n. 1105/2006 R. G. – dalla I., per sopravvenuta carenza d’interesse, posto che la ditta M. aveva rinunciato al procedimento espropriativo, nel cui avvio la ricorrente aveva individuato la lesione della propria posizione soggettiva.

A tale eccezione è agevole replicare che alla rinuncia alla procedura espropriativa, manifestata dalla prefata ditta, non può ricollegarsi alcun effetto estintivo del giudizio, in termini di sopravvenuta carenza d’interesse, atteso che il suddetto atto abdicativo non è in grado, evidentemente, d’influire in alcun modo sulla destinazione d’uso industriale, comunque impressa, dalla contestata variante, al terreno in oggetto.

Va infine disattesa l’eccepita inammissibilità del ricorso, per carenza d’interesse, posto che la variante urbanistica in esame avrebbe conferito, al cespite immobiliare in questione, un valore elevatissimo, a fronte di un valore infimo, derivante dalla sua precedente qualificazione come zona di rispetto, ricompresa nel perimetro dell’agglomerato A. S. I. di Battipaglia.

Non si può, infatti, far dipendere la sorte del presente giudizio da siffatta valutazione, posto che la ricorrente, pur in presenza di un rilevante incremento di valore economico, asseritamente derivante dalla variazione di destinazione d’uso dell’area di sua proprietà, ben conserva la facoltà di agire, in sede giurisdizionale, dolendosi di tale nuova destinazione, sulla base di considerazioni di natura diversa, del resto chiaramente esplicitate in corso di giudizio (consistenti, in particolare, nella dichiarata volontà di tutelare l’assetto ambientale, circostante l’antica masseria di famiglia, compresa nell’area, inopinatamente divenuta a vocazione industriale).

Ciò posto in via preliminare, nel merito il Tribunale osserva che il ricorso è fondato.

Carattere dirimente, con assorbimento d’ogni altra censura, riveste la considerazione della doglianza rubricata sub 8) nell’atto introduttivo del giudizio, con cui s’è denunziata la mancata puntuale osservanza del "cogente dettato normativo" di cui all’art. 10, commi 2, 3, e 4 della l. r. 16/98.

Detta disposizione di legge regionale, rubricata "Piani regolatori delle aree e dei nuclei industriali" prevede in particolare, ai commi da secondo a quarto, quanto segue:

2. "L’adozione definitiva è preceduta dalla convocazione di conferenze dei servizi da parte della provincia territorialmente competente, cui sono inviati a partecipare gli Enti locali e gli atti organi o soggetti istituzionalmente competenti.

3. Le conferenze sono presiedute da un rappresentante della Provincia.

4. L’accordo unanime, raggiunto in sede di conferenza, contiene la decisione sulle osservazioni, sostituisce l’adozione definitiva e l’approvazione da parte della Provincia e comporta, ove necessario, l’automatica variazione dei piani territoriali ed urbanistici dei Comuni interessati".

Come può agevolmente notarsi, la legge regionale sull’assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale prevede una valenza costitutiva dell’accordo unanime raggiunto in sede di conferenza di servizi, quanto alle fasi dell’adozione e dell’approvazione dei piani regolatori delle aree industriali (nonché, evidentemente, delle loro varianti).

Tale valenza risulta, in particolare, dalla testuale lettera della legge, secondo cui l’accordo unanime, raggiunto in tale sede, "sostituisce l’adozione definitiva e l’approvazione da parte della Provincia".

Va da sé che, attesa l’efficacia costituiva, assegnata dalla legge alla speciale conferenza di servizi ivi disciplinata (diversamente da quanto accade, in linea generale, con l’attribuzione, a tale modulo di emersione e sintesi degli interessi, pubblici e privati, coinvolti, di una valenza soltanto endoprocedimentale, pur quando si tratti di conferenza di servizi cd. decisoria), i relativi esiti sono destinati inevitabilmente, si direbbe quasi ontologicamente, a rifluire nel relativo verbale, nel quale deve necessariamente darsi atto degli interventi, svolti dai rappresentanti degli enti intervenuti, della decisione, sulle osservazioni proposte e delle definitive determinazioni raggiunte.

Il verbale della speciale conferenza di servizi "de qua" rappresenta, pertanto, per sua natura, un atto formale, che va quindi necessariamente redatto in forma scritta e che deve recare le sottoscrizioni dei rappresentanti dei vari soggetti, che alla stessa hanno partecipato, laddove al decreto di approvazione del Presidente della Provincia (prot. n. 359 del 6.05.2005) va conseguentemente assegnato – come, del resto, sostenuto dallo stesso Consorzio, nelle memorie in atti – un valore puramente ricognitivo delle determinazioni, in altra sede istituzionale assunte.

Nella specie, pur dandosi atto, nel citato decreto del Presidente della Provincia di Salerno, prot. n. 359 del 6.05.05, che in data 8.10.04, in sede di conferenza di servizi, era stato espresso l’accordo unanime sull’approvazione della variante di riequilibrio del Piano Regolatore Consortile nell’agglomerato del Comune di Battipaglia, pur tuttavia non è stato prodotto, in giudizio, l’originale del relativo verbale, munito delle sottoscrizioni dei partecipanti alla medesima conferenza di servizi, restando in ciò inottemperato l’ordine, rivolto dalla Sezione al resistente Consorzio, il quale ha a sua volta compulsato, al riguardo, l’ente provinciale.

È stata, in particolare, depositata soltanto una copia di tale verbale, estratta dall’archivio informatico dell’ente locale, rappresentandosi, da parte dell’A. S. I., che l’originale dell’atto non gli era stato mai trasmesso, e che, con ogni probabilità, lo stesso originale, debitamente firmato, era stato smarrito in uno dei trasferimenti di sede, che aveva subito l’Ufficio della Provincia, deputato alla sua conservazione (cfr., in tali sensi, la nota prot. Sett. 221 del 3.02.2010, a firma congiunta del responsabile dello Sportello Urbanistica e del Dirigente del C. D. R. "Governo del Territorio ed Urbanistica" presso la Provincia di Salerno)

Sta di fatto che, sia perché smarrito, sia perché – come opinato dalla difesa del Consorzio – inserito per errore, dai funzionari della Provincia di Salerno, in un altro fascicolo e quindi allo stato irreperibile, il verbale in questione non è potuto rifluire agli atti del presente giudizio, e pertanto lo stesso non può dirsi, ai fini che qui rilevano, venuto ad esistenza (in applicazione del noto brocardo: "Quod non est in actis, non est in mundo").

Tali essendo, pertanto, gli esiti dell’istruttoria, espletata dal Collegio, ne discende, ineluttabile, la conclusione dell’inesistenza giuridica del verbale "de quo", per mancanza del duplice, inscindibile, requisito formale "ad substantiam", rappresentato dalla sua esternazione in un documento, a) redatto in forma scritta e b) recante le firme dei partecipanti alla riunione, compilato cioè con modalità tali da consacrare, con carattere di certezza, la riferibilità, ai medesimi, delle determinazioni assunte in tale sede.

Se così è, non ha senso opporre, da parte del Consorzio, la necessità di una querela di falso, diretta avverso il decreto della Provincia, riproduttivo del consenso espresso in sede di conferenza di servizi: mancando, infatti, l’atto formale, conclusivo del relativo procedimento (si ricordi il valore costitutivo, che la legge regionale assegna all’accordo, raggiunto in sede di conferenza), la relativa volontà provvedimentale non può affatto dirsi formata, e non avrebbe allora significato alcuno pretendere la proposizione dell’incidente processuale, ex art. 221 c. p. c., relativamente ad un atto, dal mero valore ricognitivo delle conclusive determinazioni, deliberate altrove.

Del resto tale atto, in quanto pubblico, "fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti" ( art. 2700 cod. civ.): ma la nozione di "altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti" non può dilatarsi, a parere del Collegio, fino a comprendere gli esiti di una precedente e diversa scansione procedurale (in disparte la sua, più volte evidenziata, natura conclusiva del procedimento), svoltasi, per di più, circa sette mesi prima ed al quale il Presidente della Provincia non aveva, in ogni caso, partecipato personalmente (risulta infatti che, a presiedere la conferenza in oggetto era stato delegato, dallo stesso Presidente, l’Assessore all’Urbanistica).

In ogni caso, l’affermazione della natura formale del verbale in questione comporta la necessità che lo stesso, redatto per iscritto e completo di tutti i suoi elementi (primo tra tutti, la sottoscrizione dei partecipanti), sia ostensibile in giudizio; e tale imprescindibile condizione non è surrogabile dalla produzione di un atto pubblico cronologicamente successivo, nel quale, pure, l’esistenza (e, deve presumersi, la regolarità formale) del medesimo verbale sia considerata come un dato acquisito con certezza.

Neppure può ritenersi, poi, che la prova dell’esistenza dell’atto formale "de quo" possa essere desunta "aliunde", e segnatamente, oltre che dall’attestazione, in tal senso contenuta nel prefato decreto presidenziale, dalle dichiarazioni, circa il regolare svolgimento e circa i suoi esiti, rese, nel corso del presente giudizio, da taluni dei partecipanti alla conferenza di servizi, mercé la produzione di note, dagli stessi sottoscritte.

Ritenere diversamente equivarrebbe, infatti, a negare lo stesso valore formale dell’atto in oggetto, necessario ai fini della stessa esistenza del medesimo, per degradarlo ad un’ipotesi di atto non solenne, ovvero a ridurre la necessità della sua esternazione, col mezzo dello scritto, ad una sorta di forma richiesta "ad probationem tantum", la cui carenza sarebbe tuttavia superabile, in virtù di altri elementi di prova – vuoi di natura documentale, vuoi di tipo storico e/o logico.

Ma così non è, giusta l’indirizzo della giurisprudenza, testimoniato dalla seguente massima: "La sottoscrizione negli atti formali, quale è per definizione il verbale, integra non solo la documentazione della effettiva volontà dell’agente ma costituisce la stessa volontà dell’agente di guisa che la mancata sottoscrizione non involge solo un problema di imputazione ma, altresì, di esistenza di una volontà dell’agente o del funzionario di assumere un determinato atto: pertanto mancando la volontà certificativa ne consegue la nullità dell’atto" (T. A. R. Liguria Genova, sez. II, 7 febbraio 2007, n. 169); sull’equiparazione tra atto smarrito ed inesistente, inoltre, arg. ex Tar Lazio Roma, Sez. III bis, n. 13132/2009.

In conclusione, dovendosi considerare inesistente, secondo quanto sinora osservato, il verbale, in cui l’accordo unanime, richiesto dalla legge regionale 16/98, avrebbe dovuto essere consacrato, la stessa variante di riequilibrio in contestazione deve ritenersi giammai venuta ad esistenza, e quindi inoperante, con conseguente riespansione della destinazione d’uso, prevista nel Piano Regolatore Consortile vigente prima della variante in questione.

All’annullamento, per le ragioni dianzi esposte, di tali atti (accordo unanime raggiunto in sede di conferenza di servizi dell’8.10. 04 e decreto del Presidente della Provincia di Salerno, n. 359 del 6.05.05), consegue la caducazione, secondo il meccanismo dell’invalidità derivata, degli atti successivi, fondati sull’adozione ed approvazione della prefata variante di riequilibrio (con esclusione dell’avviso d’avvio del procedimento espropriativo, trattandosi, in conformità alla prevalente giurisprudenza, di atto non direttamente lesivo; cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 29 luglio 2010, n. 17179: "È inammissibile il ricorso proposto contro la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, trattandosi di atto endoprocedimentale, non dotato di autonoma capacità lesiva").

Quanto al governo delle spese processuali, si ritiene opportuno, attesa la complessità delle questioni affrontate, la loro compensazione integrale tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, accoglie il ricorso n. 1105/06 R. G., e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, nei sensi di cui in parte motiva.

Dichiara improcedibile, per sopravvenuto difetto d’interesse, il ricorso n. 2074/07 R. G.;

dichiara inammissibile la domanda di risarcimento dei danni, presentata, in detto secondo giudizio, dalla ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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