Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-03-2011) 26-05-2011, n. 21206 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 19 marzo 2009 il GUP del Tribunale di Bari, concesse a tutti gli imputati le attenuanti generiche e ritenuta la continuazione tra i reati contestati a ciascuno degli imputati, condannava:

F.A. alla pena complessiva di anni 10 di reclusione ed Euro 24.000,00 di multa per i delitti di cui agli artt. 74 e 73 DPR 309/90;

DE BENEDICTIS GIUSEPPE alla pena complessiva di anni 6 di reclusione ed Euro 24.000,00 di multa per i delitti di cui agli artt. 74 e 73 DPR 309/90;

S.S. alla pena di anni 4, mesi 5, giorni 10 di reclusione ed Euro 16.000,00 di multa per il delitto di cui all’art. 74 DPR 309/90;

D.P. alla pena di anni 4, mesi 5, giorni 10 di reclusione ed Euro 16.000,00 di multa per il delitto di cui all’art. 74 DPR 309/90;

C.M. alla pena complessiva di anni 4 di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa per il delitto di cui all’art. 73 DPR 309/90;

D.M.G. alla pena complessiva di anni 5, mesi uno, giorni dieci di reclusione ed Euro 24.000,00 di multa per i delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73;

P.M. alla pena complessiva di anni 5, mesi uno, giorni dieci di reclusione ed Euro 24.000,00 di multa per i delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e;

M.G. alla pena complessiva di anni 5, mesi uno, giorni dieci di reclusione ed Euro 24.000,00 di multa per i delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73.

La Corte d’appello di Bari, decidendo con sentenza in data 28.4.2010 sull’appello dei suddetti imputati, dichiarava l’inammissibilità parziale delle impugnazioni proposte per rinuncia ai motivi relativi al rito e al merito, fatta eccezione per quelli relativi al tempus commissi delicti ed alla determinazione della pena per tutti e, quanto al Francia, anche per quello relativo all’esclusione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 1 nonchè, quanto al S., in relazione al motivo contenente la richiesta di continuazione tra il reato di spaccio commesso il (OMISSIS) di cui alla sentenza del GUP di Bari n. 184/06 del 7.3.2006 e il reato associativo di cui alla presente sentenza, e rideterminava le pene nel modo seguente, ritenuti i fatti commessi fino al (OMISSIS):

F.A., anni 6 e mesi 4 di reclusione, esclusa l’aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 1;

D.B.G., anni 5 e mesi 6 di reclusione;

S.S., anni 5 e mesi 2 di reclusione, ritenuta la continuazione con i fatti di cui alla sentenza del GUP del Tribunale di Bari n. 184/06 (che aveva condannato S.S. alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa per detenzione a fine di spaccio di g. 5,71 di cocaina, g. 3,30 di hashish, g. 555 di eroina e g. 36 di cocaina nonchè per il delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter) e il reato associativo di cui alla presente sentenza;

D.P., anni 4, mesi 5 e giorni 10 di reclusione;

D.M.G., anni 4 e mesi 10 di reclusione;

P.M., anni 4 e mesi 10 di reclusione;

M.G., anni 4 e mesi 8 di reclusione.

Per C.M., confermava la pena di anni 4 di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa inflitta dal primo giudice.

Dalla motivazione della suddetta sentenza della Corte d’appello risulta che, nell’udienza del 17.3.2010, presenti gli imputati in custodia cautelare per questa causa ( F., D.B., S., D., P.), tutti rinunciavano ai motivi di appello sia di rito che di merito ad eccezione di quelli relativi al tempus commissi delicti e alla determinazione della pena irrogata in primo grado. Il F. non rinunciava anche al motivo con il quale contestava la sussistenza della qualità di organizzatore e il S. non rinunciava anche al motivo concernente la richiesta di continuazione con il reato di spaccio commesso il (OMISSIS) e giudicato dal GUP del Tribunale di Bari con sentenza n. 184/06.

La Corte territoriale accoglieva il motivo d’appello concernente la delimitazione temporale delle condotte illecite sino al (OMISSIS).

Riteneva insussistente la prova che il F. avesse ricoperto nell’ambito dell’organizzazione la veste di organizzatore e lo riteneva mero partecipe.

Accoglieva anche il motivo di S. concernente la sussistenza della continuazione di altro reato, giudicato dal GUP del Tribunale di Bari con sentenza n. 184/06, e il reato associativo di cui al presente processo.

Tenuto conto di tutti i criteri indicati dall’art. 133 c.p., e in particolare del buon comportamento processuale degli imputati (che, oltre a definire il processo allo stato degli atti, avevano rinunciato a quasi tutti i motivi d’impugnazione), rideterminava le pene nel modo seguente:

F.: pena base per il reato di cui al cit. D.P.R., art. 74, superiore al minimo in considerazione del ruolo di rilievo, anni 12, ridotta di 1/3 ex art. 62 bis c.p., aumentata di un anno e mesi 6 ex art. 81 c.p., definitivamente ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato;

D.B.: pena base per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, anni 10, ridotta di 1/3 ex art. 62 bis c.p., aumentata di un anno e mesi 7 ex art. 81 c.p., definitivamente ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato;

S.: pena base per il reato di cui all’art. 74, anni 10, ridotta di 1/3 ex art. 62 bis c.p., aumentata di un anno e un mese per la ritenuta continuazione, definitivamente ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato;

D.: pena base per il reato di cui all’art. 74, anni 10, ridotta di 1/3 ex art. 62 bis c.p., definitivamente ridotta di un ulteriore terzo per la scelta del rito abbreviato;

D.M.: pena base per il reato di cui all’art. 74, anni 10, ridotta di 1/3 ex art. 62 bis c.p., aumentata di mesi 7 ex art. 81 c.p., definitivamente ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato;

P.: pena base per il reato di cui all’art. 74, anni 10, ridotta di 1/3 ex art. 62 bis c.p., aumentata di mesi 6 ex art. 81 c.p., definitivamente ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato;

M.: pena base per il reato di cui all’art. 74, anni 10, ridotta di 1/3 ex art. 62 bis c.p., aumentata di mesi 4 ex art. 81 c.p., definitivamente ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato.

Per C. – per il quale il GUP aveva inflitto la pena di anni 4 di reclusione ed Euro 20.000 di multa partendo dalla pena base di anni 7 ed Euro 30.000,00, ridotta di 1/3 ex art. 62 bis c.p., aumentata di anni 1, mesi 8 ed Euro 10.000,00, definitivamente ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato – la Corte d’appello ha ritenuto congrua la pena inflitta dal primo giudice alla luce dei criteri di cui all’art. 133 c.p..

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari hanno proposto ricorso per cassazione tutti i suddetti imputati, deducendo i seguenti motivi, F.A. ha premesso di non aver rinunciato ai motivi relativi all’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 1, e quindi ha contestato la sussistenza del delitto associativo, in quanto sarebbe mancata la prova della permanenza del vincolo e di un accordo stabile tra i presunti associati. Ha chiesto l’annullamento della sentenza con o senza rinvio per insussistenza del delitto associativo contestato.

Il difensore di D.B.G. ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata per difetto di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.

La succinta motivazione della Corte territoriale non consentiva alla difesa di esercitare un controllo sul percorso motivazionale attraverso il quale il giudice aveva rideterminato la pena inflitta dal primo giudice.

Il difensore di S.S. ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata perchè non appariva giustificato l’aumento di pena a titolo di continuazione di un anno e un mese di reclusione, atteso anche il diverso aumento di pena operato per i coimputati.

In particolare, l’aumento di pena per la continuazione era stato determinato per la M. in quattro mesi di reclusione e per il P. in mesi sei di reclusione.

D.S.P. ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, in quanto la sentenza impugnata non aveva ritenute prevalenti le attenuanti generiche sulle aggravanti.

I difensori di C.M. hanno chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, con un primo motivo, per omessa motivazione in merito alle censure contenute nell’atto di appello sulla sussistenza del reato addebitato all’imputato, in quanto dagli atti risultava che lo stesso aveva fatto acquisti solo di modici quantitativi di droga per suo uso personale e dei suoi amici, per conto dei quali, in qualche occasione, aveva acquistato sostanza drogante.

Con un secondo motivo, l’annullamento della sentenza impugnata è stato chiesto poichè non era stato accertato l’effetto drogante della sostanza ritenuta destinata all’attività di spaccio, non risultando in atti la percentuale di principio attivo contenuto in detta sostanza.

Con un terzo motivo si è denunciata l’omessa motivazione sul consumo di gruppo, essendo risultato che C. aveva ricevuto un mandato ad acquistare per poi procedere alla successiva consegna a B.E. e D.G..

Con un quarto motivo si è dedotto il vizio di omessa motivazione sulla richiesta attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, sostenendo che i fatti addebitati all’imputato rientravano nell’ipotesi della lieve entità.

Con un quinto motivo si è denunciata la mancanza e manifesta illogicità della motivazione sul punto riguardante il trattamento sanzionatorio, poichè il giudice era partito da una pena base di sette anni di reclusione, non commisurata alla gravità del fatto e alla personalità dell’imputato.

D.M.G. e P.M. hanno chiesto l’annullamento della sentenza impugnata per omessa motivazione sul diniego delle attenuanti generiche, che dovevano essere considerate prevalenti sulle aggravanti, e sulla determinazione della pena.

M.G. ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, lamentando che le era stata inflitta una pena elevata rispetto ai fatti in contestazione e al comportamento processuale della ricorrente.
Motivi della decisione

Questa Corte, preliminarmente, ha stralciato dal processo la posizione di D.P., per difetto di notifica della citazione relativa al presente giudizio.

Deve essere accolto il ricorso di C.M., poichè la Corte distrettuale, ritenendo che anche il predetto imputato avesse rinunciato ai motivi di ricorso, con esclusione solo di quello relativo alla determinazione della pena, ha motivato solo in relazione a quest’ultimo motivo, omettendo di prendere in considerazione gli altri motivi di appello contenuti nell’atto di impugnazione.

Dal verbale del dibattimento dell’udienza in data 17.3.2010, svoltasi in contumacia del C., non risulta che il predetto o i suoi difensori abbiano rinunciato a motivi di impugnazione, e quindi la Corte d’appello avrebbe dovuto prendere in esame i proposti motivi di appello.

Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di C.M., con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte dia appello di Bari.

Appaiono, invece, completamente destituiti di fondamento i motivi di ricorso dedotti dagli altri imputati.

F.A. contesta, con i motivi di ricorso, la sussistenza del delitto associativo, ma dal verbale di udienza sopra menzionato risulta che l’imputato aveva rinunciato ai motivi di appello proposti, tranne quelli relativi alla determinazione della pena e alla sussistenza della qualità di organizzatore dell’associazione.

Quest’ultimo motivo è stato accolto dal giudice dell’appello, e non può ora il ricorrente riproporre davanti a questa Corte un motivo rinunciato, sul quale peraltro la Corte territoriale non ha speso una sola parola di motivazione, in presenza della rinuncia da parte di tutti gli imputati dei motivi riguardanti la sussistenza del delitto associativo.

Nell’impugnazione dinanzi a questa Corte non si contesta in alcun modo la determinazione della pena, quindi il ricorso presentato in favore del predetto imputato deve essere dichiarato inammissibile.

D.B.G. assume nel ricorso che la motivazione della sentenza della Corte di appello non consentirebbe un controllo sulla determinazione della pena, ma la doglianza è infondata, non solo perchè nella sentenza impugnata sono indicati i criteri in base ai quali è stata determinata la pena per ciascun imputato, ma anche perchè per il più grave reato, posto come pena base ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74), la pena è stata determinata nel minimo edittale;

si è operata la massima riduzione possibile per le attenuanti generiche e l’aumento per la continuazione (in relazione a un considerevole numero di reati: capi S, A1, B1, E1, F1, H1, O1, P1, R1) è stato contenuto in un anno e mesi sette di reclusione.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

S.S., al quale la pena è stata determinata nel minimo di legge per il più grave reato associativo, si lamenta soltanto dell’aumento operato per la continuazione (un anno e un mese), confrontando detto aumento di pena con quello stabilito nei confronti dei coimputati M. e P..

Il motivo di ricorso è palesemente inammissibile, poichè il paragone con il trattamento sanzionatorio riservato ad altri imputati è del tutto improprio e improponibile, anche perchè il delitto di cui alla sentenza del Tribunale di Bari del 7.3.2006, riunito al delitto associativo con il vincolo della continuazione, riguarda fatti di notevole gravità, quali la detenzione a fine di spaccio di oltre mezzo chilo di eroina e di altri quantitativi di sostanze stupefacenti nonchè il delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter.

D.M.G. e P.M. chiedono l’annullamento della sentenza per mancata motivazione sul diniego delle attenuanti generiche, quando è di tutta evidenza che dette attenuanti erano state loro concesse, come a tutti gli altri imputati.

Oltre ai ricorsi dei predetti imputati, deve essere dichiarato inammissibile anche il ricorso di M.G., avendo la stessa dedotto un motivo del tutto generico riguardante la misura della pena, senza tener conto del buon comportamento processuale.

Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue di diritto la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), la condanna di ciascuno al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di C.M. e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.

Dichiara inammissibili i ricorsi di F., D.B., S., D.M., P. e M. che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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