Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-03-2011) 26-05-2011, n. 21207

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 30 aprile 2010 la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza del 5 marzo 2009 del Tribunale di Asti, che aveva dichiarato L.P.A. colpevole della contravvenzione di cui all’art. 650 c.p., commessa il (OMISSIS), per non avere ottemperato all’invito, legittimamente impartito, di presentarsi il 5 giugno 2008 per ragioni di giustizia presso la sezione della Polizia Stradale di Asti munito di documento di identificazione "per la notifica della confisca dell’autovettura Alfa Romeo 156 targata (OMISSIS) con ordinanza n. 92283/2006 del 6.3.2006", e l’aveva condannato alla pena di un mese di arresto.

Secondo la Corte erano da ritenere integrate le ragioni di giustizia dell’atto amministrativo inosservato ed era pacifica l’inottemperanza da parte dell’imputato all’ordine che, notificatogli a mani proprie, era stato dallo stesso sottoscritto.

Quanto alla dosimetria della pena, la Corte riteneva equa e rispondente ai criteri di cui all’art. 133 c.p. la pena inflitta, avuto riguardo alla complessiva gravità oggettiva e soggettiva del reato e ai precedenti penali dell’imputato, che, congiuntamente al rilievo dell’assoluta assenza di "ragioni di speciale merito processuale ed extraprocessuale", giustificavano la conferma del diniego delle circostanze attenuanti generiche.

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, L.P.A., che denuncia insufficiente motivazione ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), con riferimento alla L. n. 689 del 1981, art. 58.

Il ricorrente, in particolare, deduce di avere chiesto, in subordine, una "sanzione pecuniaria anche in sostituzione", perchè ritenuta più idonea al suo reinserimento sociale e che la Corte d’appello ha limitato il suo intervento al generico richiamo all’art. 133 c.p., e aggiunge un riferimento alla illogicità della esposizione e alla incongruenza degli "elementi assunti a base di argomentazione e convinzione", incidenti sulla struttura logica della motivazione, che pone a base della richiesta di annullamento della sentenza.
Motivi della decisione

1. La deduzione del ricorrente, secondo la quale la Corte di merito non ha correttamente applicato il disposto della L. n. 689 del 1981, art. 58 e adeguatamente motivato in ordine alla richiesta subordinata di applicazione di una "sanzione pecuniaria anche in sostituzione", è inammissibile.

Si tratta di censura, preclusa in questa sede ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, poichè attiene a questione che non è stata sottoposta alla Corte d’appello, quale motivo di specifica doglianza, con i motivi d’appello (Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, dep. 20/04/1998, Bono e altri, Rv. 210259).

Con il secondo motivo d’appello era stata, infatti, lamentata la mancata condanna alla sola pena pecuniaria, che, prevista alternativamente alla pena dell’arresto, era da ritenere sanzione adeguata alla modesta entità del fatto, e non l’omessa sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria ai sensi della normativa richiamata con il ricorso per cassazione.

1.1. Manifestamente infondata è la censura anche ove riferita alla disposta applicazione della pena detentiva in luogo di quella pecuniaria, atteso che la Corte d’appello ha reso al riguardo sintetica ma adeguata motivazione richiamando la complessiva gravità oggettiva e soggettiva del reato e i precedenti penali dell’imputato, così da ritenere che essa abbia tenuto presente, sia pure globalmente, i criteri dettati dall’art. 133 c.p. per il corretto esercizio del potere discrezionale conferitole dalla detta norma in ordine alla verifica dell’adeguatezza e congruità della pena comminata dal primo giudice (tra le altre, Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, dep. 18/09/2009, Denaro, Rv. 245596).

1.2. Del tutto aspecifica è, infine, la doglianza che attiene alla illogicità della esposizione e alla incongruenza degli "elementi assunti a base di argomentazione e convinzione", incidenti sulla struttura logica della motivazione, e che solo nella forma denuncia vizio censurabile in questa sede.

Il ricorrente, che non ha chiarito se la censura riguarda l’affermazione di responsabilità o il trattamento sanzionatorio, non ha collegato la stessa alle ragioni argomentate della decisione impugnata, che ha del tutto ignorato.

2. Conseguono la declaratoria dell’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma che si determina nella misura ritenuta congrua di Euro Mille.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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