Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-04-2011) 26-05-2011, n. 21245 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 9 novembre 2010 il Tribunale di Napoli, costituito ai sensi dell’art. 310 c.p.p., rigettava l’appello proposto da S. O., persona sottoposta a indagini in ordine al delitto di estorsione pluriaggravata in concorso ( artt. 81, 110, 112 e 629 c.p. in relazione all’art. 628 c.p., commi 1 e 3 e L. n. 203 del 1991, art. 7 avverso l’ordinanza del gip che, in data 30 aprile 2010, aveva respinto la domanda di sostituzione della custodia cautelare in carcere con altra meno afflittiva.

Il Tribunale, dopo avere premesso che, avuto riguardo alla natura devolutiva dell’appello cautelare, non potevano essere esaminati, in quanto in precedenza non tempestivamente dedotti, eventuali profili di irregolarità procedimentali correlati all’omessa acquisizione del prescritto parere del Procuratore Nazionale Antimafia, osservava che la qualità di collaboratore di giustizia, pur essendo idonea a superare la presunzione stabilita dall’art. 275 c.p.p., comma 3, non esimeva, comunque, il Tribunale dall’obbligo di apprezzare la sussistenza delle esigenze cautelari ex art. 274 c.p.p.. Nel caso in esame le stesse ricorrevano sotto i profili dell’art. 274 c.p.p., lett. b) e c), tenuto conto dei gravissimi reati contestati a S., da inquadrare in contesti di criminalità organizzata, dei gravi precedenti penali (sequestro di persona, violazione alla disciplina in materia di armi, lesioni), degli allarmanti precedenti giudiziari (estorsioni, strage, associazione a delinquere finalizzata a traffici di sostanze stupefacenti, aggravata anche ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7), della prolungata sottrazione a misure restrittive, del lungo periodo di latitanza, elementi tutti univocamente espressivi di una perdurante, elevata pericolosità sociale, tenuto conto della scelta di collaborazione intervenuta solo in epoca recente e da sottoporre a severa verifica giudiziale.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, S., il quale lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in relazione ai presupposti legittimanti il mantenimento della custodia cautelare, tenuto conto della produzione delle sentenze evidenzianti la collaborazione fornita.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. Nei confronti degli indagati (o imputati) che rivestono la qualità di collaboratori di giustizia, il giudizio sulla pericolosità ai fini della sostituzione o della revoca della misura della custodia cautelare, va condotto verificando in concreto se il comportamento collaborativo rappresenti una garanzia della stabile rescissione di qualsiasi legame con le attività dell’organizzazione criminale di appartenenza, in modo da comportare il superamento della presunzione di pericolosità posta dall’art. 275 c.p.p., comma 3, (Sez. 6^, 9 dicembre 2009, n. 49557; Sez. 2^, 12 gennaio 2006, n. 16967; Sez. 5^, 8 ottobre 2003, n. 45853).

La scelta di collaborare con la giustizia, pur essendo un elemento rilevante ai fini del superamento della presunzione di pericolosità stabilita dall’art. 275 c.p.p., comma 3, non comporta, quindi, necessariamente la prognosi di adeguatezza di una misura meno afflittiva, essendo comunque necessaria la valutazione delle esigenze cautelari ai sensi dell’art. 274 c.p.p. e la concreta verifica che il comportamento collaborativo sia garanzia, nella prospettiva della diversa condizione di vita intrapresa, di una scelta radicale di rimozione di qualsivoglia legame con la criminalità organizzata e, in particolare, con la precedente attività delinquenziale.

2. L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione di questi principi, in quanto, con motivazione esente da vizi logici e giuridici ha posto in luce una pluralità di elementi, univocamente indicativi della persistenza, nella loro massima espressione, delle esigenze cautelari: a) l’epoca recente dell’arresto di S. dopo un lungo periodo di latitanza; b) la disponibilità da parte dello stesso di un vero e proprio arsenale di armi micidiali, in un’epoca in cui era destinatario di un provvedimento restrittivo della libertà personale per fatti gravissimi (la cd. strage dei (OMISSIS)); c) l’adesione di S. all’ala più pericolosa, quella stragista, del clan dei Casalesi, guidata da Se.Gi.; d) la riconducibilità a S. di un tentativo di omicidio in danno dei familiari di una collaboratrice di giustizia; e) i plurimi precedenti penali per delitti espressivi di particolare pericolosità sociale (sequestro di persona, violazione alla disciplina in tema di armi, estorsioni, strage, associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata a traffici di sostanze stupefacenti).

Il Tribunale ha, inoltre, sottolineato che, a fronte del complesso di questi elementi, tutti indicativi di un’elevatissima pericolosità sociale, la motivazione delle sentenze acquisite o prodotte, pur contenendo il riconoscimento dell’apporto conoscitivo fornito da S., non consente di affermare l’avvenuta, definitiva rescissione dei legami con l’organizzazione di provenienza per effetto di una compiuta rivisitazione critica del vissuto criminale e la cessazione della spiccata pericolosità sociale dimostrata sino ad epoca recente.

In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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