T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 26-05-2011, n. 436 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con le concessioni edilizie indicate in epigrafe il comune di Pontinia ha accolto una istanza di concessione edilizia in sanatoria ex articolo 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 presentata in data 31 dicembre 1986 dalla signora F.F. e relativa a un fabbricato sito in Pontinia, contrassegnato in catasto al foglio n. 61, particelle nn. 56/5 e 56/6.

In particolare, da quel che è dato capire dai documenti depositati, la signora F.F. aveva ottenuto la concessione edilizia n. 3253 del 21 maggio 1983 per la realizzazione di un fabbricato costituito da un portico di mq. 77 e da un piano primo avente superficie utile residenziale di mq. 66,55.

Il fabbricato era però realizzato in totale difformità dal progetto per cui era richiesto il condono edilizio; con le concessioni edilizie a sanatoria impugnate il comune di Pontinia: a) sanava la trasformazione (e ampliamento) in abitazione del piano terra (concessione edilizia n. 12650/2000, relativa alla particella n. 56/5 e a una superficie utile di mq. 113,02); b) sanava l’ampliamento del primo piano (concessione edilizia n. 13098/2000, relativa alla particella 56/6 e a una superficie utile di mq. 46,47, pari alla differenza tra l’intera superficie del primo piano, pari a mq. 113,02 e la superficie autorizzata nel 1983, pari a mq. 66,55).

2. Con il ricorso all’esame la signora C., proprietaria di un edificio su suolo confinante, contesta la legittimità della sanatoria, sostenendo che essa è stata assentita illegittimamente, essendo il fabbricato sanato posto a distanza dal confine inferiore a quella (minima di 5 m.) prevista dal regolamento edilizio comunale.

3. Con i successivi motivi aggiunti la ricorrente denuncia altresì che il condono non avrebbe potuto essere assentito in quanto il fabbricato in questione sarebbe stato completato in epoca posteriore a quella del 1° ottobre 1983 (ultima data utile per poter beneficiare del condono edilizio) e comunque il comune di Pontinia non ha compiuto alcun accertamento per verificare la data di effettivo completamento.

4. Resistono al ricorso il comune di Pontinia e i signori D.F. e F.F..

5. Preliminarmente occorre esaminare le eccezioni d’inammissibilità sollevate dai resistenti.

6. Anzitutto i signori Ferraro deducono che il ricorso è inammissibile poiché la ricorrente ha omesso di impugnare la concessione edilizia rilasciata nel 1983; sul punto essi evidenziano che le concessioni edilizie impugnate si riferiscono a opere, ultimate nel 1983, eseguite in difformità dalla concessione n. 3253 del 21 maggio 1983, cosicchè la lesione degli interessi della ricorrente è conseguenza non degli atti impugnati a mezzo del ricorso all’esame ma della originaria concessione non impugnata nei termini.

L’eccezione è infondata.

A prescindere da ogni ulteriore considerazione in ordine al rapporto tra la concessione edilizia del 1983 (che si riferiva a un fabbricato da adibire ad abitazione di circa 66 mq.) e le concessioni a sanatoria impugnate (che si riferiscono a due distinte unità immobiliari di circa 133 mq.), dal confronto tra i grafici di progetto approvati nel 1983 (nei quali la distanza dai confini è indicata in metri 6) e i grafici di progetto allegati alle concessioni a sanatoria impugnate si desume chiaramente che la sagoma del fabbricato realizzato è stata spostata (e in misura considerevole) verso il confine della ricorrente; in pratica nella planimetria allegata alla concessione del 1983 il fabbricato realizzato è posto nel centro del lotto della signora Ferraro (a distanza di metri 6 dai confini), mentre nei grafici allegati alle concessioni a sanatoria il fabbricato effettivamente realizzato è posto nelle immediate prossimità dei medesimi confini (a metri 2,70 e 2,40). In sostanza la deroga alla distanza dal confine è stata legittimata dagli atti impugnati.

7. Ciò premesso, il problema che pone il ricorso principale consiste nello stabilire se il condono edilizio previsto dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47 sia o meno impedito dalla violazione delle norme che stabiliscono la distanza minima degli immobili dai confini del lotto in cui insistono.

La ricorrente sostiene che il rispetto delle distanze dai confini costituisce un presupposto del condono, mentre i resistenti sostengono il contrario, invocando il tradizionale principio secondo cui le concessioni edilizie sono rilasciate dall’amministrazione con salvezza dei diritti dei terzi.

Il Collegio condivide gli assunti dei resistenti; il condono edilizio, infatti, attiene al rapporto pubblicistico tra il comune e il richiedente e permette a quest’ultimo di ottenere il titolo edilizio, nonostante la violazione di disposizioni di carattere urbanisticoedilizio, pagando la prevista oblazione.

Questo meccanismo, tuttavia, sana la violazione nei (soli) rapporti tra l’amministrazione e il richiedente ma – stante la relatività del titolo – non incide sui rapporti tra il richiedente e terzi i cui diritti siano lesi dall’edificazione.

In altri termini, nel caso in cui sia leso il diritto dei terzi al rispetto di una distanza minima dal confine, il condono sana la violazione nei rapporti con il comune ma evidentemente non estingue il diritto del proprietario confinante (al rispetto delle distanze prescritte) che potrà farlo valere innanzi all’autorità giurisdizionale competente; questa impostazione trova del resto puntuale conferma nella disposizione dell’articolo 39, comma 2, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nel testo modificato dall’articolo 37, comma 2, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, secondo cui "il rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria non comporta limitazione ai diritti dei terzi"; ed è utile ricordare che il testo originario della medesima disposizione disponeva invece che "le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle opere edilizie che creano limitazioni di tipo urbanistico alle proprietà finitime, a meno che queste ultime non siano conformi e compatibili sia con lo strumento urbanistico approvato che con quello adottato, e che siano state realizzate su parti comuni".

Insomma la circostanza che l’immobile dei controinteressati sia posto a distanza dal confine inferiore a quella minima prevista dal regolamento edilizio comunale non impediva il condono, salvo naturalmente l’interesse della ricorrente a far valere il suo diritto al rispetto della distanza davanti al giudice ordinario a tutela del suo diritto di proprietà (Consiglio di Stato, sez. IV, 30 dicembre 2006, n. 8262).

Il ricorso principale è quindi infondato.

8. Può ora passarsi all’esame dei motivi aggiunti.

9. Preliminarmente occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità sollevate dai resistenti.

9.1. Questi eccepiscono che i motivi aggiunti sarebbero inammissibili in quanto: a) essi non sono stati sottoscritti dal legale della ricorrente con conseguente nullità degli stessi; b) il difensore della ricorrente sarebbe privo della procura, non ricomprendendo il mandato a margine del ricorso principale il potere di proporre motivi aggiunti; c) il ricorso per motivi aggiunti è stato notificato al domicilio effettivo dei controinteressati (e in unica copia) e non presso il domicilio eletto e in duplice copia; d) essi sono stati proposti oltre il termine di 60 giorni dalla conoscenza degli atti impugnati risalente, per stessa ammissione della ricorrente, alla data del 22 settembre 2000.

9.2. Le eccezioni sono infondate.

Anzitutto il mandato conferito a margine del ricorso principale per la sua ampiezza comprendeva anche il potere di proporre motivi aggiunti; quanto alla omessa sottoscrizione da parte del difensore della copia notificata ai controinteressati, poiché l’originale dei motivi aggiunti reca la sottoscrizione del difensore non vi è nullità, poiché la copia notificata, ancorchè priva di sottoscrizione autografa, reca in calce le generalità del difensore e pertanto risulta allo stesso riferibile.

In ordine alla circostanza della notifica di una sola copia dei motivi aggiunti presso il domicilio reale dei contro interessati, può rilevarsi che: a) per giurisprudenza consolidata la notifica dei motivi aggiunti può avvenire sia al domicilio eletto che al domicilio reale della parte (T.A.R. Piemonte, sez. II, 26 giugno 2009, n. 1876, T.A.R. Lazio, Latina, 1 febbraio 2007, n. 100); b) la nullità della notifica, in caso di pluralità di controinteressati aventi il medesimo domicilio e di consegna presso quest’ultimo di un numero di copie dell’atto inferiore al loro numero, è sanata dalla costituzione in giudizio allorchè sia raggiunto lo scopo. Nella fattispecie ambedue i controinteressati si sono costituiti e hanno avuto la possibilità di difendersi.

Infondata è infine anche l’eccezione di tardività in quanto il Collegio non condivide l’assunto dei controinteressati secondo cui alla data di notifica del ricorso principale la ricorrente sarebbe già stata nella condizione di proporre la censura proposta a mezzo dei motivi aggiunti.

E infatti la ricorrente ha proposto il ricorso principale sulla base della nota 22 settembre 2000 con cui il comune si era limitato a comunicarle l’avvenuto rilascio di due concessioni edilizie a sanatoria facendo generico riferimento alle legge 28 febbraio 1985 n. 47 e 23 dicembre 1994, n. 724; solo a seguito dell’accesso avvenuto in epoca posteriore ella ha potuto quindi sapere che la signora Ferraro aveva proposto istanza di condono in base alla legge n. 47 del 1985 dichiarando pertanto che l’opera abusiva era stata completata entro la data del 31 ottobre 1983.

In altri termini non è stata fornita la prova – il cui onere grava sulla parte che eccepisce la tardività – della conoscenza piena delle concessioni a sanatoria impugnate in epoca anteriore di oltre 60 giorni alla data del 17 gennaio 2001 in cui i motivi aggiunti sono stati consegnati per la notifica all’ufficiale giudiziario.

10. Ciò premesso in ordine all’ammissibilità dei motivi aggiunti, ritiene il Collegio che essi non siano maturi per la decisione e che debba accogliersi l’istanza istruttoria formulata dalla ricorrente nella memoria depositata il 7 marzo 2001.

Si ordina pertanto al comune di Pontinia di trasmettere alla segreteria della sezione copia della seguente documentazione: 1) atti e documenti relativi alla istanza di condono edilizio prot. n. 1552 del 31 dicembre 1986, ivi compresi la stessa istanza, con tutti i relativi allegati, e ogni altro atto depositato dalla istante ovvero formato dall’amministrazione; 2) se esistenti, atti e documenti relativi ai lavori intrapresi in base alla concessione edilizia n. 3253 del 1983 (in particolare eventuali dichiarazioni aventi a oggetto l’inizio dei lavori); 3) relazione di chiarimento sui fatti di causa; in particolare la relazione chiarirà se e quali accertamenti siano stati fatti in ordine alla data di completamento dei lavori prima del rilascio in data 8 agosto 2000 delle concessioni edilizie a sanatoria.

Per l’esecuzione dell’incombente è fissato il termine di 60 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.

11. Ogni altra determinazione sul rito, sul merito e sulle spese è riservata alla sentenza definitiva.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, interlocutoriamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe e riservata al definitivo ogni ulteriore determinazione sul rito, sul merito e sule spese, respinge il ricorso principale e ordina al comune di Pontinia di depositare la documentazione indicata in motivazione presso la segreteria nel termine di giorni 60 dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza; rinvia l’ulteriore trattazione alla udienza pubblica del 12 gennaio 2012.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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