T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 26-05-2011, n. 4753 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

volgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Campagnano di Roma in data 4 maggio 2006 e depositato il 15 maggio successivo, il ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe, con il quale l’Ente gli ha ingiunto la demolizione di un manufatto situato in quel Comune in Via Cassia Antica, in area sottoposta a vincolo paesistico.

Avverso tale provvedimento l’interessato oppone:

1. Incompetenza dell’Amministrazione comunale all’emissione del provvedimento di ripristino rispetto al soggetto preposto alla tutela del vincolo.

2. Eccesso di potere per illogicità e sviamento.

3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, eccesso di potere sotto forma di difetto di motivazione.

Conclude per l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio, ha contestato ogni doglianza ed ha rassegnato conclusioni opposte a quelle del ricorrente.

Alla Camera di Consiglio del 29 maggio 2006 è stata accolta l’istanza cautelare sotto il profilo della adombrata acquisizione al patrimonio.

Con memoria per l’udienza pubblica il ricorrente ha rappresentato altri successivi avvenimenti ed ha insistito nelle già prese conclusioni. In particolare ha anche richiesto la riunione per trattazione congiunta del ricorso in esame con l’altro successivamente presentato al numero reg. 11154/2006.

Il ricorso è stato infine trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 3 marzo 2011.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso l’interessato impugna l’ordinanza di demolizione di un manufatto sito nell’agro di Campagnano di Roma ed esattamente consistente in "Fabbricato in corso di esecuzione realizzato in muratura portante di blocchetti di tufo su fondazione costituita da cordolo e solaio in c.a. delle dimensioni di mt.(10,10 x 5,60) più (5,20×9,50) oltre porticato di mt. 1,75 x 10,10 con pilastri in c.a. Parte della costruzione quella di mt.(10,10 x 5,60) e il portico è coperta a tetto con solaio in travetti prefabbricati pignatte e soletta in c.a. con altezza all’imposta minima di mt. 2,65 e massima di mt. 3,90 mentre la restante parte non è ancora coperta e risultano appoggiati solo i travetti prefabbricati ad una imposta minima di circa mt. 2,85.", in zona sottoposta a vincolo paesistico ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, imposto con D.M. 14 gennaio 1997.

2. Avverso tale ingiunzione l’interessato in sostanza lamenta che la tutela del vincolo non spetta al Comune, ma alla Soprintendenza alla quale il primo si è inopinatamente sostituito.

Sostiene pure che l’intervento di demolizione imposto dall’Amministrazione comunale potrebbe risolversi in un quid di negativo e contrario agli scopi di cui alla legge sulla tutela dei beni ambientali e paesaggistici ed ha condotto dunque l’Ente ad una azione del tutto sviata e contraria alla ratio normativa.

Infine deduce che la norma di cui all’art. 27 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 non prevede affatto l’acquisizione al patrimonio del bene, ma la sola demolizione e ripristino, laddove è il successivo art. 31 che dispone la eventuale acquisizione quando sia mancata la demolizione nei termini di legge. Non è dato comprendere neppure l’area che andrebbe, eventualmente acquisita, sicché anche sotto questo profilo il provvedimento si presenta carente nella motivazione.

3. Le tesi non possono essere condivise, alla stregua delle argomentazioni offerte dalla stessa Amministrazione comunale.

A fronte della dedotta incompetenza dell’Ente alla adozione di un provvedimento demolitorio sostanzialmente motivato per l’assenza del necessario titolo abilitativo paesistico, va rilevato che la vigilanza sull’attività edilizia spetta ai Comuni ed, in particolare, alla dirigenza comunale, nella fattispecie, ai sensi dell’art. 27, comma 2 secondo capoverso, del d.P.R. n. 380 del 2001 "Qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, o appartenenti ai beni disciplinati dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, nonché delle aree di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il dirigente provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa.". Nel caso in esame in data 18 novembre 2005, a seguito di un esposto, il Comandante della Polizia Municipale, congiuntamente al responsabile dell’Ufficio Tecnico, effettuava un sopralluogo nella proprietà del ricorrente, accertando la presenza del manufatto di che trattasi, provvedendo in quella sede anche al relativo sequestro e dandone comunicazione ai competenti uffici della Regione, di tal che una volta venuti a conoscenza dell’abuso, in base alla norma di cui sopra, non residuava in capo al Comune altro potere che ordinarne la demolizione, in attuazione proprio della vigilanza che compete alla dirigenza locale in materia urbanistico – edilizia.

Nessuna incompetenza, dunque, appare predicabile dell’Ente che è attributario in prima battuta di tale materia per espressa previsione normativa.

Anche il secondo motivo non può essere condiviso. Con esso parte ricorrente deriva come conseguenza dal primo che l’arrogata autonomia dell’intervento del Comune a tutela del vincolo, in assenza della prova che la Regione sia stata effettivamente informata della realizzazione in parola, potrebbe tradursi, qualora la demolizione venga portata a termine, in una inopinata deminutio del bene tutelato, proprio perché eseguibile con particolari tecniche invasive.

La prospettazione non può essere seguita. La deminutio del bene è già avvenuta con la realizzazione del manufatto in cemento in area sottoposta a vincolo paesaggistico come da decreto ministeriale del 14 gennaio 1997 e non al contrario per la sua demolizione. Secondo la tesi di parte ricorrente è come se la costruzione si legittimasse da sola, per l’unica circostanza che una volta realizzata la sua demolizione comporterebbe una lesione del paesaggio, mentre deve ritenersi esattamente il contrario e ciò senza considerare che oltre ad essere sprovvista del nulla osta paesistico, la costruzione è anche sprovvista di idoneo titolo abilitativo.

Ma anche il terzo motivo non appare meritevole di condivisione.

Va infatti osservato che, contrariamente a quanto opposto in ricorso, quando il dirigente comunale rileva la assenza di titolo abilitativo nella realizzazione di un manufatto ingiunge al proprietario o all’esecutore dell’abuso la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto al patrimonio comunale. Ora è vero che la formula usata dall’Ente nel provvedimento in esame è alquanto generica "in difetto si procederà coattivamente nei termini di legge predisponendo quanto necessario attraverso l’intervento di demolizione previa acquisizione", ma è anche vero che la descrizione del manufatto, come sopra riportata, consente di individuare esattamente l’area coperta dalla costruzione ed eventualmente da acquisire, unitamente all’area di sedime.

Deve pure essere osservato che in ogni caso l’ingiunzione a demolire è solo l’atto prodromico con il quale l’Ente ordina la rimozione della costruzione abusiva all’interessato, dovendo poi essere seguita, qualora questi non provveda, dal verbale di accertamento della inottemperanza e quindi dalla acquisizione al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 31, commi 3 e 4 del d.P.R. n. 380 del 2001.

La dimostrazione che la paventata demolizione previa acquisizione al patrimonio comunale non è assolutamente ancora avvenuta è offerta proprio da parte ricorrente, la quale con memoria per l’udienza depositata in data 18 febbraio 2011 ha rappresentato che dopo l’accoglimento parziale della sospensiva, adottato sul presupposto di una "adombrata acquisizione al patrimonio comunale dell’area", l’Amministrazione comunale aveva adottato una nuova ordinanza di demolizione n. 151 del 28 settembre 2006 impugnata con ricorso n. 11154/2006 nell’ambito del quale l’istanza cautelare richiesta veniva rigettata dal TAR con ordinanza n. 140/2007 nella C.C. 9 gennaio 2007.

4. Per le superiori considerazioni il provvedimento impugnato va ritenuto scevro dalle dedotte censure ed il ricorso va pertanto respinto.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente L.D.F. al pagamento di Euro 2.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore del Comune di Campagnano di Roma.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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