T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, Sent., 26-05-2011, n. 258 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Col ricorso n. 23/09, i ricorrenti impugnano il provvedimento del Comune di Trieste del 21.10.08 di diniego di autorizzazione edilizia in sanatoria per alcune "modifiche interne, sostituzione serramenti, posa di due canne di esalazione e sistemazione di apparecchiature tecniche nella chiostrina, due fori di aerazione sulla via Cadorna e creazione di una nicchia per vano contatori ACEGAS sulla facciata di via Mercato Vecchio, per un locale d’affari al piano terra del civico 1 di via Diaz e civico 2 di via Cadorna".

1.1. – In fatto, espongono di aver richiesto al Comune di Trieste, in data 22.9.06, nella loro qualità di proprietari dell’immobile di cui si controverte (adibito a ristorante), l’autorizzazione edilizia per eseguirvi alcuni lavori, in particolare: la sostituzione dei serramenti esterni e la posa in opera di due canne di esalazione nella chiostrina; autorizzazione che veniva regolarmente rilasciata – previo nulla osta della competente Soprintendenza – in data 4.12.06. Successivamente, presentavano istanza per il rilascio di autorizzazione in variante e a sanatoria, per alcune difformità rispetto al titolo poste in essere in sede di esecuzione dei lavori (per quanto qui specialmente rileva, per la "modifica di inclinazione e dimensioni delle canne di esalazione ed aspirazione"), allegando altresì (a seguito di apposita richiesta di integrazione documentale da parte del Comune) i pareri positivi dell’A.S.S. n. 1, della Soprintendenza (che, a dire dei ricorrenti, aveva favorevolmente valutato il progetto di variante) e dell’avv. Moze, quanto alla non necessità dell’assenso del Condominio, ed altri documenti successivamente richiesti.

Tuttavia, in data 7.7.08, il Comune inviava il preavviso di provvedimento negativo di cui all’art. 10bis della L. 241/90, evidenziando la mancata conformità dei lavori agli artt. 75 e 85 del Regolamento Edilizio; l’omessa ostensione del n.o. della Soprintendenza quanto alla "tubazione esterna adduzione gas" ed il mancato assenso del Condominio ai lavori da eseguirsi sulle parti comuni.

Nonostante le puntuali osservazioni ed integrazioni, il 21.10.08 veniva emesso il qui opposto provvedimento di diniego.

1.2. – Questi i motivi di ricorso:

1) contraddittorietà e violazione dell’art. 1102 del c.c.;

2) violazione dell’art. 75 del Regolamento Edilizio e motivazione illogica, con riferimento alle "canne fumarie";

3) motivazione insufficiente ed illogica (quanto ai "serramenti condominiali");

4) carenza di motivazione e violazione dell’art. 36 del D.P.R. 380/01.

2. – L’Amministrazione, costituita, puntualmente controdeduce nel merito del ricorso, concludendo per la sua reiezione.

In fatto, dopo aver ricostruito con maggior puntualità la vicenda, fa presente che, in data 27.11.06, un condomino aveva chiesto l’accesso agli atti del procedimento, subito dopo trasmettendo agli uffici competenti due note (doc. n. 7 e 8 di parte resistente) con cui segnalava che l’assemblea condominiale, in data 5.12.06, non aveva dato il proprio assenso alla realizzazione delle opere di cui trattasi. Altro condomino, inoltre, in relazione alla domanda di autorizzazione in variante, richiesta dagli istanti in data 20.12.06, segnalava che i relativi lavori erano già stati eseguiti prima del rilascio del titolo, così che, in data 10.1.07, i ricorrenti si vedevano costretti a presentare una richiesta di autorizzazione a sanatoria.

Con nota del 12.1.07, il Comune chiedeva di esibire l’assenso del Condominio, trattandosi di opere da eseguire su proprietà comune, assenso mai prodotto.

Nel procedimento interveniva, successivamente, anche il Condominio che esprimeva l’opinione che le opere (in particolare, quelle relative alle canne fumarie, come abusivamente realizzate) fossero insanabili.

Il Comune, esperita idonea istruttoria (con sopralluogo) e rilevato che le canne fumarie e i relativi mascheramenti, effettivamente erano di notevole impatto visivo e di dimensioni (almeno nel tratto iniziale) assai maggiori di quelle autorizzate; considerate le ridotte dimensioni del cavedio e tenuto altresì conto della sentenza del Tribunale Civile di Trieste del 24.9.08, prodotta dal Condominio, con la quale era stata respinta la domanda di annullamento della delibera assembleare del 5.12.06 che rifiutava l’assenso alla realizzazione delle opere sulle parti comuni dell’edificio, denegava la richiesta autorizzazione a sanatoria.

3. – E" presente in giudizio anche il Condominio di V.M.V., che chiede il rigetto del ricorso perché infondato in tutti i suoi motivi.

In limine, fa presente che, quando un atto si fonda su di una pluralità di motivi (come quello all’esame), per la sua conservazione è sufficiente che uno solo di essi risulti immune dai vizi lamentati; eccepisce inoltre l’inammissibilità del ricorso, se non altro perché nulla oppone alla contestata inottemperanza alle richieste di integrazione documentale da parte del Comune ed al parere negativo della Soprintendenza quanto al mantenimento dell’impianto di adduzione del gas.

4. – Col secondo ricorso (n. 566/10) viene opposto il provvedimento dell’1.9.10 di "demolizione, rimozione e ripristino" delle opere edilizie già oggetto di diniego di sanatoria, per illegittimità derivata. (peraltro, introducendo elementi nuovi nei singoli motivi).

5. – Anche in questo ricorso si sono costituiti, con puntuali memorie, il Comune ed il Condominio di via Mercato Vecchio, 3 (che ribadisce le già esposte eccezioni di inammissibilità), chiedendone concordemente la reiezione.

6. – Dapprima il Collegio provvede alla riunione dei due ricorsi, per evidenti ragioni di connessione soggettiva e procedimentale, poiché con il primo è stato impugnato il diniego di sanatoria delle opere di cui trattasi, e, col secondo, il conseguente ordine di demolizione delle stesse.

6.1. – Non è necessario soffermarsi sulle eccezioni pregiudiziali, posto che i ricorsi sono infondati, come verrà in prosieguo precisato.

6.2. – In merito al provvedimento di diniego di autorizzazione edilizia in sanatoria del 21.10.08 (oggetto del primo ricorso), si osserva, come rilevano anche il Comune e il controinteressato Condominio, che esso si fonda su distinte e diverse motivazioni per quanto concerne le canne fumarie, l’impianto di adduzione del gas metano e i serramenti "condominiali", oltre che su di un argomento, generale ed unificante, costituito dalla "mancanza dell’assenso del Condominio".

Ad avviso del Collegio, quest’ultima motivazione è corretta, al che consegue che il Tribunale può prescindere dall’approfondimento delle ulteriori questioni sollevate in ricorso in relazione agli altri punti controversi tra le parti, in applicazione del generale principio di resistenza, per cui – se un provvedimento è fondato su più motivazioni – la validità anche di una sola delle argomentazioni poste autonomamente a base del provvedimento stesso è sufficiente, di per sé, a sorreggerne il contenuto (si veda, in questo denso, da ultimo e per tutti: C.S. n. 828/10; TAR Basilicata n. 111/11 e TAR Toscana 336/11).

6.3. – Sulla questione della necessità o meno di acquisire l’assenso del Condominio, nel caso in cui un condomino chieda un titolo edilizio per realizzare opere sulle parti comuni di un edificio, sono state espresse in giurisprudenza opinioni diverse. In generale si è infatti sostenuto che nessun assenso deve essere richiesto dal Comune, posto che il condomino possiede una propria legittimazione a richiedere il titolo, e che lo stesso viene, in ogni caso, rilasciato "con salvezza dei diritti dei terzi". Si è altresì affermato che i problemi dell’uso delle parti comuni di un edificio costituiscono questione squisitamente civilistica, di cui il Comune non ha ragione di interessarsi.

Tale (peraltro, in linea general, condivisibile) giurisprudenza ha comunque evidenziato che la regola soffre talora di eccezioni, dovute alle peculiarità con cui le singole fattispecie si presentano.

In particolare, C.S. n. 437/09 ha stabilito che, quando un condomino abbia realizzato (come nel presente caso) un abuso su aree comuni "l’Amministrazione debba chiedere all’istante, in applicazione delle norme generali in tema di rilascio della concessione edilizia, di provare di avere la disponibilità piena dell’area interessata all’abuso e, quindi, di provare, quanto meno per fatti concludenti ma comunque in modo positivo, l’assenso degli altri comproprietari". Allo stesso modo, Tar Liguria n. 192/10 (che richiama anche C.S. n. 1654/07) ha ritenuto che "ciò che rileva è che i lavori edilizi de quibus debbono eseguirsi (anche) su parti comuni del fabbricato e non riguardino opere connesse all’uso normale della cosa comune"; in tal caso, l’Amministrazione comunale è tenuta, "ai fini del rilascio della relativa concessione, a richiedere il consenso di tutti i proprietari". In fattispecie molto simile si è espresso anche TAR Calabria – Reggio, con la recente decisione n. 343/11, aderendo all’orientamento interpretativo secondo cui nel procedimento di rilascio dei titoli edilizi, "l’Amministrazione ha il potere ed il dovere di verificare l’esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull’immobile interessato dal progetto… per cui, in caso di opere che vadano ad incidere sul diritto di altri comproprietari (quali le opere edilizie interessanti porzioni condominiali comuni), è legittimo esigere il consenso degli stessi o pretendere la produzione della dichiarazione di assenso dell’amministrazione condominiale anche nelle ipotesi di autorizzazioni in sanatoria, in quanto il contitolare del bene può essere estraneo all’abuso ed avere un interesse contrario alla sanatoria di opere che potrebbero risolversi in danno del medesimo".

Le suesposte argomentazioni, che il Collegio condivide, hanno ancora maggior rilievo nel caso di specie, considerato che alcuni condomini dapprima e, in seguito, il Condominio stesso si sono inseriti nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione a sanatoria di cui trattasi, manifestando il proprio dissenso alle opere che, secondo la loro prospettazione, incidevano negativamente sul diritto di uso delle parti comuni che spetta a ciascun condomino, ponendo in luce in particolare come – segnatamente le canne fumarie – inducessero limiti all’uso individuale. Secondo TAR Campania – Napoli n. 26817/10, sussiste un vero e proprio obbligo per l’Amministrazione di verificare "la legittimazione ad effettuare l’intervento, soprattutto quando vi sia stata in sede procedimentale un’espressa opposizione da parte di terzi condomini". Nello stesso senso è anche C.S. n. 1537/10, che esplicitamente dichiara che, in caso contrario, "l’Amministrazione finirebbe per legittimare una sostanziale appropriazione di spazi condominiali da parte del singolo condomino, in presenza di una possibile volontà contraria degli altri, i quali potrebbero essere, al contrario, interessati all’eliminazione dell’abuso".

La posizione contraria manifestata dal Condominio risulta inoltre ulteriormente rafforzata dalla decisione del Tribunale di Trieste del 24.9.08, che ha rigettato la domanda presentata dei ricorrenti avverso la delibera dell’assemblea condominiale che negava l’assenso ai lavori, avendo ritenuto che tale deliberazione "non abbia inciso su diritti della proprietà privata essendo l’uso particolare e più intenso del bene comune da parte del condomino (e la relativa indagine in merito all’eventuale compressione quantitativa o qualitativa del pari utilizzo, attuale o potenziale, di tutti i comproprietari) questione di ordine condominiale, disciplinata proprio dalle norme che regolano i rapporti tra proprietà individuali e beni condominiali".

Nè rileva, ai nostri fini, il richiamo alla decisione n. 11/06 del Consiglio di Stato, che ha bensì ammesso la possibilità del singolo condomino di installare una canna fumaria (come nel presente caso, al servizio di un ristorante) lungo un muro condominiale, anche senza l’assenso del Condominio, "purchè non impedisca agli altri condomini l’uso del muro comune e non ne alteri la normale destinazione", che è invece proprio quanto è avvenuto nel nostro caso.

In queste condizioni – presenza di esplicito e motivato dissenso del Condominio, unito alla decisione del Giudice Ordinario che ha ravvisato la correttezza della delibera assembleare che negava l’assenso ai lavori – legittimanente, ad avviso del Collegio, il Comune ha negato la richiesta sanatoria delle opere abusivamente realizzate.

6.4. – Per completezza, va sottolineato che il Comune aveva, in un primo tempo, autorizzato le canne fumarie, però con dimensioni e impatto diverso e inferiore. I ricorrenti hanno eseguito questi (e altri) lavori in difformità da quanto consentito, in particolare aumentando l’ingombro delle stesse nel tratto iniziale (ancorchè lo abbiano diminuito nella parte finale). Di qui la necessità di autorizzazione in sanatoria. Tuttavia, poiché è proprio tale maggiore ingombro che ha provocato le limitazioni nell’uso delle parti comuni di altro condomino e l’opposizione del Condominio stesso (ritenuta legittima dal Tribunale Civile), il Comune ha correttamente denegato (all’evidenza, allo stato e sinchè non siano definitivamente risolte le questioni civilistiche sottese) la richiesta di sanatoria.

Va da sé che, laddove i ricorrenti ottenessero una sentenza a sé favorevole da parte del Giudice Ordinario (che dichiari che le opere non sono lesive del pari diritto degli altri condomini di godere della cosa comune), ovvero l’assenso, ancorchè postumo, del Condominio, ben potrebbero presentare al Comune una nuova domanda di sanatoria o un nuovo progetto.

Alla stregua di quanto esposto, il ricorso n. 23/09, avverso il diniego di autorizzazione edilizia in sanatoria, va respinto.

7. – Allo stesso modo, va respinto anche il ricorso n. 566/10, proposto contro l’ordine di demolizione, rimozione e ripristino delle opere di cui trattasi, poiché lamenta unicamente illegittimità derivata.

Ciò stante, non merita soffermarsi sulla inammissibilità/tardività delle nuove prospettazioni che, nel secondo ricorso, vengono svolte nei confronti del diniego di sanatoria, pur rubricate entro i motivi già a suo tempo proposti.

In definitiva, i due ricorsi riuniti vanno respinti.

8. – Sussistono tuttavia giuste ragioni per disporre la totale compensazione, tra le parti tutte, delle spese e competenze di causa.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli – Venezia Giulia, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti in epigrafe, li rigetta.

Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *