T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 26-05-2011, n. 4745 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato alla resistente Amministrazione comunale di Roma in data 21 marzo 2006 e depositato il successivo 14 aprile, i ricorrenti espongono di avere acquistato nel 1996 un appartamento situato al piano terra con annesso giardino e che avendo necessità di incrementare la superficie decisero di aggiungere un avancorpo all’appartamento stesso, ultimandolo in data 25 marzo 2002, entro i termini del nuovo condono edilizio. Espongono, altresì, che avvalendosi dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 presentavano, dunque, domanda di condono del rustico realizzato, acquisita al protocollo comunale al n. 174570/2004, senonché sulla base di una denunzia anonima ricevevano un sopralluogo della Polizia Municipale che in data 6 maggio 2005 verbalizzava che il manufatto era allo stato grezzo e provvisto di copertura. Ne scaturiva anche un’indagine penale ancora in corso, nonché, in via amministrativa, la determinazione gravata ed avverso la quale essi oppongono:

– eccesso di potere per ingiustizia manifesta e per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto;

– Eccesso di potere per incongruità della motivazione e difetto e/o insufficienza di istruttoria;

– Violazione ed errata applicazione di legge – discriminazione.

Concludono chiedendo l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio contestando ogni censura e rassegnando conclusioni opposte a quelle dei ricorrenti.

Alla Camera di Consiglio del 29 maggio 2006 è stata accolta a termine l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato.

Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione, previa presentazione di ulteriore memoria da parte dell’Amministrazione comunale.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso i ricorrenti gravano la determinazione in epigrafe indicata con la quale il Municipio VII del Comune di Roma ha ingiunto loro la demolizione di "un avancorpo di mq. 15,00 circa costituito da struttura perimetrale continua in blocchi di cemento addossata per un lato al prospetto condominiale e poggiante su preesistente piano di calpestio in cls.". Il manufatto risulta "coperto a falda unica costituita da struttura portante in ferro e pannelli metallici monolitici autoportanti", "presenta una finestra ed un vano porta/finestra" comunicante con la cucina dell’unità abitativa; "è provvisto di pavimentazione e la struttura perimetrale si presenta allo stato grezzo, internamente è priva di impianti di servizio…. All’atto del sopralluogo i lavori risultavano sospesi ma non ultimati.", il tutto sprovvisto di titolo abilitativo.

2. Avverso tale determinazione gli interessati sostanzialmente lamentano che non si comprende come mai il Comune intenda procedere alla demolizione quando dal sopralluogo di cui al verbale in data 6 maggio 2005 i lavori risultavano ultimati seppure allo stato di grezzo.

I ricorrenti oppongono che il Comune ha proceduto all’ingiunzione a demolire senza tenere in nessun conto la domanda di condono, presentata ai sensi della legge 24 novembre 2003, n. 326 ed allo stato non ancora definita dai competenti uffici comunali e che devono ritenersi applicabili le disposizioni di cui al Capo IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 che prevedono la sospensione dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali, in quanto espressamente richiamate dall’art. 32 della legge n. 326 del 2003.

3. Le censure, riconducibili ad una unica doglianza, non appaiono condivisibili.

La circostanza che la norma di cui all’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326, cd. "Nuovo condono edilizio" richiami le disposizioni di cui al Capo IV e V della legge n. 47 del 1985 non comporta che, in presenza di una domanda di condono come è quella presentata dai ricorrenti ai sensi della citata disposizione, la sospensione del potere sanzionatorio dell’Ente avvenga automaticamente e nel pregiudizio della valutazione da parte dello stesso della astratta condonabilità dell’opera anche in relazione alla sua ultimazione entro la data del 31 marzo 2003 oppure che non rientri in una tipologia non sanabile ai sensi del comma 27 del citato articolo 32 (Cfr. TAR Campania, Napoli, sezione III, 13 luglio 2010, n. 16683).

Occorre inoltre rammentare che anche in presenza della domanda di condono il Comune non perde il potere di vigilanza sul territorio, che è espressamente richiamato dal Testo Unico degli Enti Locali (art. 107 del d.lgs. n. 267 del 2000) e che non è abdicabile o rinunciabile da parte dell’Ente stesso.

Nel caso in esame non appare eludibile la circostanza che posto che gli interessati hanno presentato la domanda di condono nel dicembre 2004, in essa doveva essere dichiarata la ultimazione dell’opera entro il 31 marzo 2003, ai sensi dell’art. 32, comma 25 del d.l. n. 269 del 2003 per poter usufruire della applicazione del Capo IV e V della legge n. 47 del 1985 da detto comma richiamato, mentre alla data del sopralluogo effettuato dalla Polizia Municipale in applicazione del potere di vigilanza edilizia, sollecitato da una segnalazione anonima, e cioè il 22 aprile 2005 "i lavori risultavano sospesi ma non ultimati".

In particolare ciò che viene proprio contestato dall’Amministrazione comunale, che ne ha al riguardo informato la Procura della Repubblica in data 6 dicembre 2005, è la data di ultimazione delle opere, che da verbali di sommarie informazioni assunte presso l’amministratore di condominio dei ricorrenti e dai vicini, in date varie del mese di ottobre 2005, vengono riportate ad un anno prima "e comunque sicuramente dopo il 31 marzo 2003" (verbale di sommarie informazioni del 26 ottobre 2005 raccolto dall’U.O del VII Municipio presso l’amministratore di condominio).

E quindi anche a volere condividere la prospettazione dei ricorrenti secondo i quali l’opera, proprio perchè allo stato di grezzo o rustico, poteva essere considerata ultimata ed ancora a voler considerare, anche in base all’apparato fotografico fornito dal Comune, che il manufatto si presentava al rustico essendo fatto di blocchetti di cemento non intonacati ed essendo munito di copertura di pannelli di ferro, elementi che appaiono far coincidere la fattispecie con quella prevista dall’art. 31, secondo comma della legge n. 47 del 1985(cd. "primo condono edilizio") cui rinvia l’art. 32, comma 25, D.L. n. 269 del 2003 e cioè "l’esecuzione del rustico e completata la copertura", tuttavia la stessa fattispecie non è completata dall’ulteriore elemento previsto dalla legge n. 326 del 2003 e cioè dall’essere il manufatto ultimato entro il "31 marzo 2003".

4. Di conseguenza dalla presentazione della domanda di condono da parte dei ricorrenti nessuna illegittima inapplicazione della sospensione del potere sanzionatorio dell’Ente può derivare al provvedimento impugnato, che quindi va trovato scevro della relativa dedotta censura e con reiezione del ricorso in esame.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti G.G. e M.P. al pagamento di Euro 1.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore di Roma Capitale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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